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13/06/2018 06:00:00

Marsala, il centro per le donne vittime di violenza? Non è abbastanza sicuro

 Marsala non ha un centro di accoglienza per le donne che subiscono minacce e maltrattamenti, per le donne vittime di violenza di genere, di abusi. Marsala avrebbe un centro di accoglienza per le emergenze, per dare riparo alle donne in pericolo, ma non è sicuro. Proprio così, il luogo che dovrebbe dare sicurezza alle donne che scappano da maltrattamenti, da mariti violenti, non è sicuro. Quindi è chiuso. E’ l’assurda situazione in cui si trova Casa Viola, un centro gestito dalla cooperativa Pega, che fa parte del consorzio Solidalia.

Nel 2016 il Comune gli affida un immobile confiscato alla mafia. Nella convenzione si dice che la cooperativa avrebbe dovuto svolgere le attività di centro antiviolenza e di centro d’accoglienza. Ma proprio il secondo servizio non si può svolgere, e questo per la mancanza di requisiti di sicurezza. Non c’è ad esempio la porta blindata, non ha una superficie adatta, come stabilisce la legge regionale in materia, e poi, soprattutto, l’indirizzo è noto. E non è una cosa di poco conto, anzi è fondamentale, come spiega Maria De Vita, presidente della Pega: “Questi luoghi danno accoglienza in situazioni di emergenza per le donne, e devono essere luoghi sicuri e soprattutto segreti”. L’appartamento però è noto. Noto perchè proprio nella delibera della convenzione i dirigenti del Comune hanno combinato un pasticcio: hanno scritto l’indirizzo esatto dell’immobile.

Non è la prima volta che questo bene confiscato viene affidato per dare supporto e assistenza alle donne vittime di violenza.
Durante l’amministrazione Adamo l’immobile era stato affidato al Centro Antiviolenza la Casa di Venere, che da anni opera, tra mille difficoltà, a Marsala nel sostegno alle donne. La Casa di Venere ha chiesto più volte, per anni, un luogo dove ricevere le donne e dare loro assistenza. Dopo tante battaglie finalmente il Comune, sotto l’amministrazione Adamo gli affida l’appartamento confiscato. La Casa di Venere tiene quell’immobile per un anno, poi viene pubblicato un avviso da parte del Comune. Siamo nell’aprile del 2015 quando viene affidato alla coop Pega l’immobile in questione nell’ambito del progetto Casa Viola. L’immobile prima di essere affidato, grazie a fondi strutturali, viene ristrutturato e arredato. Non basta, perchè alla consegna, nel 2016, c’erano alcuni elementi che non permettevano una situazione di sicurezza per le donne.

Allora? Allora il centro non può funzionare per l’accoglienza in casi di emergenza. “Al momento Casa Viola funziona solo come centro antiviolenza, diamo sostegno anche legale alle donne vittime di violenza. La parte progettuale è stata gestita dal Comune e non si è avuta l’accortezza di leggere bene alcuni aspetti normativi”, spiega De Vita. Tra l’altro la beffa è stata che lo stesso mese in cui veniva affidato il bene è stata aggiornata la normativa che regolamenta le strutture per questo genere di servizio. Nuove regole che vanificavano quanto fatto.

Non c’è quindi a Marsala una struttura d’emergenza, che funzionerebbe da centro d’accoglienza per le donne vittime di violenza. Questi casi vengono gestiti in maniera differente. In alcuni casi c’è l’intervento delle forze dell’ordine, con una misura di prevenzione nei confronti della persona che commette il reato, e che quindi viene allontanata dalla vittima. Quando non c’è una misura di limitazione nei confronti dell’aggressore la donna che si rivolge al centro antiviolenza viene portata in una casa rifugio, diversa da Casa Viola, che abbia un indirizzo segreto, in altre città.


Fatto sta che la Casa Viola, su cui sono stati spesi fondi pubblici, che sorge su un bene confiscato alla mafia, è operativa a metà.
“E’ aperta quando è necessario - dice l’assessore ai servizi sociali Clara Ruggieri - si sta cercando di renderla adeguata, mettendo le porte blindate”. Ma così è buona a metà. Nessuno, però, si era accorto di niente, forse. Nessuno ha sollevato il problema quando in una gremitissima sala conferenze di San Pietro è stato ufficialmente affidato il bene alla cooperativa Pega.. Adesso? La convenzione dura 5 anni, e se non si risolvono i problemi di sicurezza quello che doveva essere un punto di appoggio per le donne vittime di violenza resta solo buono a metà.



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