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01/06/2018 08:20:00

Nasce il governo M5s-Lega. Conte premier. Nove ministri per il M5s, sette per la Lega

Il nuovo governo M5s-Lega giurerà oggi alle 16. A 88 giorni dal voto del 4 marzo ieri è stata infatti raggiunta l’intesa tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini al termine di una lunghissima giornata e di un vertice tra i due leader di quasi quattro ore sulla spartizione dei ministeri.

E poco prima delle 22 Giuseppe Conte al Quirinale ha accettato l’incarico e ha presentato la lista dei ministri: «Lavoreremo con determinazione per migliorare le condizioni di vita di tutti gli italiani», ha detto il nuovo premier.

Nel pomeriggio Carlo Cottarelli era entrato al Quirinale e, dopo un breve colloquio informale con Mattarella, ha rimesso l’incarico. «È stato un onore, per me, lavorare al servizio del Paese. Non è più necessario un esecutivo tecnico. La soluzione di un governo politico è di gran lunga la migliore», ha detto Cottarelli, prendendosi poi gli applausi dei giornalisti. Il commento di Sallusti: 


«Perché Matteo Salvini si sia cacciato in una simile avventura per me resta un mistero, forse spiegabile più che con l'ambizione con la fretta di rompere il cordone ombelicale che lo legava a Forza Italia e a Silvio Berlusconi, e di farlo prima che il vento, sempre imprevedibile, potesse fare brutti scherzi. Sul campo la Lega non ha portato a casa neppure una delle due presidenze tra Camera e Senato, non il premier, non ministeri di peso (Interno a parte) e ieri ha ceduto anche sul suo uomo forte, quel «Paolo Savona o morte» alla fine parcheggiato più per orgoglio che per utilità in uno dei ministeri - almeno fino ad ora - più marginali della storia, dato che gli «Affari europei» (così si chiama il dicastero) sono già nelle agende principali del Primo ministro e di quelli di Economia ed Esteri» .
 

Nove ministri in quota M5s, sette della Lega. Tre i tecnici: Giovanni Tria all’Economia, Paolo Savona alle Politiche Comunitarie ed Enzo Moavero Milanesi alla Farnesina. Cinque le donne. I ministri sono in tutto 18. Queste le altre posizioni: Di Maio e Salvini vicepremier; a Di Maio va poi il ministero del Lavoro accorpato allo Sviluppo economico; a Salvini il ministero dell’Interno; alla Difesa Elisabetta Trenta, in quota M5s (scrive Travaglio: «Esperta di intelligence, sicurezza e cooperazione, dovrà chiarire un’ombra di conflitto d’interessi familiare: il marito colonnello al vertice di Segredifesa, che si occupa dei contratti delle Forze Armate»). Il leghista Giorgetti (braccio destro di Salvini) sarà sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Poi, Riccardo Fraccaro (M5s) responsabile dei Rapporti con il Parlamento (e democrazia diretta), mentre Giulia Bongiorno (Lega) sarà la ministra della Pubblica amministrazione. Agli Affari regionali Erika Stefani (Lega), al nuovo dicastero per il Sud Barbara Lezzi (M5s. La Cuzzocrea su Repubblica ha ricordato la sua uscita: il caldo del Mezzogiorno traina il Pil di Gentiloni). A capo del ministero per i disabili il leghista Lorenzo Fontana, mentre alla Giustizia va Alfonso Bonafede (M5s) e all’Ambiente il generale dei carabinieri Sergio Costa voluto da Di Maio per il suo impegno nella Terra dei Fuochi. In quota grillina anche i ministeri dei Beni culturali affidato ad Alberto Bonisoli (Travaglio: «esperto di moda e design»), delle Infrastrutture con Danino Toninelli, e della Salute con Giulia Grillo. Alla Lega le Politiche agricole con Gian Marco Centinaio e l’Istruzione, con Marco Bussetti (Travaglio: «docente di Educazione fisica e burocrate del Miur»). Per il veto posto da Di Maio resta senza ministeri Fratelli d’Italia (che sulla fiducia si asterrà). Travaglio: «Non c’è neppure un ministro inquisito o condannato, ed è la prima volta dal 1994. Nessun ministro puzza di berlusconismo, ed è la prima volta dal 1983».

Stefano Folli su Repubblica: 

«Il presidente del Consiglio resta l’incognita più grande: forse si rivelerà una sorpresa positiva, tuttavia al momento sembra solo un’ombra cinese priva di qualsiasi peso politico. E infatti lo affiancano e lo stringono i due capi del bicolore: Di Maio e Salvini, entrambi vicepremier.
Soluzione equanime, non avendo avuto uno la forza di prevalere sull’altro; ma emblematica del ruolo assegnato al professor Conte. Che è quello di esecutore degli ordini di servizio che arrivano da Cinque Stelle e Lega: come peraltro è accaduto nel pomeriggio di ieri, quando la lista dei ministri è stata stilata nel vertice Salvini-Di Maio, con varie accortezze da Prima Repubblica, e poi Conte se l’è messa in tasca prima di recarsi dal capo dello Stato. Probabilmente non c’era da aspettarsi nulla di diverso; ma se il problema è il rinnovamento dei costumi politici, il cammino è ancora lungo».
 
Chi è Tria, il nuovo ministro dell’Economia
Giovanni Tria, 69 anni, romano, una laurea in Giurisprudenza, «maoista nel ’68, oggi vicino a Forza Italia» (Stefano Lepri sulla Stampa): il suo nome per il ministero dell’Economia è stato suggerito dallo stesso Paolo Savona. È stato preside di Economia all’università di Tor Vergata e fino al 2017 presidente della Scuola nazionale d’amministrazione. Critico nei confronti dell’Europa e dell’euro, in un articolo pubblicato su Formiche.net lo scorso 14 maggio ha dato ragione alle posizioni di Paolo Savona, scrivendo: «Il governo italiano dovrebbe reagire (a chi sostiene l’ineluttabilità dell’uscita dell’Italia dall’euro), sostenendo che è la Germania che dovrebbe uscire dall’euro perché il suo surplus della bilancia commerciale non è compatibile con il regime di cambi fissi che vige nell’eurozona, o perlomeno accettare un passaggio ad un regime di cambi fissi aggiustabili». In un intervento pubblicato sul Sole 24 Ore del 9 marzo 2017, firmato con Renato Brunetta, scriveva invece: «Non ha ragione chi invoca l’uscita dall’euro, senza se e senza ma, come panacea di tutti i mali. Ma non ha ragione neanche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando dice che “l’euro è irreversibile” se non chiarisce quali sono le condizioni e i tempi per le necessarie riforme per la sua sopravvivenza. Anche perché il maggior pericolo è l’implosione non l’exit». È un prudente sostenitore della flat tax, da introdurre con gradualità. Altro elemento interessante: come ha scritto su Formiche, preferisce far aumentare l’Iva che andare a prendere dalle tasche degli italiani 12,5 miliardi. «Come ho sostenuto da oltre un decennio e non da solo, ritengo che in Italia si debba riequilibrare il peso relativo delle imposte dirette e di quelle indirette spostando gettito dalle prime alle seconde». È una linea su cui concordano sia la Ue che l’Ocse. 

Scrive il Corriere:
«Da Cagliari, la sua città, Savona ha parlato più volte con il leader della Lega, con Luigi Di Maio e Giuseppe Conte ed è stato lui, il già direttore generale di Confindustria, a sondare diversi candidati. Finché la scelta di un “europeista non acritico” è caduta su Giovanni Tria: non a caso, un economista che condivide le più controverse tesi di Savona. “Faremo gioco di squadra”, è il patto che hanno stretto i due professori. E nelle riunioni a Bruxelles, spiegano nella Lega, Savona e il ministro degli Esteri designato Enzo Moavero Milanesi “andranno insieme”» .



Native | 2024-07-16 09:00:00
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