C’è un gioiello in provincia di Trapani che quotidianamente perde il suo splendore. Si trova in territorio di Alcamo ed è il Castello di Calatubo che tutti noi passando per l’autostrada A29 ammiriamo con la consapevolezza di vederlo sgretolarsi giorno dopo giorno.
Questo monumento che ha le dimensioni di circa 150×35m e sorge su una roccia di natura calcarea, si trova ad un'altezza di circa 152m sopra il livello del mare e dalla sua posizione sono visibili il Monte Bonifato e il Golfo di Castellammare. Ha una storia millennaria, viene apprezzato da tutti gli italiani e perfino all’estero e nel 2015, nell’ambito delle giornate Fai di Primavera, è stato il più votato nel concorso Luoghi del Cuore Fai in Sicilia, e il terzo in Italia e grazie a questo risultato il Fai e Intesa San Paolo hanno decretato l’investimento di 150 mila euro per riqualificarlo. Ci sarebbero tutti i presupposti e quell’interesse generale, dunque, per vedere all’opera mastri muratori e restauratori per farlo rifiorire ma la realtà è ben diversa e quelle mura rese così fragili dal tascorrere del tempo e dalle intemperie e ancora più vulnerabili dall’incendio del 2013, come già accaduto di recente, rischiano di collassare definitivamente se non si interverrà al più presto.
La storia del Castello, da fortezza militare a baglio agricolo. L’area in cui si trova presenta antichissimi resti di un insediamento elimo e di una necropoli. Le origini del castello risalgono però all’anno mille, prima del 1093, anno in cui il conte Ruggero definì i confini della diocesi di Mazara del Vallo, includendovi "Calatubo". Nel Medioevo, a causa della sua posizione, posto in cima ad una collina, il Castello di Calatubo ebbe un ruolo strategico dal punto di vista miltare: infatti faceva parte di una linea di torri e forti situati lungo la costa che va da Palermo a Trapani; tale linea difensiva veniva utilizzata per trasmettere segnali luminosi in caso di attacco dei nemici saraceni. In particolare, il castello garantiva il flusso di informazioni che avvenivano tra gli avamposti di Carini, Partinico e Castellammare del Golfo.
Passaggi delle famiglie nobiliari - Il Castello di Calatubo passò nel corso del tempo a numerose importanti famiglie siciliane che lo trasformano in una vera e propria residenza: (Ponc de Blancfort (1278), Federico d’Antioca (1335), Raimondo Peralta (1336), Manfredi Aurea (1361), Artale De Luna (1403), Duca di Bivona (1554), Baroni De Ballis (1583) fino ad arrivare ai Papè Principi di Valdina (1707). Il villaggio di Calatubo fu abbandonato in seguito alla conquista da parte di Federico II e il castello perse la sua funzione di fortezza militare, trasformandosi in un baglio. Durante quel periodo, al castello si aggiunsero magazzini, stalle e altre strutture utilizzate per l'amministrazione agricola del feudo di Calatubo.
Alla fine del XIX secolo in corrispondenza del secondo cortile furono poi allestiti magazzini per la produzione del vino "Calatubo". Il castello fino al 1968, anno del terremoto del Belice, era in buone condizioni. Oltre ai danni causati dal sisma, la struttura iniziò a deteriorarsi perchè utilizzata come ovile e a causa degli scavi di frodo, che avevano come obiettivo i reperti della necropoli del VII secolo a.C. vicina al castello.
Acquisto del Comune e luogo del Cuore FAI - La storia recente segna un passaggio fondamentale nel 2007 con l’acquisto da parte del Comune di Alcamo dalla famiglia Papè di Valdina. In questi ultimi anni le diverse segnalazioni del FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano tra i “Luoghi del cuore” del patrimonio artistico e paesaggistico che necessitano di essere protetti e valorizzati, fino all’ottimo piazzamento, come detto, del 2015 che è l’anno in cui nasce, grazie all’impegno di alcuni volontari, l’associazione "Salviamo il Castello di Calatubo", che ha permesso di spalancare le porte del castello ai visitatori dal 20 al 22 marzo 2015 e successivamente, l’11 e il 12 giugno del 2016, sempre grazie all'intervento dei volontari dell'associazione è stato aperto al pubblico durante un evento culturale.
Slocca Italia - Sempre nel 2016 il governo nazionale attraverso il decreto “Sblocca Italia” mise in vendita alcuni dei beni pubblici della provincia di Trapani tra i quali il Faro di Punta Libeccio a Marettimo, il Faro di Punta Spadillo a Pantelleria, la Collegiata dei Santi Pietro e Paolo a Castelvetrano, ma anche Calatubo, di proprietà del Comune di Alcamo, anche se di quel tentativo di vendere ai privati non se n’è saputo più nulla.
Accordo Comune - Assocazione - L’ultimo e più recente atto che riguarda il castello è la sottoscrizione nel marzo del 2017 di un accordo tra Comune e l'associazione "Salviamo il Castello di Calatubo" al fine di salvaguardare e tutelare il castello, la rocca dove sorge, le sue grotte, la zona archeologica circostante e la vicina Cuba delle rose.
Stato attuale - Ad oggi la situazione è sempre più precaria. Si sono verificati diversi crolli, il cedimento delle colonne dei magazzini dove un tempo si produceva il vino pluripremiato in tutta Europa. Anche la torretta settecentesca è a rischio crollo, come lo sono la cupola, «Il mastio» incorporato nel palazzo fortificato. Quest'ultima parte è quella più pericolante: mancano diverse pietre alla base e tra l'altro questa struttura ha già subito crolli dal momento che un tempo era alta 15 metri. Il Comune, ancora non ufficialmente, pare voglia intervenire con dei puntali di sostegno nelle zone più critiche, ma sarebbe poca cosa visto che serve un intervento totale di consolidamento se si vuole evitare che il castello diventi un ammasso di pietre.
Intanto l’associazione “Salviamo il castello di Calatubo” non sta a guardare. Ha pulito l’area dall’erbacce che avevano coperto i sentieri e piantato diverse essenze arboree per rendere più bella e accogliente l’area. Ha piantato anche due alberi di mandorlo, alcune quercie e una palma da dattero.
«Mentre il Castello si sgretola per la totale incuria delle istituzioni, - afferma il presidente dell'associazione Stefano Catalano - noi rispondiamo piantando un segno di speranza affinché si possano scuotere le coscienze. Abbiamo ultimato gli interventi per la bonifica dalla fitta vegetazione - aggiunge Catalano - per mettere in sicurezza il percorso. Ci aspettavamo l'intervento degli operai comunali, vista la mole di lavoro ancora da espletare, ma così non è stato».
Anche Sicilia Futura si unisce alle proteste e al grido d’allarme per il Castello di Calatubo lanciato dai volontari che lo vedono vittima dell’incuria dell’attuale amministrazione. Questa una sintesi della nota pubblica:
L’antico castello di Calatubo sta per essere distrutto dall’ignoranza, dall’incuria e dall’abbandono.
Calatubo è il sito più antico del territorio alcamese, insediato dalla preistoria alla protostoria, fino al medioevo, certamente vide l’alternarsi dei sicani, greci, romani, arabi, normanni.
Le successive costruzioni del cosiddetto donjon e delle torri di fiancheggiamento manifestano poi la compresenza di soluzioni proprie delle culture bizantina, islamica e nordeuropea in una sintesi ideale che testimonia il linguaggio architettonico normanno siciliano.
In parole povere qualcosa di unico, un diamante dal valore inestimabile, uno dei più importanti simboli della storia siciliana, distrutto dalle varie amministrazioni del passato, dall’orribile cicatrice del ponte autostradale, dai tombaroli, dai trattori degli agricoltori, che temendo la confisca dei terreni ne oltraggiarono la necropoli, da un pastore che lo utilizzò per decenni come rifugio per il proprio gregge.
L’attuale amministrazione pentastellata ha deciso di calare il sipario, di spegnere le luci, di confinare al silenzio e all’oblio questo ammasso di pietre, sarebbero bastate poche centinaia di euro, e qualche puntale per evitare il crollo del tetto del corridoio interno al piano nobile, avvenuto solo pochi giorni addietro.
Appare evidente come denunciato dall’associazione “Salviamo il castello di Calatubo” che l’amministrazione Surdi sia inadempiente per il mancato rispetto dell’articolo 30 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, del 2004. Norma che prevede che “Lo Stato, le Regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e la conservazione dei beni culturali di loro appartenenza”.
In conclusione a questo amaro “j'accuse” la sensazione è che la sentenza per Calatubo sia già scritta, ciò corroborato dal fatto che non vi è alcuna notizia delle somme destinate per piccoli interventi, né tantomeno per fantomatiche opere grandiose; nessuna speranza, inoltre, dal programma Bellezza@governo.it, con dote finanziaria di 150 milioni di euro, destinati a tutto il territorio nazionale, dove fra gli interventi ammessi non comparirebbero né il castello di Calatubo e nemmeno il comune di Alcamo. Che tristezza!