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28/04/2018 07:19:00

Caso Anfe – Processo “Paolo Genco + 4”, investigatore in aula: “False fatture per contributi”

Sono iniziate, davanti al giudice monocratico di Trapani Fabio Oreste Marroccoli, le deposizioni degli investigatori nel processo per lo “scandalo Anfe”. Il primo a salire sul pretorio è stato il luogotenente della Guardia di finanza Giuseppe Cappello, che ha parlato di false fatture e falsi movimenti commerciali messi in atto per poter incassare una mole di contributi pubblici decisamente superiore a quella che in realtà spettava all’ente di formazione.

Inoltre, la “General Informatica Centro”, la ditta che forniva il materiale informatico e di cancelleria (in quantità nettamente inferiore a quanto risultava sulla carta) aveva, a sua volta, come “fornitori” aziende che operavano in altri settori.E che, quindi, non potevano certo vendere quella roba.

Il processo vede imputati, per truffa aggravata, il salemitano Paolo Genco, di 63 anni, presidente dell’Anfe (ha ritirato le dimissioni presentate quando scoppiò il caso), Aloisia Miceli, di 56, di Monreale, direttore amministrativo dell’ente di formazione travolto dall’inchiesta delle Fiamme Gialle sull’utilizzo, secondo l’accusa “illecito”, dei fondi destinati alla formazione professionale, Rosario Di Francesco, mazarese, di 54, direttore della Logistica e delle Attrezzature, Paola Tiziana Monachella, di 48, responsabile dell'Anfe di Castelvetrano, e l’imprenditore Baldassare Di Giovanni, 59 anni, palermitano, titolare della “General Informatica Centro”. Rispondendo alle domande del pm Franco Belvisi, il luogotenente Cappello ha spiegato quanto emerso dalla complessa indagine, che ha preso in esame il periodo tra il 2011 e il 2013. A fornire le false fatture dalle quali risultavano acquisti, da parte dell’Anfe Sicilia (Formazione e Lavoro), di ingenti quantitativi di materiale informatico (computer e accessori) era la “General Informatica Centro”. La contestata truffa si scoprì quando la Guardia di finanza rinvenne nei magazzini un numero di computer decisamente inferiore a quelli che sulla carta risultavano essere stati comprati dall’ente di formazione. Analizzando le fatture, inoltre, gli investigatori fecero un percorso a ritroso, scoprendo che quelle aziende che sulla carta erano fornitrici della ditta di Baldassare Di Giovanni, in realtà, operavano in tutt’altri settori (edilizia, giocattoli e persino pulizie domestiche). Grazie alle intercettazioni, inoltre, si è scoperto che Di Giovanni aveva cercato di inviare, in fretta e furia, altri computer nei magazzini dell’Anfe, ma le Fiamme Gialle arrivarono prima. Nel processo sono stati ammessi come parti civili circa 90 dipendenti dell’Anfe rimasti senza lavoro quando l’ente di formazione, proprio a causa dell’inchiesta che l’ha travolto, non ha più ottenuto i finanziamenti regionali e per questo è stato costretto a licenziare tutti. A rappresentarli sono gli avvocati Natale Pietrafitta, Cettina Coppola, Donatella Buscaino, Ernesto Leone, Antonino Gucciardo, Giorgia Cerami, Marco Lo Giudice e Giovanni Villareal.