La mafia non uccide donne a bambini! Un macabro ritornello ripetuto fino alla nausea.
Funzionale ad alimentare una presunta onorabilità di cui l'organizzazione criminale ha sempre amato ammantarsi, e' stato il leitmotiv di tante conversazioni sia in pubblico come in privato.
In Tv, ma anche talvolta, ahinoi!, anche tra le sacre navate di luoghi di culto.
Una fake news colossale, come oggi si direbbe con un termine alla moda!
Come dicevano i latini? Repetita iuvant. A creare il mito, il passo fu breve.
Un falso mito, però, ma accreditato purtroppo da una fascia non trascurabile della società cosiddetta civile, e dall'opinione pubblica , simile per certi aspetti ad una altra diceria popolaresca secondo la quale ai tempi del ventennio fascista si dormiva con le porte aperte!
Ci e' voluto un pentito di mafia per sgonfiare il ballon d'essai.
"Molti li abbiamo uccisi per sbaglio", dichiarò candidamente e cinicamente il pentito di mafia Gaspare Spatuzza.
Uno "sbaglio" commesso non una volta o due! Uno errore seriale, infinito.
Sono state 108 le bare bianche, quelle che non dovrebbero esistere, procurate dalla mafia, dalle tre mafie e lungo tutta la penisola.
Persino alcuni neonati, padri e madri hanno dovuto seppellire! Una lunga scia di sangue, da guerra civile
Giovani vite stroncate a freddo con un colpo di pistola, innocenti colpiti da esplosioni e beffardi proiettili vaganti. La cui sola colpa e' stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
"Molti li abbiamo uccisi per sbaglio", ha svelato l'ineffabile Spatuzza.
Una galleria infinita di orrori, di sequestrati dati in pasto ai maiali, di corpi martoriati sciolti nell’acido, di salme bruciate ignominiosamente, di cadaveri abbandonati sul selciato di strade insanguinate, di scomparse improvvise di familiari, di condanne a morte senza appelli.
Ma anche una serie sanguinosa di "errori", come li ha definiti il pentito. E poco conta se gli autentici pentiti di mafia si possono contare sulle dita di una mano, come ebbe a dire una volta un noto giudice di processi di mafia.
Negli anni delle prima e seconda guerra di mafia, spesso accadeva che si uccidesse per stupidaggini, per una donna che non si doveva corteggiare, per uno sgarro senza senso, per una precedenza non data, persino, appunto, per un banale errore.
Una vita umana valeva meno di zero. E il tutto nell'indifferenza quasi generale.
"Molti li abbiamo uccisi per sbaglio", la recitato la sua ripugnante litania il pentito Spatuzza.
Tante vittime incolpevoli uccise due volte: la prima per mano della mafia, la seconda dalla smemoratezza e ignoranza ( nel senso letterale) degli uomini e della societa'..
Oggi, dopo tantissimi anni, in alcuni casi anche più di trenta, da parte dei familiari coadiuvati da un piccolo esercito di volontari ( Comitato Agende Rosse, Libera, Addio Pizzo, ecc) si cerca di risarcire il danno subito per riacquistare una memoria collettiva. E lo fanno molto bene con manifestazioni pubbliche, convegni, pubblicazioni e iniziative culturali.
Una di queste si e' tenuta nei giorni scorsi a Salemi con una giornata all'insegna della legalità e rivolta ai giovani scout della provincia.
Il merito della manifestazione, dal titolo "Le invisibili vittime della Mafia", e' da ascrivere all'impegno del Noviziato "Halyciae" del gruppo scout Salemi 1 guidato dal capo Paolo Russo , i cui componenti sono Gaia Barresi, Ilenia Di Giovanni, Ibrahim Kamsiko, Nicolò Daidone e Filippo Triolo. (Sono lontani i tempi in cui i "giovani esploratori" di Baden Powel limitavano la propria attività alla proverbiale "buona azione quotidiana" o al rituale campo estivo tra i boschi della Sila o delle Madonie!).
Assieme agli altri giovani scout (ragazze e ragazzi), arrivati nella cittadina normanna da tutta la provincia, nel primo pomeriggio si sono cimentati in una "Caccia alla mafia". Un gioco che ha dato loro l'opportunità di scoprire, indizio dopo indizio, la storia di Giuseppe Di Matteo, il bambino tenuto in ostaggio per 779 giorni e successivamente strangolato e sciolto nell'acido. Alcuni di essi avevano visto "Sicilian Ghost Story", il film dei siciliani Grassedonia e Piazza che racconta la tremenda vicenda del piccolo Giuseppe trasfigurata in una fiaba d'amore.
A seguire, tra le austere mura del Castello normanno svevo si e' tenuta la conferenza "Giù le mani dai bambini". A coordinare il lavori la docente Rosanna Melilli, nota referente delle Agende Rosse, e reduce dall'avere assistito nell'aula bunker di Palermo alla sentenza del processo alla Trattativa Stato-Mafia e che non ha caso e' intervenuta su questo argomento.
I protagonisti dell'incontro sono stati Graziella Accetta, madre del piccolo Claudio Domino, ucciso a Palermo all'età di 11 anni e Massimo Sole, fratello di Giammatteo Sole, vittima ventitreenne di mafia, che con le loro sofferte testimonianze hanno intrattenuto l'uditorio in un religioso silenzio e commossa attenzione.
Da annotare che, prima della conferenza, gli ospiti sono stati condotti a visitare il Museo della Mafia, unico in Italia, e che nelle intenzioni di chi lo ebbe a ideare avrebbe dovuto essere segnare la parola "fine" al mafia, come fenomeno ormai estinto e da museo. Cosa clamorosamente smentita dai fatti di cronaca che si sono succeduti successivamente e fino a pochissimi giorni addietro.
Dall'accorato ed emozionante racconto di Graziella Accetta, madre del piccolo Claudio Domino, si apprende che nell'anno del maxiprocesso, Claudio venne freddato in una tiepida giornata di ottobre mentre giocava al pallone accanto alla cartolibreria gestita dalla mamma. "Il killer lo chiamò per nome e dopo averlo avvicinato gli puntò la pistola in fronte sparandogli a bruciapelo"
All’epoca, il padre Antonio Domino era il titolare dell’impresa di pulizie incaricata di pulire l’aula bunker dell’Ucciardone. Due giorni dopo quell’omicidio, Giovanni Bontate dalla sua gabbia dice: "Presidente, noi vogliamo fugare ogni sospetto. Noi rifiutiamo l’ipotesi che un simile atto di barbarie ci possa solo sfiorare. Noi siamo uomini, abbiamo figli. Esterniamo il nostro dolore alla famiglia di Claudio".
Una presa di distanza che costerà caro al principe di Villagrazia, avendo con quella dichiarazione indirettamente ammesso l'esistenza della mafia, cosa fino ad allora sempre negata dai suoi accoliti. Un errore imperdonabile, pagato con la morte.
"Non voglio ricordare solo Claudio ma anche tutti quei bambini che come lui sono stati uccisi senza colpa dalla mafia”- ha tenuto a precisare Graziella Accetta. Assieme al marito, ex dirigente regionale del partito socialista, ha deciso di uscire dal dolore intimo sofferto dentro le mura casalinghe e di intraprendere un nuovo percorso. Dopo avere studiato le storie dei 108 bambini, hanno preso contatto con quante più scuole possibili per portare la loro testimonianza in tutta Italia. "Per gettare quanti più semi possibili", ha concluso.
La vicenda di Giammatteo Sole vittima di mafia solo perché fratello della fidanzata di Marcello Grado, figlio del mafioso Gaetano, che poi si pentì dopo l'arresto nel 1989 e altrettanto paradossale. Incredibile, ma e' andata proprio cosi!
A raccontarla e' il fratello Massimo. " Mio fratello era un geometra che era entrato in una comitiva di ragazzi che trascorreva i pomeriggi a Villa Tasca. Nel gruppo di amici c'ero io e o mia sorella Floriana. Con il passare dei giorni, in quella comitiva sbocciò un amore, quello tra mia sorella di e Marcello Grado. Un amore che, alla fine, ha portato la morte nella nostra casa".
Parole tremende, da tragedia greca, quelle di massimo Sole, pronunciate sotto gli archi secolari del Castello. "La mia famiglia ha deciso di parlare pubblicamente dell'uccisione di mio fratello perché vogliamo che i giovani conoscano la storia di Giammatteo, vittima innocente.
La sera del 22 marzo del 1995 Giammatteo Sole, di ritorno da lavoro, venne fermato da due falsi poliziotti.
Uno dei due era il famigerato Gaspare Spatuzza che, poi, dopo il pentimento, racconterà come venne ucciso il giovane.
"Rideva alle nostre domande, era un'animella", racconterà dopo Spatuzza.
Tre settimane prima del delitto di Sole venne ucciso Marcello Grado. Siamo durante la cosiddetta seconda guerra di mafia tra i palermitani e i corleonesi. Questi ultimi sospettano che qualcuno stesse ordendo il rapimento dei figli di Totò Riina. I Grado diventano i maggiori indiziati. Scatta la mossa preventiva dei corleonesi. Giammatteo Sole viene rapito ma non sa ancora che sarà ucciso. E come avrebbe dovuto intuirlo, se era innocente in tutto? Ma i corleonesi insistevano. Volevano scoprire se quel giovane conoscesse qualche particolare. "Ma noi non sapevamo nemmeno chi fosse Marcello Grado - ha detto Massimo Sole - perché per noi era solo uno degli amici della comitiva".
Essere solo amici di uno della comitiva, poteva comportare la condanna a morte!
Tempi sciagurati, quelli di cui si parla. Ma che purtroppo ancora oggi , a sentire le intercettazioni di recenti operazioni antimafia, sembrano suscitare negli stessi ambienti consenso, se non addirittura nostalgia.
In un assolato pomeriggio primaverile, a Salemi non sono state solo rievocate storie di sangue e di vita, sono stati, come ha detto la madre di Claudio, Graziella Accetta, seminati tanti semi che daranno vita a tanti germogli di riscatto della memoria.
Riscatto della memoria di cui la "Terra mia", come ha declamato il poeta Paolo Ferrante, nel corso della manifestazione, ha tanto bisogno per riscrivere la storia civile del suo popolo.
Franco Ciro Lo Re