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23/04/2018 06:00:00

Mafia, "Anno Zero". L'omicidio Marcianò e i contrasti nel mandamento di Castelvetrano

Continuiamo il nostro approfondimento sull’ultima operazione antimafia Anno Zero che ha permesso di arrestare 21 persone ritenute fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro e organici alle famiglie mafiose dei mandamenti di Castelvetrano e Mazara del Vallo.

L’omicidio Marcianò dà il via all’operazione - Ad un certo punto delle indagini, seguite da diverse forze di polizia sul territorio trapanese, gli inquirenti hanno avuto la necessità e l’urgenza di riunirle in unico procedimento a seguito dell’omicidio di Giuseppe Marcianò (ne abbiamo già scritto qui) avvenuto a Campobello di Mazara la mattina del 6 luglio 2017. La vittima, 47 anni imprenditore agricolo originario di Carini, genero del mafioso di Mazara del Vallo, Pino Burzotta, è stato ucciso, con tre colpi di arma da fuoco.

L’agguato è scattato in contrada Bosco Vecchio, in una delle stradine che dalla frazione balneare di Tre Fontane conducono verso l’interno, da killer giunti sul posto a bordo di una Fiat Punto rubata, poi abbandonata e incendiata a poche centinaia di metri dal luogo dell’agguato. Il contesto in cui è maturato l’omicidio non lasciava dubbi sulla pista mafiosa. Dopo un lungo periodo in cui in provincia di Trapani non si registravano omicidi riferibili a Cosa nostra, si è tornati all’uso della violenza per mettere fine a dei contrasti tra alcuni esponenti della famiglia di Campobello di Mazara e altri della famiglia di Castelvetrano, e secondo gli inquirenti, se non si fosse intervenuti questi contrasti avrebbero portato ad una nuova guerra di mafia.

Contrasti tra le famiglie di Campobello e Castelvetrano - Le intercettazioni ambientali svolte nel corso anche di altri procedimenti hanno permesso di accertare, a partire dal 2015, un lento progetto di espansione territoriale da parte della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che ha riguardato anche il territorio di Castelvetrano, secondo gli investigatori divenuto “vulnerabile” da un lato per "la mancanza su quel territorio di mafiosi di rango in libertà, e, dall’altro, dalla ritenuta e in parte contestata scelta del boss Matteo Messina Denaro che - nonostante gli arresti dei suoi uomini di fiducia e dei suoi più stretti familiari - non ha autorizzato omicidi e azioni violente, come invece auspicato da buona parte degli uomini d’onore di quei territori".

Come causa di questo possibile scenario, le intercettazioni hanno fatto emergere che, tra tutti i componenti della famiglia di Campobello chi aveva manifestato maggiori critiche nei confronti del vertice del mandamento di Castelvetrano affidato al cognato del latitante, Gaspare Como, era proprio Giuseppe Marcianò.

L’evolversi di questo pericolosissimo contesto – scrivono gli inquirenti - idoneo, come la tragica storia di Cosa nostra insegna, a scatenare reazioni cruente contrapposte, e quindi dare il via ad una lunga scia di sangue, ha imposto la necessità di eseguire l’operazione Anno Zero, nella quale sono confluite le indagini svolte dalle diverse forze di polizia su Cosa nostra operante nella Valle del Belice, con particolare riguardo ai mandamenti mafiosi di Castelvetrano e di Mazara del Vallo”.

 



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