Gaspare Como e Saro Allegra. A loro Matteo Messina Denaro avrebbe affidato il mandamento mafioso di Castelvetrano (qui tutti gli aggiornamenti sull'operazione Anno Zero). Entrambi arrestati nell’operazione “Anno Zero” svolta in sinergia dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani, la Dia di Trapani, lo Sco della polizia e le squadre mobili di Palermo e Trapani.
Oggi, dopo 20 anni, i due cognati vengono arrestati di nuovo insieme. Erano stati infatti coinvolti nell'operazione "Terra Bruciata", scattata il 23 Aprile del 1998. In quel processo entrambi furono condannati a dieci anni di reclusione. Il nome dell’operazione si riferiva all’attività di estrazione di inerti da un lato e, ottimisticamente, alla possibilità di acciuffare il boss, allora latitante da “soli” cinque anni.
Gaspare Como è il marito di Bice, una delle sorelle del latitante. Era stato arrestato nel 2015 per intestazione fittizia (ad altri) di beni e attività, ma era stato assolto dal tribunale di Marsala con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Il pentito Lorenzo Cimarosa, cugino del boss, scomparso dopo una lunga malattia nel gennaio del 2017, con le sue dichiarazioni aveva dato un significativo contributo al suo arresto e al sequestro dei beni da 200 mila euro circa, compresa una casa a Triscina che Como aveva formalmente preso in affitto.
Ma i suoi primi beni, che ammontavano a circa 500 mila euro, erano stati sequestrati già alla fine del 2012. E tra questi il negozio di abbigliamento“Il Mercatone, che Como aveva riaperto, vedendosi però revocare dopo un po’ la licenza da parte del Comune di Castelvetrano. Il cognato del boss aveva persino minacciato il ricorso al Tar, perché secondo il suo legale i termini dalla completa espiazione della pena erano già maturati e il provvedimento del Comune sarebbe stato ingiusto.
Al di là dei beni, il ruolo di primo piano di Gaspare Como nella famiglia mafiosa dei Messina Denaro, era stato già intuito dalle intercettazioni dell’operazione Eden 2, dove a lagnarsi del comportamento spregiudicato della microcriminalità castelvetranese era addirittura Rosario Cacioppo, poi arrestato per mafia e condannato a 10 anni e 10 mesi. Aveva dato un passaggio in macchina ad un certo Piero che gli raccontava di essere stato arrestato in flagranza per furto. Il Cacioppo, col chiaro intento di redarguirlo, gli diceva Gaspare Como non era molto contento delle attività delinquenziali dei piccoli pregiudicati di Castelvetrano, riportando le sue parole un po’ come monito a fare il bravo: “Castelvetrano è diventato un paese che sono tutti “alla rotta” (allo sbando, ndr), sparano pure ai cartelli… vanno facendo un mare di danno, quando è successo, gli abbiamo detto: ‘Picciotti… datevi una regolata, perché vedi che qua succedono cose brutte! Picciotti, finitela di fare danni!’ e uno mi risponde dice: ‘Io sono ladro di trattori…’, quello mi fa: ‘Io mi faccio le persiane alla Triscina!’, Nicola dice: ‘Io sono ladro di appartamento!’… Si gira il cognato di Mattè, dice: ‘Ma tu lo hai come mestiere allora!’ […] ‘Allora picciotti, vi dico una cosa: uomo avvisato, mezzo salvato… Vedi che piange il peccato per il peccatore (il giusto per il peccatore, ndr)! Finitela perché praticamente succede una guerra! Perché ci sono lamentele… per dire picciotti, date una sistemata a questi… oh…”.
Rosario Allegra è il marito di Giovanna, un’altra sorella di Matteo Messina Denaro che lavorava proprio presso il Mercatone di Gaspare Como.
Prima del ’98 (operazione “Terra bruciata”) era stato già arrestato nel luglio del 1992, per una vicenda di cooperative giovanili che esistevano solo sulla carta per ottenere i finanziamenti regionali. Era presidente regionale del Cna, ex assessore all’agricoltura e all’artigianato al Comune di Castelvetrano. E la politica lo ha sempre “appassionato”, almeno sempre in base alle intercettazioni di Eden 2, dove lo stesso Cacioppo ce l’aveva con lui per una brutta figura su una compravendita di voti che il fratello della campobellese Doriana Licata avrebbe condotto in alcune città della provincia per le elezioni regionali del 2012 della sorella: “... Quelli di Campobello vennero al ristorante, c'era mia madre e tutti – racconta Cacioppo - ci siamo chiusi lì dentro, quello di Campobello dice ‘A Castelvetrano non servirò più a nessuno e quando poi, gli arriverà all'orecchio a chi di dovere (Matteo Messina Denaro ndr) gli dico quel vastaso di suo cognato, ha fottuto i soldi… a noi altri, quando noi altri, dice, abbiamo fatto tutti la galera, senza parlare per lui, e noi altri siamo stati tutti a disposizione’”.
Dopodiché Saro Allegra, sempre secondo il racconto intercettato del Cacioppo, sarebbe stato redarguito: “... siamo andati ad incontrare a Saro Allegra, minchia lo abbiamo cazziato in mala maniera… ma quelli di Campobello avevano intenzioni brutte, avevano…”.
Ma Allegra era anche nel campo dell’abbigliamento, essendo stato tra i soci fondatori della Futura Calze Srl. Mentre, attualmente aveva un’attività commerciale vicino il centro della città. Un outlet dal nome curioso: “L’isola che non c’è”, del quale era formalmente socio di minoranza. Ed è lì che nel 2014 ci fu un singolare furto di abiti, borse ed accessori per circa 30 mila euro. Ignoti sarebbero penetrati nel locale di Allegra da una vecchia abitazione attigua disabitata, per poi allontanarsi in tutta tranquillità dopo aver caricato la merce su un mezzo. Alla luce di questi ultimi arresti, soprattutto nel contesto di questo affidamento del mandamento mafioso di Castelvetrano, anche questa vicenda impone delle riflessioni. Chi ruberebbe con questa facilità ad un affiliato “nominato” dallo stesso Matteo Messina Denaro? E perché dalla famiglia non ci fu (a meno di nuovi elementi che potrebbero emergere anche da quest’ultima operazione) alcun tentativo di recupero della refurtiva?