Si stringe il cerchio sul capo di Cosa nostra Matteo Messina Denaro: Polizia, Carabinieri e Direzione investigativa antimafia (Dia) hanno eseguito un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo nei confronti di 22 presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna
Il blitz s è l'ennesimo colpo inferto dagli investigatori alla rete relazionale, criminale ed economica di Messina Denaro. Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.
L'indagine ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei 'pizzini' con i quali dava le disposizioni agli affiliati.
Le indagini di Polizia, Carabinieri e Dia, inoltre, hanno confermato sia il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani sia quello del cognato, reggente del mandamento di Castelvetrano in seguito all'arresto di altri familiari. Pedinamenti, appostamenti e intercettazioni hanno ribadito come Cosa nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.
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15,00 - Spiega l’aggiunto Paolo Guido: “Matteo Messina Denaroha difficoltà ad avere rapporti con il suo ‘cuore pulsante‘, cioè le persone che più gli stanno vicine. Tra cui i parenti“. E, continua, “con questa indagine siamo arrivati davvero vicino al cuore del latitante nel senso letterale in quanto sono stati colpiti col fermo anche componenti della sua famiglia come i suoi cognati”. Il comandante del Ros di Trapani, il generale Pasquale Angelosanto, aggiunge: “Trapani è saldamente nelle mani di Messina Denaro”. “È un latitante che sta sul territorio ma nel tempo si è anche spostato. Per questo le sue ricerche sono difficili“, continua il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi intervenendo alla conferenza stampa in cui sono stati illustrati i particolari dell’inchiesta. “Cosa nostra trapanese è particolarmente vitale e attiva nel controllo del territorio”, ripetono tutti i presenti. “Queste indagini sono molto importanti perché hanno permesso di intervenire sui principali ‘colonnelli’ del boss latitante”, spiega Alessandro Giuliano, a capo del Servizio centrale operativo della polizia di Stato.
14,00 - Uno degli arrestati in una conversazione intercettata rivela che Messina Denaro “era in Calabria ed è tornato”. Chi parla aggiunge che il padrino di Castelvetrano avrebbe incontrato “cristiani” (persone). Sono in due a parlare, commentano il contenuto di un pizzino in cui ci sarebbero state scritte le decisioni del latitante su alcuni temi. Il biglietto non è stato trovato dagli inquirenti che intercettavano il dialogo: Messina Denaro ha ordinato ai suoi di distruggere sempre i pizzini. “Nel bigliettino è scritto lo vedi? Questo scrive cosa ha deciso, quello ha detto“. Dalla conversazione viene fuori che la madre di Messina Denaro si lamenta dell’assenza del figlio. “La madre di Matteo… che lui non scrive si lamenta, lui deve scrivere… vorrei vedere a te. Non gli interessa niente di nessuno”.
12,10 - Ecco il comunicato stampa della Dia sull'operazione:
Questa mattina, in esecuzione di un decreto di fermo emesso dalla D.D.A. di Palermo, Carabinieri del R..O.S e del Comando Provinciale di Trapani e della Polizia di Stato (Squadre Mobili di Palermo e Trapani e Servizio Centrale Operativo) hanno tratto in arresto 22 affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, indagati per associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento, detenzione armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalità mafiose.
In esecuzione del medesimo provvedimento, la D.I.A. ha eseguito un fermo nei confronti di un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Tra i destinatari del provvedimento restrittivo figurano Matteo MESSINA DENARO, a conferma del perdurante ruolo di capo della provincia mafiosa di Trapani che si concretizza nella direzione delle varie articolazioni dell’organizzazione, nella risoluzione di controversie interne al sodalizio criminale e nella gestione degli ingenti interessi economici, nonchè due suoi cognati, COMO Gaspare e ALLEGRA Rosario.
Le indagini hanno documentato le dinamiche associative dei mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo, accertando il ruolo di vertice degli esponenti della famiglia dei MESSINA DENARO e dei suoi principali sodali, le gerarchie e i componenti delle principali articolazioni mafiose, il capillare controllo del territorio ed il sistematico ricorso all’intimidazione per infiltrare il tessuto economico locale.
L’importante operazione è il frutto di una serie di indagini sviluppate nella provincia di Trapani dall’Arma dei Carabinieri, dalla Polizia di Stato e dalla D.I.A. sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, opportunamente assemblate attraverso la lettura e valorizzazione sistematica dei vari filoni investigativi.
In tale ambito, le indagini hanno permesso di documentare il ruolo di vertice operativo assunto da Gaspare COMO, cognato del latitante, designato quale reggente del mandamento di Castelvetrano dopo un periodo di interregno conseguente agli arresti effettuati nel dicembre 2013 (op. EDEN) e agosto 2015 (op. ERMES) che avevano colpito i principali esponenti dell’organizzazione, tra cui taluni membri del circuito familiare dei Messina Denaro.
Proprio la costante esigenza di avere un esponente familiare al vertice della struttura, imponeva al capo mafia latitante di incaricare il cognato, personaggio rimasto a lungo nell’ombra per quanto coinvolto in passato in vicende criminali, quale responsabile del mandamento di Castelvetrano a partire dai primi mesi del 2016.
Gaspare COMO, durante tale periodo, ha esercitato la sua leadership attraverso un ristretto circuito di sodali di provata affidabilità composto da Antonino TRIOLO titolare di una agenzia pratiche auto in Castelvetrano; Vincenzo LA CASCIA, uomo d’onore della famiglia di Campobello di Mazara; Calogero GUARINO, gestore di una frutteria in Castelvetrano; Vittorio SIGNORELLO, dipendente civile dell’aeroporto Trapani Birgi.
Particolarmente significativi sono stati gli esiti delle intercettazioni ambientali all’interno dell’agenzia pratiche auto di Antonino TRIOLO, luogo deputato a mascherare i riservati incontri tra quest’ultimo e il COMO, funzionali alla veicolazione delle comunicazioni con Nicola ACCARDO, capo della famiglia di Partanna di cui il TRIOLO si è rivelato essere il principale braccio destro. In tale ambito si è avuta la conferma della centralità di Matteo MESSINA DENARO nelle dinamiche associative attraverso disposizioni impartite al cognato e a quest’ultimo giunte tramite Nicola ACCARDO il quale ha proceduto allo smistamento di “pizzini”.
In tale quadro, le intercettazioni in questione hanno rivelato l’esistenza di accese interlocuzioni in seno al mandamento di Castelvetrano tra esponenti della famiglia di Campobello e Castelvetrano sulla spartizione di proventi illeciti, per dirimere le quali si rendeva necessaria la forte presa di posizione del COMO Gaspare forte dell’investitura ricevuta dal cognato Matteo Messina Denaro per la risoluzione di ogni controversia sul territorio.
Tale scenario ha fatto da sfondo all’omicidio di MARCIANÒ Giuseppe, avvenuto a Campobello di Mazara il 6 luglio 2017, uno dei protagonisti delle criticità interne all’organizzazione.
Più in generale, le indagini hanno documentato uno spaccato genuino delle dinamiche associative del mandamento di Castelvetrano, comprendente anche le famiglie di Paranna e Campobello di Mazara, evidenziando la vitalità dell’organizzazione nel controllo del territorio e la sua pericolosità testimoniata da condotte estorsive in danno di imprenditori economici dell’area, dalla consumazione di una serie di danneggiamenti su beni e proprietà allo scopo di punire atteggiamenti irrispettosi di soggetti riottosi all’autorità mafiosa, e dalla ampia disponibilità di armi e munizionamento. Particolarmente attivi in tale ambito sono stati gli indagati Tilotta Giuseppe, Bongiorno Giuseppe e Milazzo Leonardo i quali procedevano alle attività intimidatorie su disposizione del capo mandamento COMO Gaspare.
E’ emersa, inoltre, l’assoluta fedeltà dei membri dell’organizzazione al latitante Matteo Messina Denaro, attraverso manifestazioni di vera e propria “venerazione” per la sua carismatica figura, che veniva ulteriormente enfatizzata l’indomani della morte di Salvatore RIINA allorquando veniva indicato come suo erede naturale.
Emblematica, in tal senso, è la solerzia dimostrata da Angelo GRECO, uomo d’onore di Campobello di Mazara le indagini sul quale hanno evidenziato la stretta vicinanza al capo mafia latitante tanto da essere a conoscenza nel dicembre 2012 di una sua momentanea permanenza nella zona di Marsala, il quale si premurava di cancellare una scritta irriguardosa comparsa su un muro della cittadina campobellese nel gennaio 2013 nei confronti di Matteo Messina Denaro, attivandosi per ricercare il responsabile.
Contestualmente, le indagini, hanno fatto luce sulle dinamiche associative dei mandamenti di Castelvetrano e Mazara del Vallo e di alcune delle famiglie mafiose in essi inserite. Un ruolo di primo piano ha rivestito ACCARDO Nicola, figlio del defunto “Ciccio”, al vertice della famiglia mafiosa di Partanna, nelle cui mani e nella cui abitazione rilevanti intercettazioni ambientali hanno documentato la lettura di riservatissima corrispondenza, attraverso il sistema dei “pizzini”, originata dal latitante e diretta sia al suo ambito familiare, sia ai vertici di alcune “famiglie mafiose”.
Ancora una volta, infatti, è emerso l’uso dei “pizzini” per dirimere controversie, dare disposizioni ai sodali ed investire delle massime cariche mafiose in seno alle rispettive famiglie le nuove leve, tra cui il neo reggente del mandamento di Mazara del Vallo, MESSINA Dario.
Analogamente è stata registrata, già durante la detenzione domiciliare del noto capomafia Vito GONDOLA, recentemente deceduto, l’ascesa di MESSINA Dario, oggi al vertice del mandamento di Mazara del Vallo, non priva di documentati contrasti e di importanti progettualità criminali.
L’inchiesta ha documentato i contatti tra i diversi mandamenti nella gestione mafiosa del realizzando parco eolico di Mazara, facendo emergere divergenze tra i massimi esponenti degli stessi con il ricorso ad azioni intimidatorie..
Analoghe progettualità criminali, sono state registrate all’interno del mandamento di Mazara del Vallo durante l’ascesa, prima della sua formale investitura, di Dario MESSINA consentendo, oggi, il fermo suo e dei suoi più stretti “collaboratori”, Bruno GIACALONE e Marco BUFFA quest’ultimo dichiaratosi “capo decina” di Petrosino Strasatti.
Dalle indagini, risulta palese come il latitante, al fine di assicurarsi il costante controllo delle attività illecite e dei relativi proventi economici, abbia privilegiato, nella scelta dei soggetti da porre al comando dell’organizzazione mafiosa, il criterio “dinastico”, individuando sempre persone appartenenti alla propria cerchia familiare, affinché il vincolo “mafioso” coincidesse pienamente con il vincolo “di sangue”.
Altrettanto dicasi per le altre famiglie mafiose ed i rispettivi mandamenti.
Ciò che rappresenta, infatti, il fulcro delle indagini è stato il completo monitoraggio da parte delle Forze di Polizia, dell’evoluzione degli assetti di vertice assunti dagli indagati in seno alle diverse compagini mafiose dopo i numerosi arresti avvenuti con le pregresse operazioni condotte negli anni, rispetto alle quali l’operazione odierna si pone in linea di assoluta continuità.
La attività investigative, tra le altre cose, hanno documentato sia le numerose attività malavitose finalizzate al mantenimento in vita dei sodalizi mafiosi interessati, talvolta realizzate attraverso azioni violente mirate a ribadire l’assoggettamento del territorio e delle relative attività economico-imprenditoriali a “cosa nostra”, sia i meccanismi che hanno assicurato il collegamento tra le diverse articolazioni territoriali di “cosa nostra” e il mantenimento delle funzioni di vertice, per la provincia di Trapani, del latitante Matteo MESSINA DENARO.
Le intercettazioni hanno, inoltre, consentito di accertare che che taluni indagati, attraverso soggetti insospettabili, sono intervenuti in aste giudiziarie al fine di riappropriarsi anche di beni sequestrati in precedenti operazioni antimafia e si è documentato nuovamente l’interesse della criminalità organizzata per il settore delle scommesse, attraverso la gestione di numerosi “punti gioco”, oltre alle attività tipicamente mafiose quali estorsioni e danneggiamenti.
Le indagini, infine, hanno consentito di contestare a Carlo CATTANEO, imprenditore nel settore dei giochi e scommesse on line, il reato di concorso esterno all’organizzazione mafiosa, per aver posto una serie di condotte volte a favorire l’acquisizione e la gestione da parte dell’associazione di tali rilevanti atttività economiche, provvedendo, tra l’altro, al sostentamento economico del circuito familiare del latitante Matteo MESSINA DENARO.
In particolare quali promotori e organizzatori delle rispettive seguenti articolazioni mafiose:
1. MESSINA DENARO Matteo, detto u Siccu, nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962 dell’intera provincia di Trapani e in tutta la Sicilia occidentale
2. ACCARDO Nicola, nato a Partanna il 16 gennaio 1965 capo della famiglia mafiosa di Partanna,
3. COMO Gaspare, detto Panda, nato ad Erice il 20 agosto 1968 capo del mandamento mafioso di Castelvetrano
4. LA CASCIA Vincenzo, nato a Castelvetrano il 14 febbraio 1948 della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara
5. MESSINA Dario, nato a Mazara del Vallo il 7 novembre 1984 reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo
6. URSO Raffaele, detto Cinuzzo, nato a Castelvetrano il 29 gennaio 1959 della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara,
quali partecipi - rispettivamente - delle seguenti articolazioni mafiose:
7. ALLEGRA Rosario, detto Saro, nato a Santa Ninfa il 29 ottobre 1953 della famiglia di Castelvetrano
8. BONO Vito, nato a Campobello di Mazara il 6 novembre 1959 della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara
9. BUFFA Marco, nato a Mazara del Vallo il 4 gennaio 1973 della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo
10. DELL’AQUILA Filippo, nato a Campobello di Mazara il 2 maggio 1964 della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara
11. TRIPOLI Mario, nato a Castelvetrano il 16 giugno 1972 della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara
12. GIACALONE Bruno, nato a Mazara del Vallo il 30 giugno 1961 della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo,
13. GRECO Angelo, nato a Mazara del Vallo il 4 febbraio 1969 della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara
14. GUARINO Calogero, nato a Castelvetrano il 28 luglio 1969 della famiglia mafiosa di Castelvetrano
15. MATTARELLA Giovanni, nato a Mazara del Vallo il 10 marzo 1966 della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo
16. MILAZZO Leonardo, nato a Castelvetrano il 15 giugno 1978 della famiglia mafiosa di Castelvetrano
17. BONGIORNO Giuseppe Paolo, nato a Castelvetrano il 5 agosto 1988, della famiglia mafiosa di Castelvetrano
18. SIGNORELLO Vittorio, nato in Svizzera il 9 settembre 1962 della famiglia mafiosa di Castelvetrano
19. TILOTTA Giuseppe, nato a Castelvetrano il 29 ottobre 1962 della famiglia mafiosa di Castelvetrano
20. TRIOLO Antonino, nato a Partanna il 12 gennaio 1970 della famiglia mafiosa di Castelvetrano
21. VALENTI Andrea, nato a Campobello di Mazara il 27 giugno 1952 della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara
e quale concorrente esterno
22. CATTANEO Carlo, nato a Castelvetrano il 6 giugno 1985
11,30 - Ecco i nomi delle persone raggiunte dal provvedimento di arresto. In cima c'è il latitante Matteo Messina Denaro.
1. MESSINA DENARO Matteo, detto u Siccu, nato a Castelvetrano il 26 aprile 1962
2. ACCARDO Nicola, nato a Partanna il 16 gennaio 1965
3. ALLEGRA Rosario, detto Saro, nato a Santa Ninfa il 29 ottobre 1953
4. BONGIORNO Giuseppe Paolo, nato a Castelvetrano il 5 agosto 1988
5. BONO Vito, nato a Campobello di Mazara il 6 novembre 1959
6. BUFFA Marco, nato a Mazara del Vallo il 4 gennaio 1973
7. CATTANEO Carlo, nato a Castelvetrano il 6 giugno 1985
8. COMO Gaspare, detto Panda, nato ad Erice il 20 agosto 1968
9. DELL’AQUILA Filippo, nato a Campobello di Mazara il 2 maggio 1964
10. GIACALONE Bruno, nato a Mazara del Vallo il 30 giugno 1961
11. GRECO Angelo, nato a Mazara del Vallo il 4 febbraio 1969
12. GUARINO Calogero, nato a Castelvetrano il 28 luglio 1969
13. LA CASCIA Vincenzo, nato a Castelvetrano il 14 febbraio 1948
14. MATTARELLA Giovanni, nato a Mazara del Vallo il 10 marzo 1966
15. MESSINA Dario, nato a Mazara del Vallo il 7 novembre 1984
16. MILAZZO Leonardo, nato a Castelvetrano il 15 giugno 1978
17. SIGNORELLO Vittorio, nato in Svizzera il 9 settembre 1962
18. TILOTTA Giuseppe, nato a Castelvetrano il 29 ottobre 1962
19. TRIOLO Antonino, nato a Partanna il 12 gennaio 1970
20. TRIPOLI Mario, nato a Castelvetrano il 16 giugno 1972
21. URSO Raffaele, detto Cinuzzo, nato a Castelvetrano il 29 gennaio 1959
22. VALENTI Andrea, nato a Campobello di Mazara il 27 giugno 1952
11,10 - Chi sono Gaspare Como, detto "Panda", e Rosario Allegra? Cliccando qui potete leggere il loro profilo in un articolo di Tp24.it.
10,40 - Questa notte, sono scattate decine di perquisizioni nel Belice. Ma Messina Denaro resta ancora latitante. "Dice che era in Calabria ed è tornato - diceva uno degli arrestati - passa qua e i cristiani ci vanno". Il boss comunica ancora attraverso i pizzini, veicolati dalla sua rete. Ed è venerato dai suoi: "E' come Padre Pio", dicono nelle intercettazioni. Mentre parlano con odio dei collaboratori di giustizia: “Ha sciolto a quello nell’acido… non ha fatto bene? Ha fatto bene… Se la stirpe è quella… suo padre perché ha cantato?”. Il riferimento è al piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio di Santino, il primo boss a rivelare i retroscena della strage di Capaci. Insultano anche il padre: “Perché non hai ritrattato? Se tenevi a tuo figlio… allora sei tu che non ci tenevi”.
Altre intercettazioni confermano che il padrino di Castelvetrano viaggia molto. Forse, nel 2015, era in provincia di Trapani. Una cimice ha sorpreso un autorevole esponente della famiglia di Marsala, Nicolò Sfraga, mentre sussurrava: “Iddu u dissi". Lui l’ha detto. “Lui” voleva mettere fine a un contrasto che attraversava la cosca di Petrosino. “Iddu u dissi” da che parte stava il torto, e da che parte la ragione. E tutti obbedirono. "Il latitante ha i c... vunciati (è arrabbiato - ndr) - diceva ancora Sfraga - che sarebbe Messina Denaro, si trova nelle zone nostre...”. Tutti i contrasti dovevano essere sospesi durante la permanenza del latitante in Sicilia. Poi, dopo quel dialogo, di nuovo il silenzio.
10,15 - "Allora ha sciolto a quello nell'acido, non ha fatto bene? Ha fatto bene". Parla, non sapendo di essere intercettato, uno dei mafiosi fermati dalla dda di Palermo nel blitz di oggi che ha portato in cella 22 tra boss e favoreggiatori del clan di Matteo Messina Denaro. Il drammatico riferimento è alla vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, rapito, tenuto sotto sequestro per 779 giorni, ucciso e sciolto nell'acido per indurre il padre a ritrattare. La conversazione è del 19 novembre del 2017.
"Se la stirpe è quella... suo padre perché ha cantato?", conviene l'interlocutore. Il mafioso rincara la dose, esaltando la decisione di Riina di eliminare il bambino di soli 13 anni come giusta ritorsione rispetto al pentimento del padre, colpevole di avere danneggiato Cosa nostra. "Ha rovinato mezza Palermo quello... allora perfetto".
"Il bambino è giusto che non si tocca - aggiunge l'altro - però aspetta un minuto ... perché se no a due giorni lo poteva sciogliere ... settecento giorni sono due anni ... tu perché non ritrattavi tutte cose? se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi". "Giusto! perfetto!...e allora ... fuori dai coglioni - gli fa eco l'altro - dice: 'io sono in una zona segreta, sono protetto, non mi possono fare niente'...si a te... però ricordati coglione che una persona la puoi ammazzare una volta, ma la puoi far soffrire un mare di volte".
09,45 - Tra gli arrestati c’è un giovane imprenditore di Castelvetrano, Carlo Cattaneo, che si occupa di scommesse on line, avendo anche la titolarità di alcune agenzie. Secondo le indagini nella cassaforte della cosca mafiosa di Castelvetrano sarebbero finiti parte dei i soldi guadagnati nel business delle scommesse che sarebbe stato nelle mani dei cognati del boss latitante Messina Denaro.
08,20 - Stava per scoppiare una nuova guerra di mafia tra i clan trapanesi: il rischio di nuovo sangue ha indotto la Dda di Palermo a disporre il fermo di 22 tra presunti boss e favoreggiatori del clan del latitante Matteo Messina Denaro. In cella anche alcuni familiari del capomafia di Castelvetrano.
Il 6 luglio 2017 è stato ucciso Giuseppe Marcianò, genero del boss di Mazara del Vallo, Pino Burzotta ed esponente della “famiglia” di Campobello di Mazara. Il contesto in cui è maturato il delitto ricostruito dagli inquirenti ha svelato una guerra in corso tra famiglia di Campobello di Mazara e quella di Castelvetrano.
“A partire dal 2015, – si legge nel provvedimento della Dda – si registra un lento progetto di espansione territoriale da parte della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che ha riguardato anche il territorio di Castelvetrano, divenuto ‘vulnerabile’ a causa, per un verso, della mancanza su quel territorio di soggetti mafiosi di rango in libertà, e, per altro, dalla scelta di Messina Denaro che, nonostante gli arresti dei suoi uomini di fiducia e dei suoi più stretti familiari, non ha autorizzato omicidi e azioni violente, come invece auspicato da buona parte del popolo mafioso di quei territori”. Proprio Marcianò si era molto lamentato del comportamento del latitante.
“Da tale pericolosissimo contesto (certamente idoneo, come la tragica storia di Cosa nostra insegna, a scatenare reazioni cruente contrapposte, e quindi dare il via ad una lunga scia di sangue) – scrivono i pm – in uno col pericolo di fuga manifestato da alcuni indagati, si è imposta la necessità dell’adozione del fermo”.
07,40 - Le indagini hanno permesso di ricostruire molto da vicino la rete di fiancheggiatori del boss ormai latitante dall’estate 1993. In manette, fra gli altri, finiscono due cognati di Matteo Messina Denaro: Gaspare Como e Saro Allegra, i mariti di Bice e Giovanna Messina Denaro.
Secondo i magistrati della DDA sarebbero stati loro a curare la rete di supporto a Messina Denaro. Allegra si sarebbe occupato della parte finanziaria, facendo da tramite con un insospettabile imprenditore del settore delle scommesse on line, anche lui è stato arrestato, con l’accusa di aver recapitato pacchi di soldi alla cosca di Castelvetrano.
Le indagini svelano la presenza del super boss nella zona del trapanese, perlomeno fino al 2015: tra Mazara del Vallo e Castelvetrano. Questa notte i fermi ma di Matteo Messina Denaro ancora non c’è traccia anche se la sua rete di protezione, che dura ormai da 25 anni, comincia a scricchiolare.
Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.
Un mese fa in un'altra operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, del Raggruppamento operativo speciale e della Dia, c'erano stati altri dodici arresti di esponenti delle famiglie di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori di Messina Denaro, finanziando sostanzialmente la sua latitanza.
07,20 - Nella notte appena trascorsa, dunque, carabinieri e polizia hanno colpito il clan di Matteo Messina Denaro, con 22 arresti tra Castelvetrano, Partanna, Mazara, Campobello di Mazara. Gaspare Como e Rosario Allegra, mariti di Bice e Giovanna, sono tra gli arrestati di questa notte. Rosario Allegra è stato anche assessore a Castelvetrano. Entrambi hanno precedenti. Dalle intercettazioni ambientali emergono contatti tra gli arrestati e il boss latitante nel 2016. Di lui si dice: "Matteo è come Padre Pio".
07,05 - Le persone arrestate sono tutte vicine a Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993. Secondo le prime indiscrezioni sono stati trovati anche alcuni "pizzini" con gli ordini impartiti da Messina Denaro alla cosca. Un cognato di Matteo Messina Denaro è stato invece arrestato come "reggente" della famiglia mafiosa di Castelvetrano.
06,45 - Si chiama "Anno zero" l'operazione antimafia in corso.
Dalle prime ore di questa mattina, Carabinieri, Polizia e D.I.A. stanno eseguendo un provvedimento di fermo, emesso dalla procura distrettuale di Palermo, nei confronti di 22 affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, indagati per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalita´ mafiose.
L´operazione si inserisce nel quadro della complessiva manovra investigativa finalizzata alla cattura del latitante Matteo Messina Denaro anche attraverso il progressivo depotenziamento dei circuiti criminali di riferimento e il depauperamento delle relative risorse economiche.
06,00 - Imponente operazione antimafia nella notte. Sono stati effettuati 22 arresti e sono state di fatto decapitati i mandamenti e le famiglie mafiose di Mazara del Vallo e Castelvetrano. Un altro colpo importante, dunque, contro Cosa nostra.
Secondo le prime informazioni raccolte dalla redazione di Tp24.it, gli arresti riguardano la famiglia di Matteo Messina Denaro, raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare, e la famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, già al centro di diverse operazioni antimafia che ne hanno falciato di fatto i vari tentativi di riorganizzazione.