E’ una Cosa nostra unita, quella trapanese. In crisi, non coinvolta in affari milionari come un tempo, non con il prestigio criminale di qualche anno fa. Ma è unita.
Emerge questo dall’ultima operazione antimafia Pionica, che ha portato in cella 12 persone ritenute appartenenti all’organizzazione criminale e ha fatto "terra bruciata" (come dicono gli investigatori con un'espressione ormai abusata) attorno al super latitante Matteo Messina Denaro.
Le famiglie delle varie città collaborano tra loro, si parlano, intavolano affari su diversi territori. Cosa nostra unita, ma non solo. C’è un nome, che viene fuori quasi di striscio, ma che risulta importante nel fotografare la mafia oggi, l’organizzazione in provincia di Trapani.
Il nome da segnare è quello di Francesco Orlando, detto Franco, che non è stato arrestato né indagato nell'inchiesta cordinata dalla Dia e operata dai Carabinieri del Ros.
Emergerebbe addrittura tra le righe dell’operazione antimafia che Orlando sia un nome di peso nella mafia di Trapani. Lo suggeriscono alcuni comportamenti dei sodali, lo suggeriscono alcune dichiarazioni.
CHI E’ FRANCO ORLANDO? Il suo nome viene fuori dalle inchieste degli anni passati come un anello di congiunzione tra mafia e politica. Franco Orlando, ex consigliere comunale del Psi di Trapani, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Trapani, condannato a 8 anni per associazione mafiosa.
E’ stato segretario personale dell’onorevole Bartolo Pellegrino.
Le dichiarazioni nei processi e nelle inchieste del passato dipingono Orlando come una persona da sempre organica all’organizzazione mafiosa.
Di lui, nel corso del processo sull’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, parla il pentito Francesco Milazzo. Milazzo affianca il suo nome a quello di alcuni noti killer di cosa nostra, come quello di Vito Mazzara, accusato - e poi assolto in appello - di aver ucciso Rostagno. Secondo il racconto di Milazzo lo stesso Orlando avrebbe affiancato Vito Mazzara in delitti di mafia.
“Era uno di quelli che camminava armato e sparava se c’era bisogno di sparare” depose Milazzo. Orlando fu accusato dell'omicidio dell'agente di polizia penitenziaria Giuseppe Montalto, assassinato a Trapani il 23 dicembre 1995 e del delitto Monteleone, del 7 Dicembre 1985, commesso a Trapani.
Venne assolto da quell'accusa, ma un anno più tardi condannato per mafia. Circa gli omicidi, la chiamata in correità di Milazzo non è stata valutata sufficiente in assenza di adeguati riscontri individualizzanti, per provare la colpevolezza di Franco Orlando sia per l’omicidio Montalto che per l’omicidio Monteleone.
Racconta la sentenza di primo grado del processo Rostagno:
In particolare, Monteleone era un ladruncolo di mezzi agricoli e mezzi industriali e fu ucciso perché commetteva questo tipo di reati. Ad ordinare l’omicidio fu VIRGA nella qualità di capo del circondario in cui doveva essere commesso. Milazzo ricorda perfettamente che «L’omicidio è avvenuto di notte, ho lasciato a Vito Mazzara e a Franco Orlando nelle vicinanze e mi sono messo lì di fianco con la macchina». MILAZZO aveva una UNO bianca, ovviamente rubata, e che era stata procurata da MAZZARA. Lui lasciò lo stesso MAZZARA e l’ORLANDO a Salinagrande nei pressi dell’abitazione del MONTELEONE. I due attesero la vittima e non appena arrivò, gli spararono. Lui li raccolse e fuggirono.
MAZZARA utilizzò in quell’occasione un fucile cal. 12, mentre ORLANDO era armato solo di revolver cal. 38. Le stesse armi furono impiegate in occasione dell’omicidio successivo ai danni dell’agente MONTALTO.
Parla di lui anche Michele Mazzara, cugino di Orlando, definito “u Berlusconi di Dattilo”. Mazzara è stato ritenuto imprenditore al soldo della mafia, ma oltre alla sorveglianza speciale, varie inchieste, processi, sequestri di beni, l’accusa di essere organico all’organizzazione criminale non fu confermata. Orlando sarebbe stato il punto di contatto tra Mazzara e Vincenzo Sinacori, altro uomo di punta della mafia trapanese.
“Franco Orlando abitava a 50 metri da casa mia a Dattilo. L'ho conosciuto dopo che si fidanzò con mia cugina. Lui sapeva che io avevo una casa a Marausa e un giorno mi chiese se ero disposto a metterlo in contatto con alcune persone che affittavano la casa nel periodo estivo. Per me fu una cosa normale e mi adoperai. Presi contatti con il proprietario della casa, li feci incontrare e si misero d'accordo”. Quella casa doveva servire per ospitare Sinacori, allora latitante. “Io conobbi questo Sinacori, loro andavano in spiaggia, uscivano tranquillamente - raccontò Mazzara. Un giorno mentre leggevo il giornale vidi la sua faccia e lì ho capito che era latitante. Da quel giorno ho iniziato ad aver paura. Loro sono rimasti lì per altri 15 - 20 giorni. Dissi subito a Franco Orlando di essere preoccupato, mica sono stupido». Orlando pochi mesi dopo (nel dicembre 1996, operazione R.i.n.o) venne arrestato.
“A TRAPANI COMANDA FRANCO ORLANDO” . Ma queste appena raccontate sono storie del passato. C’è di nuovo che Franco Orlando non avrebbe smesso di avere un ruolo in Cosa nostra. Anzi, viene fuori che avrebbe avuto un ruolo di vertice, se non il capo, nella famiglia di Trapani.
E nel corso dell’operazione pionica sono diversi gli episodi che suggeriscono il ruolo primario di Orlando nella consorteria mafiosa. Come quello che dichiara Lorenzo Cimarosa. Lui non aveva dubbi, a Trapani comandava Franco Orlando. A dirglielo sarebbe stato Francesco Guttadauro, nipote di Messina Denaro, o Giovanni Filardo, cugino del super latitante. Cimarosa ricordò pure un'occasione in cui Filardo e Orlando parlarono. E questo è soltanto uno degli intrecci che accostano il nome di Franco Orlando a quello di Matteo Messina Denaro.
QUELLO DEL BAR. Con la moglie Vincenza Mazzara, Orlando gestisce l'Efri Bar in via Pepoli, a Trapani. Gli affari vanno bene. Ha anche il certificato di eccellenza di Trip Advisor per i cannoli.
C'è un episodio che sarebbe indicativo del ruolo di spicco di Orlando nel panorama mafioso della provincia di Trapani, dell'unitarietà dell'organizzazione anche tra diverse famiglie delle città trapanesi. Nell'ottobre 2013 Salvatore Crimi, uno degli arrestati nell'operazione Pionica, accusato di essere organico alla famiglia mafiosa di Salemi viene intercettato in auto con la moglie. La donna riferiva che avrebbe dovuto avvisare “quello del Bar” di aver preso in gestione un ristorante a Ummari, nel territorio di Trapani. “...agghire arrivare a Trapani...chiddru du bar la a Trapani, hai capito? Gli voglio dire che mi sono preso...che ho questo cosa droco, è giusto che glilo dica a quello, ne parliamo...”. Non ci sono dubbi per gli inquirenti che “quello del bar” sia proprio Orlando. Crimi e la moglie in sostanza chiedono ad Orlando il permesso di aprire un’attività a Trapani. E' un elemento che fa parte della consuetudine mafiosa, quella di avere la “benedizione” di chi controlla un territorio nell'aprire una certa attività, per sincerarsi anche che non dia fastidio agli affari di quel territorio. “La notizia doverosa che Crimi doveva fornire ad Orlando era legata al rispetto delle regole di competenza territoriale cui sono tenuti anche gli uomini d'onore (quale Crimi era ed è)”, sottolineano gli inquirenti. Il 20 ottobre 2013, il giorno dopo quell'incontro, Crimi, intercettato in auto con la moglie, dice che doveva andare da Michele Gucciardi per informarlo di due “cose” riferitegli da “quello di Trapani...quello che ha quel bar”, ossia Orlando. In sostanza Orlando doveva sposare la figlia e voleva l'aiuto di Crimi e di Michele Gucciardi per avere un contatto con il titolare di una sala ricevimenti di Marsala, ed eventualmente uno sconto. Poi Crimi doveva riferire a Gucciardi “due risposte” che aveva ricevuto da Orlando. Ma non si sa su cosa.
Orlando, infine, avrebbe in passato anche tentato di procurare un nascondiglio per Matteo Messina Denaro. Secondo quanto raccontò Michele Mazzara, Orlando (i due sono cugini) gli chiese di reperire una sistemazione a San Vito Lo Capo per il super latitante.
Giacomo Di Girolamo