Mafia: 12 arresti a Salemi. C'è anche Vito Nicastri. I retroscena e l'incontro con D'Alì
15,00 - Tra i nomi citati nell’ordinanza del gip Nicastro del Tribunale di Palermo spuntano quelli della famiglia D’Alì, i fratelli Giacomo e Antonio, ex sottosegretario all’interno, seguito e fotografato a incontrare i mafiosi di Vita e Salemi per trattare la vendita di terreni.
A Trapani il clan risulta avere intavolato trattative per l’affitto di un’ampia estensione terriera di proprietà della famiglia D’Alì, e nel settembre 2014 proprio il senatore D’Alì è stato visto incontrarsi con i mafiosi adesso arrestati, tra i quali il calatafimese Girolamo Scandariato, per contrattare l’affitto dei suoi terreni destinati a ospitare un impianto di “paulownia”, alberi destinati alla produzione di pregiato legname.
La circostanza risulta però smentita con una nota dalla famiglia D'Alì che ha detto che il terreno in questione è stato affidato ad una società di Girolamo Culmone, uno dei più noti esponenti del Wwf in Sicilia.
Qui la foto dell'incontro:
14,00 - Questa la lista completa degli arrestati: Michele Gucciardi, 65 anni, di Salemi; Salvatore Crimi, 60 anni, di Vita; Melchiorre Leone, 59 anni, di Vita; Giuseppe Bellitti, 49 anni, di Salemi; Gaspare Salvatore Gucciardi, 56 anni, di Vita; Vito Gucciardi, 58 anni, di Vita; Girolamo Scandariato, 50 anni, di Calatafimi; Roberto Nicastri, 56 anni, di Alcamo; Vito Nicastri, 62 anni, di Alcamo; Ciro Gino Ficarotta, 68 anni, di Palermo; Leonardo Ficarotta, 37 anni, di Palermo; Paolo Vivirito, 39 anni, di Palermo.
Questi invece gli indagati: Nicolò Scandariato, 23 anni, di Salemi; Anna Maria Crocetta Asaro, 48 anni, di Vita; Leonardo Crimi, 24 anni, di Vita; Francesco Cuomo, 45 anni, di Napoli; Emanuele D’Abundo, 50 anni, di Napoli; Vincenzo Fanara, 51 anni, di Salemi.
12,15 - "Accanto all'attività classica di Cosa nostra si affiancano accorgimenti che ci dimostrano che Cosa nostra è al passo con i tempi, non solo per gli affari ma anche per quanto riguarda la tutela dell'organizzazione. Si arriva ad usare delle accortezze contro le investigazioni, ma per fortuna le investigazioni sono arrivate a buon fine": Così gli investigatori durante la conferenza stampa per gli arresti dei dodici presunti fiancheggiatori del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro.
12,00 - Ricapitoliamo un po' tutto: Ci sono stati Dodici arresti per associazione mafiosa in un’operazione condotta da oltre 100 uomini: Carabinieri di Trapani e Dia, coordinati dalla Dda di Palermo. L’operazione nasce da un’inchiesta del 2014 su esponenti delle famiglie di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro. Parte del denaro derivante dagli investimenti delle cosche, sarebbe stata destinata al mantenimento di Messina Denaro, ricercato dal 1993. Sequestrati tre complessi aziendali intestati a terzi ma ritenuti strumento dell’organizzazione criminale. In carcere è finito anche Vito Nicastri, il “re dell’eolico”. Quello di Nicastri non è un nome nuovo: i suoi legami col boss gli sono costati sequestri per centinaia di milioni di euro. Di lui, tra gli altri, ha parlato il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, indicandolo come uno dei finanziatori della latitanza di Messina Denaro e ha raccontato di una borsa piena disoldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso Michele Gucciardi. Si tratta dei soldi derivanti dalla mediazione per la compravendita di un terreno.
11,45 - Ecco qua il comunicato stampa dei Carabinieri dove è descritta l'operazione di oggi, chiamata "Pionica":
Dalle prime luci dell’alba di oggi 13 Marzo oltre 100 uomini, tra Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e del Raggruppamento Operativo Speciale nonché personale della DIA, sono impegnati nell’esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal GIP presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della locale Procura della Repubblica, nei confronti dialtrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e favoreggiamento nonché fittizia intestazione di beni tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.
Il provvedimento giudiziario rappresenta l’esito di un’articolata attività investigativa, avviata nell’aprile del 2014 sotto il coordinamento della DDA- Procura della Repubblica di Palermo, che ha consentito di cristallizzare una serie di condotte criminose poste in essere da esponenti delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, ritenuti possibili favoreggiatori del latitante Matteo MESSINA DENARO.
Le indagini hanno consentito di individuare in CRIMI Salvatore e in GUCCIARDI Michele i capi famiglia della cosa nostra di Vita e Salemi e di assicurare alla giustizia diversi gregari.
Icitati soggetti, servendosi anche di professionisti nell’ambito di consulenze agricole e immobiliari, sono riusciti,attraverso la AGRI INNOVAZIONI s.r.l., società di fatto riconducibile al pregiudicato mafioso SCANDARIATO Girolamo, a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname.
I due importanti “uomini d’onore” hanno avuto un ruolo centrale nella gestione di una grossa operazione di speculazione immobiliare realizzata attraverso l’acquisto in un’asta giudiziaria di una vasta tenuta agricola di oltre sessanta ettari (sita in località Pionica del comune di Santa Ninfa) e la successiva rivendita alla VIEFFE, società agricola riconducibile ad imprenditori di San Giuseppe Jato, vicini ad ambienti mafiosi locali.
L’azienda agricola, di proprietà della moglie di SALVO Antonio, nipote dei noti esattori salemitani, i cugini Nino e Ignazio SALVO, sotto la regia di cosa nostra trapanese,veniva formalmente acquistata all’asta da NICASTRI Roberto, ritenuto prestanome del fratello Vito, noto imprenditore del settore eolico, già sorvegliato speciale di p.s., per poi essere ceduta alla VIEFFE per l’importo di 530.000 euro.
Il prezzo di vendita reale dei terreni è stato notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre duecentomila euro, sarebbe stata incassata dagli uomini di cosa nostra per la loro attività di “intermediazione immobiliare”.
Secondo le dichiarazioni del defunto collaboratore di giustizia CIMAROSA Lorenzo, corroborate dall’attività d’intercettazione svolta dagli inquirenti, parte di tale somma sarebbe stata destinata da GUCCIARDI Michele e Vito GONDOLA, già reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, al mantenimento del latitante Matteo MESSINA DENARO, che l’avrebbe ricevuta per il tramite proprio di CIMAROSA Lorenzo e GUTTADAURO Francesco, nipote prediletto del latitante, in atto detenuto.
GUCCIARDI Michele avrebbe inoltre costretto l’originaria proprietaria dei terreni a rinunciare ai propri diritti di reimpianto dei vigneti insistenti sulla tenuta agricola, onde consentire agli imprenditori di San Giuseppe Jato di ottenere finanziamenti comunitari per seicentomila euro circa, in parte distratti per pagare il prezzo d’acquisto della tenuta stessa.
Sempre GUCCIARDI Michele era riuscito a reinvestire il denaro della famiglia mafiosa di Salemi in terreni già riconducibili al mafioso MICELI Salvatore ,acquistati formalmente dalla moglie di GIGLIOSergio, recentemente condannato per associazione mafiosa, perché coinvolto nella veicolazione dei “pizzini” per Matteo MESSINA DENARO.
CRIMI Salvatore invece, attraverso la società AERRE s.a.s. di proprietà della moglie, è riuscito ad investire nel campo della ristorazione, aprendo un ristorante in località UMMARI, denominato “La Pergola”.
SCANDARIATO Girolamo, inoltre, viene chiamato a rispondere anche del reato di estorsione aggravata da metodo mafioso per aver svolto il ruolo di mediatore mafioso in un’estorsione perpetrata ai danni di alcuni imprenditori che avevano acquistato un terreno agricolo in Castelvetrano, sul quale avrebbe vantato diritti di proprietà (occulta) il defunto boss mafioso Totò RIINA.
Le società AERRE s.a.s.,nonché il 25% del capitale sociale della AGRI INNOVAZIONI (quota fittiziamente intestata a SCANDARIATO Nicolò, figlio di Girolamo) sono state poste a sequestro preventivo finalizzato alla confisca poiché, seppur fittiziamente intestate a terzi, in realtà sono risultate riconducibili a soggetti facenti parte dell’organizzazione mafiosa.
Il sequestro della VIEFFE soc. agr. si è invece reso necessario poiché si è accertato essere un’impresa, a tutti gli effetti, a partecipazione mafiosa, fungendo da strumento per il perseguimento dei fini economici dell’organizzazione criminale.
11,30 - In merito al coinvolgimento della famiglia D'Alì nell'operazione (nessuno di loro comunque è indagato), arriva questa nota firmata da Giacomo, Pietro e Antonio D'Alì Solina: «Con riferimento agli articoli di stampa oggi comparsi in merito all'operazione antimafia nei confronti di presunti fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro ci preme precisare quanto segue: è stato stipulato nell'anno 2014 un contratto d'affitto relativo a terreni di proprietà di nostra madre, Maria Solina ved. D'ALI', poi scomparsa nel 2016, in contrada Chinea del comune di Trapani. La controparte è la società "PAULOWNIA SOCIAL PROJECT s.r.l." con sede in Roma, nella via Famiano Nardini, iscritta presso la C.C.I.A.A. di Roma, rappresentata in qualità di amministratore unico dal sig. Girolamo Culmone, noto esponente del WWF. La trattativa precedente il contratto si è svolta direttamente con lo stesso e con i legali della società, e senza alcun intermediario, almeno da parte nostra, comportando anche, com'è inevitabile, verifica della idoneità dei terreni sul sito». Quindi, i terreni appartenevano alla madre, e sono stati affittati, per piantare paulonia, alla società di Girolamo Culmone, ex direttore della Riserva delle Saline di Trapani e Paceco.
11,15 - L'indagine racconta l'unione delle famiglie di Calatafimi - Vita - Salemi, nella gestione compatta dell'attività per favorire la latitanza di Matteo Messina Denaro. "Le lamentele nei confronti di Messina Denaro sono solo episodiche" racconta Russo. Termina così la conferenza stampa al comando provinciale dei Carabinieri. Vi ricordiamo che la potete vedere integralmente dal player qui in basso.
11,10 - Nicastri viene arrestato perchè entra appunto nell'affare della "paulonia". Secondo gli investigatori Matteo Messina Denaro, nel 2012, ha ricevuto i soldi del "pizzo" sulla compravendita del terreno. E' stato Cimarosa a raccontare della borsa alla Dia, che ha poi ricostruito tutta la vicenda. Cimarosa è stato arrestato nel 2013, e collocava ad un anno prima, il 2012, la vicenda. Le vicende interessate tra l'altro riguardano il periodo 2012 - 2015. Perchè gli arresti solo oggi. "Per scandagliare tutta la vicenda - spiega Russo -, considerando che Cosa nostra è un'organizzazione complessa".
11,05 - Gli investigatori si rifiutano di rispondere alle domande su Antonio D'Alì, perchè non è indagato. L'indagine, a proposito, nasce da alcuni servizi di osservazione sugli elementi della famiglia mafiosa di Salemi, nel 2014, ritenuti fiancheggiatori di Messina Denaro. I mafiosi hanno investito in coltivazione su un legno particolare, pregiato, nel caso specificio la "paulonia". I contributi pubblici gli sono arrivati, invece, come contributi per l'espianto dei vigneti.
11,00 - Il terreno in questione è stato pagato una parte in nero, mentre per un'altra parte si è ricorso ai finanziamenti pubblici. Anche in questa operazione risaltano le capacità imprenditoria di Cosa nostra. Da qui potete vedere la diretta Facebook della conferenza stampa.
10,55 - "E' stata - spiega Lo Pane della Dia - una operazione interforze che ha consentito di scoprire un'operazione per la vendita di due terreni che appartenevano ai cugini Salvo. Cosa nostra si è infiltrata e ha condizionato le aste giudiziarie, acquistando terreni importanti per pochi spiccioli. Si tratta di ben 60 ettari".
10,30 - – Si consuma anche attraverso operazioni di compravendita sui vigneti che furono dei potenti esattori Salvo la latitanza dorata di Matteo Messina Denaro.
Al numero uno di Cosa nostra sarebbe finita una parte dei 700 mila euro ricavati da una acrobatica manovra finanziaria partita quattro anni fa da un’asta giudiziaria truccata. Il tutto su una vasta proprietà degli eredi Salvo. Con regia del cosiddetto re delle pale eoliche, il potente Vito Nicastri già travolto da altre inchieste, arrestato all’alba con altri 11 boss, alcuni dei quali in contatto perfino con un l' ex sottosegretario agli Interni, Antonio D’Alì. Un incontro eccellente. Una inquietante presenza filmata dai carabinieri di Trapani con video e alcune foto che ritraggono il parlamentare accanto ad Antonio Gucciardi, due suoi fratelli e Girolamo Scandariato, tutti incriminati per associazione mafiosa nel blitz coordinato dalla procura di Palermo e attuato con i carabinieri dalla Dia.
09,40 - Inomi dei principali arrestati: Vito Nicastri, “il signore del vento” come lo definì alcuni anni fa il Financial Times (molti oggi lo definiscono "un insospettabile", ma Tp24.it ha scritto inchieste su Nicastri a partire dal 2012); i capi delle famiglie di Vita e Salemi, Salvatore Crimi e Michele Gucciardi; l'imprenditore boss Girolamo Scandariato, che voleva investire in un appezzamento della famiglia di Antonio D'Alì, l'ormai ex senatore di Forza Italia.
06,30 - Caccia a Matteo Messina Denaro, 12 arresti all'alba di oggi a Salemi e Vita, nel Belice, c'è anche l'imprenditore Vito Nicastri.
Oltre cento gli uomini impegnati nel blitz fra carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, del Raggruppamento operativo speciale e della Dia. L'inchiesta è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. I reati contestati sono associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, favoreggiamento e intestazione fittizia di beni.
Al centro delle indagini imprenditori che hanno aiutato la latitanza del capo di Cosa Nostra, tra cui Vito Nicastri. Sotto sequestro finiscono tre complessi aziendali.
Già nel 2014 era emerso che le famiglie mafiose di Vita e Salemi erano tra le più attive sul territorio trapanese e le più vicine al padrino di Castelvetrano. Ora vengono svelati i nuovi affari e il controllo del territorio attraverso le estorsioni.
Di Vito Nicastri (che oggi parte della stampa definisce "insospettabile") ci siamo occupati diverse volte su Tp24.it, anche per il maxi sequestro di beni che ha subito. E' “il signore del vento” come lo definì alcuni anni fa il Financial Times: il re degli impianti eolici. Secondo Lorenzo Cimarosa, il cugino di Messina Denaro che per primo ha svelato i segreti della famiglia mafiosa, Nicastri avrebbe consegnato una "borsa piena di soldi" al capomafia Michele Gucciardi, dopo aver concluso un affare. Poi, la borsa passò a Cimarosa, e da lui al nipote di Messina Denaro, Francesco Guttadauro. Attenzione, siamo nel 2012.
Quella borsa arrivò sicuramente a Messina Denaro. Ma da allora non ci sono più sue tracce.
Ecco il comunicato dei Carabinieri:
Dalle prime luci dell’alba di oggi è in corso una vasta operazione che vede impegnati oltre 100 uomini, tra Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e del Raggruppamento Operativo Speciale nonché personale della DIA, finalizzata all’esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della locale Procura della Repubblica, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e favoreggiamento nonché fittizia intestazione di beni tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.
L’operazione costituisce l’esito di un’articolata attività investigativa, avviata nell’aprile del 2014 sotto il coordinamento della DDA di Palermo, che ha consentito di cristallizzare una serie di condotte criminose poste in essere da esponenti delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, ritenuti possibili favoreggiatori del latitante Matteo MESSINA DENARO.
Le indagini hanno consentito di individuare i capi delle famiglie della cosa nostra di Vita e Salemi e di assicurare alla giustizia diversi gregari.
Gli arrestati, servendosi anche di professionisti nell’ambito di consulenze agricole e immobiliari, sono riusciti, attraverso società di fatto riconducibili all’organizzazione mafiosa ma fittiziamente intestate a terzi, a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname nonché in attività di ristorazione.
L’attività d’indagine svolta dagli inquirenti ha consentito di accertare che parte del denaro derivante dagli investimenti sarebbe stata destinata, dai vertici di cosa nostra trapanese, al mantenimento del latitante Matteo MESSINA DENARO.
Contestualmente sono stati posti in sequestro tre complessi aziendali, comprensivi dell’intero complesso immobiliare nonché dei relativi mezzi d’opera, fittiziamente intestate a terzi ma ritenute strumento per il perseguimento dei fini economici dell’organizzazione criminale.
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