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09/03/2018 06:00:00

Spariti i soldi delle tasse pagate dai siciliani. Casi a Trapani e Castelvetrano. Indagini

 Venti milioni e mezzo di euro di tasse pagate dai siciliani spariti nel nulla. La Corte dei Conti Sicilia ha scoperto che 56 Comuni siciliani che avevano affidato il servizio di riscossione tributi a società che poi, pur avendo incassato le tasse, non hanno gli hanno girato i soldi.


Soldi spariti che i sindaci difficilmente recupereranno.
I servizi di riscossione tributi negli ultimi anni, in molti Comuni, sono stati affidati a società spesso inaffidabili, a volte neppure iscritte all’albo di settore. Società che hanno preso i soldi, non hanno versato un centesimo, e si sono dichiarate fallite. Così neanche un euro arriverà nelle case dei Comuni. L’inchiesta portata avanti dalla Procura della Corte dei Conti ha scoperto un sistema che mette ancora più in crisi la situazione finanziaria dei Comuni siciliani. Gli incarichi di riscossione sono stati affidati a società che già in passato avevano avuto problemi con la giustizia.
Tra i Comuni rimasti a bocca asciutta c’è Trapani, che ha perso un milione 919 mila euro. E Castelvetrano che ha perso 66 mila euro.


Ma ce ne sono altri di Comuni siciliani che si sono visti soffiare i tributi pagati dai propri cittadini. Motta Sant’Anastasia 3,9 milioni, Termini Imerese un milione e 340 mila euro, Naro un milione e 484 mila euro, Augusta 900 mila, Priolo un milione e 34 mila euro.
Si tratta di incassi di tributi locali, come Ici, Imu, Tassa sui rifiuti e altri. La Procura della Corte dei Conti si chiede come sia stato possibile che i sindaci abbiano affidato il servizio di riscossione a società - che poi hanno trattenuto i soldi senza versarli ai Comuni - che già in passato per inchieste giudiziarie facevano puzza di fuffa. Come hanno fatto i Comuni ad affidare questi servizi con procedure dirette?


Molti Comuni, ad esempio, si sono affidati a Tributi Italia, o società che sono state poi rilevate da questa e che nel passato hanno avuto vicissitudini giudiziarie. Vicende che non sono collegate con quello che sta succedendo adesso. Nel 2012 la Guardia di finanza di Genova arresta Giuseppe Saggese, all'epoca amministratore della società che ha sede amministrativa a Chiavari e sede legale a Roma. Nell’inchiesta si stimava a 100 milioni di euro l’importo non corrisposto ai Comuni da Tributi Italia e dalle sue controllate. Saggese fu accusato di aver intascato 15 milioni di euro delle tasse pagate dai contribuenti e attraverso altri giri avrebbe comprato beni di lusso come auto, case, barche. Poi venne assolto.

Tributi Italia avrebbe acquisito altre società di riscossione in difficoltà e non avrebbe proceduto al risanamento delle stesse. Tra queste c’è la San Giorgio, che si occupava della riscossione a Trapani. Tributi Italia, prima di finire in amministrazione giudiziaria, controllava la riscossione di 400 comuni italiani. Ma questa non è stata l’unica inchiesta che l’ha coinvolta.
Adesso la Corte dei Conti vuole capire come sia stato possibile che i sindaci, anzichè affidare la riscossione a Equitalia o Riscossione Sicilia, dal 2009 in poi abbiano scelto queste società non proprio limpide. E non sono poche le sentenze e le inchieste giudiziarie che sollevano dubbi.
Nel 2017 ad esempio la Corte dei Conti ha emesso 32 sentenze su questo tipo di vicende. A gennaio per il mancato versamento al Comune di Rosolini dei tributi riscossi tra il 2005 ed il 2009, la Corte dei conti ha dichiarato la responsabilità contabile di Tributi Italia spa in amministrazione straordinaria dal 2010 condannando la società al pagamento di 587.712 euro. 
Ma spesso i Comuni restano senza nulla in mano,
visto che queste società falliscono o si trovano in amministrazione controllata.
Un altro caso è quello dell’Aipa, che si occupava della riscossione tributi a Marsala. La Corte dei Conti lombarda, lo scorso autunno, ha condannato in via solidale l'Aipa Spa e l'ex presidente del consiglio di amministrazione, a risarcire il complessivo danno pari ad € 1.475.999,75 da suddividersi a favore dei Comuni della Lombardia. Ma non sono stati gli unici ad aver subito il buco dell’Aipa.
La società fu coinvolta in un’inchiesta sul mancato versamento di tributi riscossi a circa 400 Comuni in Lombardia.
Poi ci fu il passaggio dell’Aipa alla Mazal. Stessa cosa. La Mazal, nella primavera 2016 è finita sotto inchiesta per bancarotta e a fine Marzo dello stesso anno è stata posta sotto sequestro dalla Procura di Milano. Poi il Comune di Marsala e la Mazal Global Solution hanno deciso di chiudere in anticipo il contratto sulla riscossione della Tassa sui rifiuti.
Adesso la procura della Corte dei Conti ha raccolto le informazioni su 56 Comuni siciliani truffati dalle società di riscossione. Ma potrebbero essercene degli altri, e si controllerà se ci sono state responsabilità delle amministrazioni.



Native | 2024-12-20 09:00:00
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