Il giudice delle udienze preliminari di Palermo Maria Cristina Sala ha condannato undici delle 13 persone coinvolte nell’operazione antimafia “Ermes 2”. L’indagine, condotta dalla polizia, il 20 dicembre 2016, sfociò nell’arresto, a Mazara, di Epifanio Agate, 44 anni, figlio del defunto boss mafioso Mariano Agate, fedelissimo dei “corleonesi” in provincia di Trapani, dei fratelli Carlo Antonio e Giuseppe Loretta, di 51 e 37 anni, e di Angelo Castelli, di 72.
Solo ai due fratelli Loretta è stata contestata l’associazione mafiosa, mentre ad Epifanio Agate l’estorsione aggravata dal metodo mafioso e attribuzione fittizia ad altri di quote delle società “My Land” e “Fishmar” per evitarne la confisca da parte dello Stato.
Agate è stato assolto, però, dall’accusa di estorsione e condannato per l’intestazione fittizia (tre anni e 8 mesi di carcere). Le pene più severe sono state per i fratelli Loretta, condannati sia per associazione mafiosa che per attribuzione fittizia ad altri di quote di società (“Mestra” e “Medioambiente”).
Carlo Antonio Loretta è stato condannato a 14 anni di carcere, mentre il fratello Giuseppe a 7 anni e 8 mesi. Due anni di reclusione, poi, per Angelo Castelli, accusato di favoreggiamento a Cosa Nostra.
Per intestazione fittizia, due anni anche per Grazia Maria Vassallo e Vita Anna Pellegrino, mogli di Giuseppe e Carlo Antonio Loretta, un anno e 8 mesi per Rachele Francaviglia, moglie di Epifanio Agate, un anno e mezzo al castelvetranese Filippo Siragusa, giornalista, ex portavoce di Mimmo Turano durante la presidenza alla Provincia di Trapani ed ex collaboratore del Giornale di Sicilia, un anno e 4 mesi a Nicolò Passalacqua, un anno e 2 mesi alla russa Nataliya Ostashko, dieci mesi e 20 giorni per Francesco Mangiaracina, marito di Nataliya Ostashko e cognato dell’ex capomafia mazarese, poi pentitosi, Vincenzo Sinacori. Per Passalacqua e Francaviglia pena sospesa.
Assolti, invece, Andrea Alessandrino e Paola Bonomo, dipendenti della “Mestra”, accusati di attribuzione fittizia di quote “Medio Ambiente”, che i Loretta, secondo l’accusa, avrebbero costituito per poter partecipare ai lavori di ristrutturazione dell’ospedale di Mazara dopo l’interdittiva antimafia emessa dalla prefettura per la Mestra.
Alessandrino e Bonomo sono stati difesi, rispettivamente, dagli avvocati Walter Marino e Vito Perricone. Tra gli altri legali impegnati, Luigi Pipitone, Ninni Reina, Paolo Paladino, Giuseppe Pinta e Federico Gaito.
“L’indagine Ermes 2 – hanno spiegato gli investigatori subito dopo gli arresti - conferma il pieno inserimento dei fratelli Loretta e delle loro aziende (Mestra e Medio Ambiente) nella famiglia mafiosa di Mazara. Infatti, gli stessi, anche presso la sede della Mestra, organizzavano incontri e riunioni con i noti Gondola Vito, Cimarosa Lorenzo, Giappone Vincenzo, Giglio Sergio, Lombardo Ignazio e Marino Baldassare”..
Fondamentale per lo sviluppo dell’indagine è stato il summit mafioso documentato dalla Squadra Mobile di Trapani la mattina del 2 marzo 2010 nelle campagne tra Mazara e Castelvetrano. “Nell'occasione – dicono gli investigatori - si accertava la presenza del vecchio capo decina Marotta Antonino (poi deceduto il 3 aprile 2013 e ritenuto fino alla sua morte il reggente della cosca mafiosa castelvetranese) e del Gondola Vito, inteso “Coffa”, nei fatti il reggente della cosca mazarese (poi deceduto anche lui, ndr), incontro che certamente era stato concordato anche a seguito del diretto volere del boss mafioso latitante Messina Denaro Matteo. All'incontro aveva presenziato pure Loretta Carlo, che aveva accompagnato il Gondola e il cugino di Messina Denaro Matteo, Filardo Giovanni. Era chiaro che un così importante vertice dei maggiori rappresentanti delle cosche di Mazara e Castelvetrano altro non poteva trattare che la spartizione dei proventi derivanti dall'esecuzione di appalti”.