«Allontaneremo il mare!» I più abusivi di tutti gli abusivi dell’Italia abusiva, definizione che a Triscina rifiutano sdegnati, assicurano d’aver avuto un’idea geniale: per difendere dalle ruspe le case fuorilegge tirate su entro i 150 metri dall’acqua basterà spostare il Mediterraneo un po’ più in là. Eureka! Di Silvio Berlusconi e del terzo condono promesso per vincere le elezioni di domenica prossima, infatti, dicono di non fidarsi: «Ci ha traditi». Ma dai! Gli ambientalisti italiani dicono che nessuno è mai stato così di manica larga? Macché, Biagio Sciacchitano e i ribelli dell’associazione «Triscina sabbia d’oro» negano: «Speravamo tanto anche le altre volte, invece…» Vada come vada, spiegano, meglio puntare appunto sull’allargamento della spiaggia partendo dalla posa in mare di «144 attenuatori d’onda» in cemento armato «al fine di realizzare 12 isole di ripascimento» per circa 500 metri di costa. Costi? «Mille euro al metro». Se poi andasse bene, la tecnica potrebbe essere applicata a tutto il tratto di litorale: cinque chilometri. Spesa totale definitiva: «Cinque milioni». Uno a chilometro. Meno della metà di quanto i comuni balneari più virtuosi veneti o emiliani spendono di sola manutenzione annuale. Sul serio? Mah… Obiettivo: «La formazione della nuova linea di battigia» così che «vengano rispettati i parametri previsti andandosi ad evitare eventuali demolizioni». Ed ecco fregata la legge. Tié!
Che le seimila case di Triscina sul litorale di Castelvetrano siano state costruite nel caos più scalcagnato, che siano a un tiro di fionda da Selinunte (chissà cosa hanno sepolto certe oscene escrescenze cementizie), che siano di una bruttezza inarrivabile («è vero, ma perché abbellirle se poi ce le buttano giù?») ai ribelli non importa tanto. Men che meno che siano (quasi) tutte seconde case: indifendibili. Ormai ci sono, perché abbatterle? E il prof. Sciacchitano si avvita in un letale esame di leggi e leggine, commi e codicilli imperscrutabili «che dimostrano, carta canta, contraddizioni insanabili le quali, indubitabilmente, confermano la liceità delle lottizzazioni o quanto meno il diritto al condono». E spianando sul tavolo foto aeree, elaborati planimetrici e progetti vidimati dall’ufficio tecnico di Castelvetrano nel gennaio 1964 insiste: tutto regolare. «I delinquenti veri, se mai, sono quelli del Comune che per anni e anni han lasciato costruire di tutto». E in ogni caso, spiega ogni proprietario delle case abusive da demolire: «Pecché a mmia?». «Anche la chiesetta che frequentiamo d’estate, a Triscina, è abusiva. E pure la sede estiva del Comune», contesta Giovanni Rizzo, «e davanti a casa mia, che è tra quelle da abbattere, ce ne sono almeno sei che sono più vicine alla battigia». Giovanni Crescenti giura di essere stato bidonato dal notaio: «Che ne potevo sapere, io, meschino, che la casa non era in ordine? Dal notaio la comprai: dal notaio! Le ruspe! A noi! Poveracci siamo. Puzziamo di fame…» Giudizi divisi. Di qua c’è chi esulta: «Era ora, ancora non ci credo...» o «Sicuramente è una grande possibilità per migliorare uno schifo di borgata che le vostre generazioni ci hanno lasciato gentilmente in dono». Di là chi sbuffa: «Ci sono priorità maggiori a Castelvetrano, vedi le vie cittadine invase di mucchi di spazzatura…».
Felice Errante, avvocato, ultimo sindaco dimissionato dallo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose (nonostante lui mostri piccato un riepilogo di iniziative antimafia e lettere di stima del prefetto di Trapani o dell’allora presidente regionale dell’Antimafia Nello Musumeci) è d’accordo con i contestatori: «Di questi tempi, spendere tre milioni di euro per demolire un po’ di case abusive…» Che i tempi siano durissimi è noto. Basti ricordare, un paio di mesi fa, la rivolta degli abitanti di Castelvetrano contro la denuncia del commissario Salvatore Caccamo inviato dal Viminale a mettere il naso nei conti: 42 milioni di buco finanziario, una evasione stratosferica delle tasse e dei vari tributi comunali, un caos nella gestione del personale. Due numeri dicono tutto: tra dipendenti stabili, precari a contratto e Lsu sono 400. Quasi il triplo dei 146 fissati dalla tabella ministeriale sul rapporto dipendenti/abitanti «per gli Enti in condizioni di dissesto». Dissesto, sia chiaro, mai dichiarato. Nonostante le parole usate anche dal commissario precedente, l’ex magistrato Francesco Messineo, che scrisse di «una indiscriminata distribuzione “a pioggia”» di soldi e di somme «significative (…) polverizzate in una miriade di iniziative eterogenee» per «accontentare il maggior numero possibile di richiedenti». Leggi «clientes». Anzi, lo stesso buco è contestato sia da Errante sia da altri amministratori del passato: «Non è un buco: si tratta di 42 milioni di residui attivi che si sono trascinati per anni. Partinico ne ha per 44 milioni, Sciacca per 38, Marsala per 49…»
Perché «svergognare i nostri cittadini facendo passare tutti per evasori?» Una vigilessa della polizia municipale precisa: «Poteva dir le cose con più garbo». Errante va oltre: «Delegittimando le istituzioni ha fatto, spiace dirlo, un favore alla mafia». «E in che modo, scusi, avrei delegittimato le istituzioni?», ribatte il funzionario dello Stato, «Controllando le entrate e le uscite? Non capisco. Non vedo il senso». Quanto ai residui attivi, «non c’è banca al mondo che, dopo tanti anni, non li considererebbe ormai crediti inesigibili». Quando prese possesso dello studio immenso del sindaco cui si accede per scale e scalette, si sentì dire: «Eccellenza, c’è un problema: l’ascensore». Mancavano i soldi per la riparazione. E quelli per il riscaldamento. E quelli per mille altre cose quotidiane. «Manca tutto. Dovrebbero entrare almeno 45 milioni l’anno, ne entrano 15. E quelli che entravano sono serviti per anni a pagare più che altro gli stipendi dei dipendenti». Anche per questo, nonostante le vacche magre, pensa che occorra cominciare ad abbattere le prime 166 case abusive di Triscina che aspettano da decenni a dispetto delle sentenze esecutive. Per affermare il principio che lo Stato c’è anche qui. Nella città natale di Matteo Messina Denaro. Ma chi arriverà prima: le ruspe o un condono tombale? Le elezioni di domenica si giocano anche su questo.
28 febbraio 2018 - Gian Antonio Stella, Il Corriere della Sera