Il procuratore generale della Corte d’appello di Palermo ha chiesto la conferma delle condanne (in tutto, 80 anni di carcere) che il 2 maggio 2016 il gup Walter Turturici inflisse a sei presunti esponenti o fiancheggiatori del clan mafioso capeggiato da Matteo Messina Denaro coinvolti nell’operazione antimafia “Ermes” del 3 agosto 2015.
L’indagine consentì di fare luce sull’ultima rete di “postini” al servizio del boss latitante castelvetranese. In primo grado, sono stati condannati a 17 anni di carcere ciascuno l’imprenditore Giovanni Domenico Scimonelli, presunto boss di Partanna (Tp), un “colletto bianco” ritenuto tra gli uomini più vicini a Messina Denaro (avrebbe reinvestito anche in Svizzera i soldi del boss), il presunto capomafia di Salemi (Tp) Michele Gucciardi e Pietro Giambalvo, uomo “d’onore” della “famiglia” di Santa Ninfa (Tp).
Rispettivamente 13 e 12 anni furono, invece, condannati Vincenzo Giambalvo, altro presunto esponente del clan di Santa Ninfa, e il salemitano Michele Terranova. Per favoreggiamento alla mafia, 4 anni di carcere furono, infine, inflitti all’autotrasportatore Giovanni Loretta, di Mazara del Vallo. Il gup dispose, inoltre, risarcimenti danno in favore delle parti civili: Sicindustria e Associazione antiracket e antiusura Trapani (rappresentate dall’avvocato Giuseppe Novara), Comuni di Castelvetrano e Salemi, l’associazione antiracket “La Verità Vive” di Marsala (avvocato Peppe Gandolfo), Antiracket Alcamese e Centro studi “Pio La Torre”. Lo scorso 17 gennaio, Giovanni Domenico Scimonelli, titolare di un supermercato a Partanna, è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise di Trapani in quanto ritenuto mandante dell’omicidio di Salvatore Lombardo, ucciso con due fucilate, a Partanna, davanti il bar “Smart Cafè”, il 21 maggio 2009. Scimonelli, difeso dall’avvocato Calogera Falco, si sarebbe occupato anche delle finanze di Cosa Nostra. Avrebbe anche tentato di avvicinare un funzionario del ministero dello Sviluppo Economico per ottenere un finanziamento di 700 mila euro. Inoltre, i suoi frequenti viaggi in Svizzera (Scimonelli aveva un ufficio a Milano), secondo gli inquirenti, potrebbero essere stati compiuti per conto del boss che, oltre i confini nazionali, nasconderebbe le ingenti ricchezze accumulate. Dalle indagini, svolte da polizia e carabinieri sotto il coordinamento della Dda, è emerso che lo smistamento dei “pizzini” sarebbe avvenuto in due masserie nelle campagne di Mazara e Campobello di Mazara, di proprietà del defunto capomafia mazarese Vito Gondola e Michele Terranova. Matteo Messina Denaro, sempre più solo, si sarebbe rivolto a Gondola, detto “Vito Coffa”, dopo l'arresto della sorella Patrizia e del nipote Francesco Guttadauro. Rigide le regole imposte sulla comunicazione: i messaggi dovevano essere letti e distrutti e le risposte dovevano giungere entro termini prefissati, al massimo 15 giorni. Le intercettazioni hanno svelato che era Gondola ad occuparsi della distribuzione dei biglietti arrivati dal latitante. Destinatari: una rete di dieci persone. E in attesa della consegna, il vecchio mafioso nascondeva i pizzini sotto un masso. A difendere gli imputati sono gli avvocati Calogera Falco, Enzo e Enrico Trantino, Paolo Paladino, Luigi Pipitone, Walter Marino, Domenico Trinceri. Subito dopo la sentenza di primo grado, l’avvocato Paladino, legale di Giambalvo, dichiarò: “Faremo appello. Anche perché, al di là della prova del reato, che è molto discutibile, sorprende la severità della pena inflitta, che è davvero spropositata”. Considerato, infatti, che l’abbreviato prevede lo “sconto” di un terzo della pena prevista dalla legge, i difensori rimasero, infatti, di stucco alla lettura della sentenza. Altre quattro persone coinvolte nell’operazione “Ermes” sono state giudicate con rito ordinario davanti il Tribunale di Marsala, che lo scorso 22 dicembre ne ha condannate tre. La pena più severa, 13 anni e 4 mesi, è stata inflitta a Sergio Giglio, 47 anni, allevatore, pregiudicato, di Salemi. A 12 anni, invece, è stato condannato Ugo Di Leonardo, 75 anni, ex geometra del Comune di Santa Ninfa, fino a quel momento incensurato. Tre anni e 4 mesi, infine, per Leonardo Agueci, di 29, ragioniere, di Gibellina, anche lui fino alla sentenza incensurato. Assolto, invece, Giovanni Mattarella, di 51 anni, commerciante, genero di Vito Gondola. Quest’ultimo era il principale imputato del processo, ma è deceduto per una grave malattia, all’età di 79 anni, nella notte tra il 12 e il 13 luglio 2017, all’ospedale di Castelvetrano.