Osservo Marsala o meglio il comprensorio vitivinicolo che da Marsala si estende ai comuni limitrofi, cioè l'agro Marsalese. Si tratta di un comprensorio vasto, fatto di tanto lavoro, di tanto sacrificio umano, lo osservo anche nel tempo, quando le aree viticole erano meno estese, quando il lavoro umano era tanto ma al tempo stesso, la ricchezza che generava ripagava ogni sacrificio; una ricchezza che in passato si è diffusa sul territorio.
L'agro Marsalese nel periodo della vendemmia era un formicolio di persone che si recavano nelle campagne, i carretti che andavano e venivano carichi d'uva. I carretti via via sono stati sostituiti dai camion ma era sempre un piacere vedere con quale gioia si andava a vendemmiare, era un evento che coinvolgeva tutti, grandi e piccini, anziani e giovani, uomini e donne.
Da qualche decennio a questa parte la vendemmia non è più quell'evento sociale che coinvolgeva tutti, le macchine per la raccolta dell'uva ormai la fanno da padrona, è come se la vendemmia fosse diventata qualcosa di cui sbarazzarsi al più presto.
Ma la disaffezione non è dovuta all’uso della macchina, essa è dovuta invece ai bassi ricavi che si ottengono dalla vendita dell'uva. I prezzi, sono al disotto dei costi di produzione, mediamente sono di 20-30 centesimi di euro per Kg di uva e non ripagano affatto i sacrifici fatti.
Per capirci, quando si compra una bottiglia di vino da 75 cl, al nostro agricoltore per quella bottiglia vanno mediamente 20 centesimi, pochissimo rispetto al prezzo di vendita finale.
Vi siete mai chiesti per quale motivo il vino genera ricchezza in tutto il mondo, tranne che qui? Siamo forse l’eccezione alla regola?
Qualcuno può pensare che ciò è causa della crisi, niente di più sbagliato! Basta estendere lo sguardo al di fuori del nostro comprensorio, e restando sempre in Sicilia i prezzi delle uve sono almeno il doppio o il triplo di quelli che si praticano nell'agro Marsalese. Nel resto del mondo va ancora meglio, il business che genera il comparto vitivinicolo è strabiliante, se digitate su un motore di ricerca “salary manager of vineyard”, cioè il salario per chi gestisce il vigneto, vi apparirà un salario che oscilla tra 50.000 e 80.000 Dollari per anno.
Ma del resto, se torniamo nel nostro territorio e guardiamo bene in mezzo a tanti che fanno la fame, c'è qualcuno che fa business vendendo bottiglie di vino (da 75 cl), giustamente, a non meno, di 8-10 euro a bottiglia; e tutto ciò pagando le uve sempre a 20-30 centesimi per Kg, creando dunque una plusvalenza vertiginosa che incassa per intero, senza nessun vantaggio per il viticoltore e per il territorio.
Qualcosa non torna, la causa o meglio le cause sono molteplici e analizzarle diventa complesso, tutte hanno un comune denominatore: mantenere i prezzi alla produzione bassi per creare altrove le plusvalenze.
Quello che è interessante, è la soluzione che potrebbe porre rimedio a questo problema. La Sicilia ha una produzione media annua compresa tra i 5 e 6 milioni di ettolitri di vino, di cui la metà ricadono nel nostro agro Marsalese, ossia circa 3 milioni di ettolitri. Questo significa, che la produzione del vino in questo territorio è un bene pubblico, da cui dipendono le sorti economiche e sociali di una larga maggioranza di popolazione; se poi consideriamo che l'agricoltore cede le uve alle cooperative per produrlo, ancora di più possiamo affermare che il vino è un bene pubblico.
La vendita del vino però segue canali e logiche privatistiche, cioè poca o scarsa chiarezza dei prezzi di compravendita, dei volumi, della qualità, del destinatario. Tutto ciò, ovviamente, rende comprensibile la presenza occulta di interessi personali legati a questo business. Tradotto, non è detto che il vino venga venduto al miglior offerente, o che il miglior offerente abbia libero accesso all'acquisto del vino.
La soluzione è rendere pubbliche queste contrattazioni con la vendita del vino sfuso tramite un'asta pubblica del vino, una vera e propria Borsa del vino, dove procedendo per campioni, con tanto di certificato di analisi a corredo, ne verrebbe battuto pubblicamente il prezzo e la cessione al miglior offerente.
Una Borsa del vino, sarebbe snella ed economica, basterebbe un pubblico ufficiale e un segretario, si farebbe chiarezza sui prezzi, sulle quantità in vendita e sulle qualità prodotte dalle cooperative locali ed infine, renderebbe accessibile a chiunque l'acquisto del vino.
I vantaggi sarebbero tali da ripagare abbondantemente i costi, solo che i vantaggi sarebbero per tanti e gli svantaggi sarebbero per i pochi che attualmente tessono le fila del commercio del vino nel nostro agro Marsalese e incassano, da soli, tutto il valore aggiunto generato.
Si potrebbe fare anche altro per migliorare e dare dignità a questo comparto in questo territorio, però mi sento di concludere, perché già una soluzione così semplice e migliorativa per molti, che lede gli interessi dei pochi e che richiederebbe un impegno politico di spessore, non prenderà mai piede nel nostro territorio, nemmeno nel mondo dei sogni da dove stavo osservando nel tempo e nello spazio l'agro Marsalese.
Vincenzo Zerilli