Luca Traini, l’uomo che oggi ha provato a fare una strage razzista a Macerata, poteva essere benissimo uno dei centinaia di “cittadini indignati” che ogni giorno vengono intervistati in tv per “dare voce alla pancia del paese”. Poteva anche far parte di una delle interviste montate da Luca Miniero in Sono tornato, il film a metà tra fantapolitica e documentario sull’immaginario ritorno di Mussolini oggi, in mezzo ai vari italiani che biascicano che non ce la fanno più, che l’invasione è troppa, che blaterano di sostituzione etnica. Del resto il genere di verminaio razzista che ogni giorno nutrono leghisti e neofascisti in tv, in rete, a partire dai leader Matteo Salvini, Simone Di Stefano, Giorgia Meloni, non è così dissimile da quello che Traini alimentava e con cui si autocaricava, secondo le testimonianze, al bar o in palestra: che vanno fermati questi negri, con le buone o con le cattive, che vanno prese le armi, che vien voglia di fare una strage.
Traini è la conseguenza naturale di quest’educazione fascista di massa, quotidiana, spacciata per “racconto del reale”. E il suo gesto sarà utile, lo è già, ai fascisti e ai leghisti, o a chi con questo razzismo non solo flirta ma si è consacrato. Perché segna un punto più lontano sullo spettro, che indica “il razzismo estremo” di una linea di “scontro sociale” con cui si vuole ridefinire in ambito fascioleghista la legittimazione delle aggressione contro gli immigrati. Salvini o Meloni già si possono riposizionare (Salvini il giorno prima aveva invocato vendetta e repulisti contro i neri per l’omicidio della ragazza Pamela): poter sostenere che chiunque usa la violenza è un delinquente, e che questa tensione sociale è colpa della sinistra, che ha portato a questo grado di esasperazione. Ecco che, già pochi minuti dopo che si è saputo che per fortuna i ragazzi neri colpiti sono solo feriti, reindossano il vestito nuovo, “il razzismo moderato”, con cui potranno commentare la tentata strage di Macerata in tv nei prossimi giorni e lucrarci cornucopie di voti fino alle elezioni.
Del resto anche per Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Luigi di Maio basta rispostarsi, persino loro in una riconfigurazione nuova data da Luca Traini. Di Maio può dire: “Lancio un appello a tutti i leader dei partiti su quello che è successo a Macerata: stiamo in silenzio e non facciamo campagna elettorale sulla pelle della ragazza uccisa e dei feriti di oggi. Ho visto già che è partita la querelle tra i partiti politici, con accuse reciproche. Io faccio un appello alla sobrietà e al rispetto sia dei feriti di oggi sia della vittima di qualche giorno fa. Non è possibile che anche su una tragedia del genere si debba iniziare a fare la campagna elettorale”. Berlusconi: “Quanto è accaduto a Macerata sembra il gesto di uno squilibrato, che merita la più ferma condanna, ma che non può essere ricondotto a una lucida connotazione politica. Questo drammatico episodio richiama però ancora una volta l’attenzione sul problema della sicurezza nelle città, anche perché è serio il rischio che gravi episodi di cronaca alimentino tensioni e scontri sociali fino a degenerare in folli esplosioni di violenza come quella di oggi”. Renzi: “Dopo i fatti di Macerata, vorrei fare un appello a tutti, ma proprio a tutti, alla calma e alla responsabilità. L’uomo che ha sparato, colpendo sei coetanei di colore, è una persona squallida e folle. Ma lo Stato è più forte di lui. Quell’uomo si è candidato con la Lega Nord e oggi ha sparato anche alla sede del Pd di Macerata: verrebbe facile tenere alta la polemica verso chi ogni giorno alimenta l’odio contro di noi. Ma sarebbe un errore: è tempo di calma e di responsabilità, davvero”.
Nessuno si azzarda a parlare di razzismo o di fascismo. E questo dato non va preso soltanto per fetente cinismo elettorale. Né Renzi, né Di Maio, né Berlusconi riconoscono il fascismo odierno, e quindi immaginare che possano usare la categoria dell’antifascismo per reagire a questo episodio atroce, non rientra nelle possibilità. La campagna che un mesetto fa il Pd con Repubblica aveva provato a lanciare sull’antifascismo (la manifestazione a Como) era durata il tempo di una settimana: a Como erano riusciti a convocare quattro gatti, e – in mezzo agli accordi per spedire militari in Niger – si era spenta per disinteresse, e per l’evidenza che non portava voti. Mentre in città si fanno i banglatour a cercare i bengalesi da pestare a sangue, mentre in provincia si esce in macchina e si spara ai neri, è più utile battagliare sui braccialetti di Amazon o le buste di plastica da due cent.
Il paesaggio è già sconfortante visto così, ma è ancora più nero se si allarga il quadro. La verità più disarmante che viene da questa vicenda è che nessuno di questi politici, leader nazionali, dall’estrema destra alla sinistra, sa, saprebbe, vuole contrapporre all’idea di società che ha il terrorista Traini un’alternativa convincente. Il massimo che viene opposto è: una società con più controllo, con più sicurezza. Lo stesso Traini paradossalmente non scuoterebbe il capo.
Non si può però negare che la sua idea di mondo è più persuasiva, addirittura più seducente, pur nella sua distorsione paranoica: siamo immersi nella Paura, di fronte alla quale possiamo solo proteggerci avvolti con una bandiera dell’Italia, vittime e martiri di questa Grande Paura come i caduti del monumento accanto al quale, alla fine della tentata strage, l’hanno trovato le forze dell’ordine che l’hanno arrestato.
Se nessun politico si sforza di trovare un orizzonte diverso a quello che indica Traini, è chiaro che sarà lui, il suo incubo paranoico a vincere – a mani basse – le prossime elezioni.
Christian Raimo - Minima et Moralia