Una storia che i siciliani avrebbero preferito non sentire… anzi non vivere. La trama mafiosa della vicenda narrata purtroppo s’incastra con l'ordito di questa terra martoriata, offesa e, allo stesso tempo, connivente con questo fenomeno.
Lo stesso Vincenzo Pirrotta, durante lo spettacolo, confessa che avrebbe preferito non narrarla. Salvo poi ripensarci e scegliere di farne una pièce teatrale, riproporla sì, ma a modo suo. Solo lui in scena accompagnato dalla chitarra di Charlie Di Vita, senza troppi fronzoli, ché tanto lo squallore non merita aggiustamenti scenici. L’orrore cantato attraverso il lamento blues, nato proprio per trasformare il lamento in canto di protesta. A tratti, il tentativo di ridicolizzare la figura di un uomo che per quarantatre anni ha fatto tremare intere regioni, ma in sala non s’è udito neppure una risata. Forse al pubblico siciliano è stato pure estirpato il senso dello humor, strappato via insieme alla speranza di sconfiggere ‘sti mafiusi di merda che appestano le nostre vite.
Traendo spunto dal romanzo di Salvo Palazzolo e Michele Prestipino “Il codice Provenzano” , Pirrotta ripercorre tutti gli anni della latitanza, indugiando sul primo delitto, il più efferato, quello di Cavataio a Palermo. La ferocia di Provenzano si impossessa dell’interprete, schizzi di sangue invisibili arrivano in platea accompagnati dalle distorsioni sincopate dei suoni.
Ma quel racconto è stato solo un pretesto, scopre lo spettatore alla fine, una lunga premessa per arrivare al punto. Alle domande scomode, al vero motivo che ha spinto Pirrotta a raccontare questa storia che già appartiene alla peggiore cronaca. Che fine ha fatto il tesoro di Provenzano? Chi ha coperto la sua latitanza in tutti questi anni? Non ve ne tornerete a casa tranquilli… dice ora Pirrotta nel ruolo di se stesso.
Poco più di cento spettatori sono tornati a casa inquietati dall’eco di quelle domande ancora senza risposta. Al dramma narrato si aggiunge quello della mancata partecipazione del pubblico. Più di mille poltrone vuote, una vera disfatta per questa Amministrazione. Secondo evento programmato di lunedì dal direttore artistico Moni Ovadia. A voler essere generosi si potrebbe dire che non sta aiutando quanti vorrebbero andare a teatro. Ad essere generosi, in questo caso, sono solo i contribuenti di Marsala, che meritano più rispetto quando si pianifica un cartellone di eventi che costa oltre centomila euro. Una domanda la facciamo anche noi, a questo punto, a Moni Ovadia: maestro, ma questi spettacoli acquistati di lunedì ci costano meno rispetto al normale cachet?