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30/01/2018 06:00:00

Castelvetrano, spaccare tutto per un posto dove dormire

  Momenti di tensione all’Informagiovani di Castelvetrano (sede dei servizi sociali), dove non è la prima volta che cittadini con disagio psicologico e sociale esplodono in comportamenti violenti ed auto lesivi. 

Ieri sera è stata la volta di Giuseppe Faugiana che, dopo esser salito su negli uffici di Piazza Generale Cascino, ha fatto volar via dal balcone del primo piano sedie, tavolino e poltrone da ufficio, frantumando il parabrezza del taxi sociale del comune, parcheggiato sotto. Dopo l’intervento dei carabinieri e della polizia municipale, è intervenuta l’ ambulanza per un trattamento sanitario obbligatorio. Mentre lo portavano via, avrebbe detto: “Almeno avrò un posto dove stare”.

Giuseppe Faugiana (63 anni), aveva tentato nei giorni scorsi di buttarsi dal balcone del primo piano della sede dell’Informagiovani. Lo aveva salvato un addetto alla sicurezza antincendio, Vito Giuppone. Quando lo ha afferrato per il braccio, lui si era lasciato andare e, mentre i suoi piedi non poggiavano più sul tubo di scolo del balcone, è stato determinante l’aiuto di un altro impiegato per tirarlo su.

Pochi giorni fa, preso dalla rabbia e dalla disperazione, era ritornato negli uffici dell’Informagiovani, pretendendo l’assegnazione di una casa e gettando dal balcone una poltrona da ufficio. Ieri invece, come dicevamo, è ritornato con un comportamento ancora più distruttivo.

Non è il solo caso problematico.

C’è anche Giacomo Calcara (56 anni). Già nel 2014 aveva cercato di farla finita col gas, ma per fortuna qualcosa andò storto e se la cavò con ustioni di 2° e 3° grado alle braccia e alle gambe. Pochi mesi fa, disperato perché i suoi genitori non potevano più ospitarlo, anche lui andò all’Informagiovani, ingerendo della candeggina davanti ad un impiegato.

Qualche giorno fa, invece, le forze dell’ordine lo portarono via dopo essere entrato con la forza a casa degli anziani genitori, tentando di spaccare tutto. Pare che la risposta in questo caso, anche attraverso l’intervento del giudice, sia stata quella di trasferire Calcara presso la casa di riposo.

Non si tratta soltanto di persone con problemi economici.

Faugiana è in carico al centro di salute mentale di Castelvetrano dal 1989, con necessità di terapia continua, così come Calcara lo è dal settembre scorso. Anche lui con farmaci che sarebbe bene non assumere insieme ad alcolici.

Ma quante sono le persone che vengono divorate dal proprio disagio (che non è solo economico) a causa del fallimento delle istituzioni? E come mai le amministrazioni comunali non hanno ancora capito che i problemi di chi soffre non possono essere risolti soltanto pagandogli l’affitto o comprandogli una bombola da cucina? E ancora, è un problema circoscritto alla città di Castelvetrano, o interessa anche altre città del territorio?

Senza un adeguato supporto psicologico, come purtroppo abbiamo visto, la bombola rischia di essere usata in un altro modo.

Pochi giorni fa, avevamo fatto tre domande alla dottoressa Anna Loredana Bruno, responsabile del servizio di assistenza sociale di Castelvetrano.

E’ una situazione circoscritta al comune di Castelvetrano? Quanti assistenti sociali ci sono nei comuni vicini?

La nostra città è il comune capofila del distretto D54 che comprende 6 comuni: Castelvetrano, Campobello di Mazara, Partanna, Poggioreale, Salaparuta e Santa Ninfa. In tutto ci sono soltanto quattro assistenti sociali: tre qui a Castelvetrano ed una a Campobello di Mazara. L’utenza è invece distribuita su tutte le città del distretto.

Com’è possibile che soggetti di cui si conoscono da tempo le problematiche e che magari hanno già tentato il suicidio, non ricevano delle risposte adeguate?

Non abbiamo alcuna collaborazione con cooperative che forniscono assistenza con personale proprio, se si escludono gli assistenti domiciliari, precari del Comune il cui target assistenziale però sarebbero gli anziani. Ma il punto principale sta nella difficoltà di classificazione. Nel senso che ci sono dei soggetti non collaborativi, che hanno reazioni esplosive ed un comportamento tale da indurci a chiedere l’intervento del Centro Salute Mentale. Spesso però quest’intervento non arriva, perché ci dicono che il soggetto non è psichiatrico e ce la dobbiamo vedere noi. Il confine tra l’aspetto sociale e quello psichiatrico diventa quindi davvero labile.

Ma il fatto che si arrivi a situazioni fuori controllo come queste, non rappresenta un fallimento dell’assistenza sociale che il comune dovrebbe garantire ai soggetti disagiati? Perché non si interviene prima di arrivare a questi punti di non ritorno?

Il vero fallimento dell’assistenza sociale è il contributo economico. Diventato da troppo tempo l’unica risposta al disagio sociale. Occorrerebbero invece più progetti multidisciplinari. La figura dell’assistente sociale dovrebbe in realtà personalizzare l’accesso ai servizi, permettendo alla persona di orientarsi anche secondo il suo bisogno. 

Invece tutto si riduce ai soldi e passa il messaggio sbagliato (e pericoloso) che noi assistenti sociali serviamo soltanto a fare delle pratiche per chi viene qui a chiedere una casa o il contributo economico per fare la spesa.

Che può dirci invece del pregiudicato alcolista di 63 anni, finito nel 2016 agli arresti domiciliari in casa di riposo per aver accoltellato un altro ospite alcolista 56enne? Com’è potuto succedere

Queste non sono state scelte operate dal servizio di assistenza sociale. Ad ogni modo, credo che se ci fossero adeguati progetti e personale sufficiente, forse certe cose si potrebbero prevenire.

 

Egidio Morici



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