di Paolino Canzoneri
L'esperienza traumatica del sequestro di Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi avvenuto il 27 Agosto del 1979 e conclusosi con la liberazione dei due artisti il 21 dicembre, ispirò la composizione di una delle canzoni più belle e poetiche dell'artista genovese. "Hotel Supramonte" racconta infatti con dolcezza e dolore una storia unica che ebbe il pregio di rafforzare il rapporto di coppia dei due artisti fino al decesso di Fabrizio De Andrè avvenuto l'11 Gennaio del 1999.
La storia del rapimento si inserisce in un periodo complesso di una Italia democristiana che a fatica fronteggiava e combatteva gruppi estremisti armati intenti alla sovversione del quadro politico e la Sardegna in quei frangenti era tormentata da uno sfrenato banditismo difficile da marginare anche a causa della complessa orografia della regione che fra colline e grotte consentiva facili nascondigli a volte impossibili da scovare per le forze dell'ordine impegnate nelle costanti ricerche dei numerosi rapiti. Per raccontare il rapimento De Andrè – Ghezzi bisogna tornare indietro nel tempo e precisamente intorno alle 21.30 della sera del 27 agosto del 1979 in località Tempio Pausania, nella tenuta De Andrè-L'Agnata dove i due artisti vengono rapiti e costretti a salire incappucciati nell'automobile di De Andrè, una Dyane che verrà successivamente ritrovata dagli inquirenti il giorno dopo inuna località vicina al porto di Olbia. L'allarme scattò di buon mattino dalla segnalazione della domestica insospettita dall'assenza in casa degli artisti. La notizia in un battibaleno si diffonde in tutta Italia e per la cronaca appare doveroso precisare che l'estate del 1979 va collocata come la più drammatica nella storia del banditismo sardo.
Con Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi il numero delle persone tenute in ostaggio arriva addirittura a 10. Le indagini e le ricerche furono avviate ed intensificate da subito e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, dopo un primo sopralluogo e dopo aver analizzato il caso, escluse immediatamente qualsiasi pista di carattere politico e si palesò senza indugio nessun coinvolgimento di movimenti extra parlamentari armati. A peggiorare il quadro di per sè già teso, mitomani iniziarono a depistare le indagini per tutto il periodo del rapimento che durò oltre 4 lunghi mesi. I banditi per timore di essere scovati e per depistare le indagini, per due volte si spacciarono per gruppi estemisti comunicando all'Ansa che i corpi dei due artisti erano stati gettati una prima volta nelle acque del porto di Genova e una seconda nel lago di Mogoro. Oltre 150 sommozzatori si attivarono scandagliando le profondità di quelle acque per fortuna senza trovarne i corpi. La lunga prigionìa dei due artisti fu dura e lunga e tenuti incappucciati sin dai primi giorni, Fabrizio e Dori con abili capacità persuasive riuscirono a farsi levare i cappucci rimanendo però legati ad un albero; mossa che gli consentì con il passare dei giorni di conoscere i rapitori, conversare con loro e instaurare un rapporto quasi confidenziale. Dori Ghezzi venne sempre chiamata "Signora" e trattata con rispetto mentre Fabrizio seppe intavolare lunghe conversazioni indispensabili per trascorrere le interminabili giornate. Nei mesi successivi al rilascio, egli stesso rivelò d'essere rimasto colpito dalla figura di uno dei rapitori molto giovane di idee politiche "a sinistra", senza lavoro, poverissimo e quasi pentito d'essere diventato un bandito sardo e di aver rapito Dori Ghezzi che sapeva bene essere comunque figlia di operai. La cifra del riscatto scelta dai banditi per la liberazione dei due artisti fu di 2 miliadi di lire che ad oggi corrispondono a circa un milione di euro.
Le trattative furono condotte con assiduità da Giuseppe De Andrè con il figlio Mauro, l'amico Giulio Carta e con la collaborazione del parroco di Tempio Pausania don Salvatore ma subirono un brusco e inatteso arresto per tutto il mese di Ottobre. Lo sconforto e la preoccupazione di un tragico epilogo della vicenda si fece subito strada nei cuori degli italiani e nella famiglia sempre più angosciata; si pensò sul serio che per i due artisti non ci sarebbe stato ritorno. Il lungo periodo di prigionìa sfiancò anche i rapitori che stanchi degli sforzi e stressati dal timore d'essere scovati da un momento all'altro, pensarono di ridimensionare la cifra del riscatto accordandosi per 600 milioni di lire, circa 300mila euro. In una stradina del Goceano il 20 Dicembre, don Salvatore Vico vide Dori Ghezzi da sola camminare speditamente, la raccolse nella sua auto per portarla dalla famiglia. Per un giorno intero la tensione salì alle stelle per la mancata liberazione di Fabrizio De Andrè che invece verrà liberato la notte del 21 Dicembre in una strada isolata di una zona limitrofe alla Goceano. L'incubo era finito e tutti poterono fare un respiro di sollievo.
I due artisti preferirono non costituirsi parte civile contro i loro sequestratori; Dori Ghezzi commentò dicendo che nel periodo della prigionìa erano diventati praticamente indispensablili gli uni agli altri, per loro era quasi sopravvivenza, avere loro significava mangiare perchè probabilmente erano dei latitanti. La banda responsabile del rapimento fu presto scovata ed arrestata e per la cronaca era composta da tre pattadesi e sei orunesi e un toscano. Tutti i componenti furono mandati a giudizio.