Avevano ricevuto la lettera di licenzamento un anno fa gli undici dipendenti della "Calcestruzzi Belice" di Montevago (un tempo proprietà di Rosario Cascio, condannato per mafia) e credevano di perdere definitivamente il lavoro, invece, dopo la sentenza di fallimento del Tribunale di Sciacca ribaltata in appello, grazie alla mobilitazione del territorio si è riusciti a riattivare l'attività.
Dopo la sentenza del tribunale a causa di un debito con l'Eni di 30 mila euro, gli operai hanno presidiato l'azienda e le cose adesso si sono sistemate. L'azienda sequestrata e poi confiscata è passata sotto la competenza dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati.
Il volume d'affari ora è di circa 70 mila euro al mese. Con l’autorizzazione all’impiego dell’esplosivo dopo la certificazione dei materiali di cui già disponeva l’azienda e con il ripristino delle autorizzazioni che erano state trasferite alla «Inerti», la «Calcestruzzi Belice» lavora, ormai da sei mesi, a pieno regime. "E' stata ripresa una larga fetta della nostra clientela - dice Luigi Castiglione - e potremmo estendere ancora il lotto dei nostri rapporti. Siamo già ai livelli precedenti alla chiusura – dice Castiglione – ma bisogna fare ancora meglio".
Dopo la sentenza d’appello, si è svolta anche una festa alla «Calcestruzzi Belice» alla quale hanno partecipato, tra gli altri, l’arcivescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro, i vertici nazionali della Fillea Cgil e della Cgil, e il sindaco di Montevago, Margherita La Rocca Ruvolo e don Luigi Ciotti, presidente di Libera.
L'obiettivo ora è quello di affidare la gestione della «Calcestruzzi Belice» ad una cooperativa composta dagli stessi lavoratori.