Sanità e democrazia malate. La corruzione in Sicilia si consuma soprattutto tra le corsie e le urne. È quanto emerge dalla relazione pubblicata a fine anno dal Servizio statistico della Regione siciliana e centrata sui dati recenti del fenomeno nella pubblica amministrazione. Dall'analisi emerge che, a livello nazionale, il 7,9% delle persone intervistate ha segnalato il coinvolgimento diretto di almeno un familiare, nel corso della vita, in eventi corruttivi (2,7% negli ultimi 3 anni). Il dato disaggregato per regioni mostra che l'indicatore complessivo raggiunge il massimo nel Lazio (17,9%) e il minimo nella Provincia autonoma di Trento (2%), con situazioni sul territorio molto diversificate. La Sicilia si colloca in una posizione intermedia con un 7,7% (3,1% negli ultimi 3 anni).
Febbre alta per la sanità. A livello di tipologia di servizi, la corruzione ha riguardato in primo luogo il settore della sanità, con una incidenza nazionale dell'11% che sale al 16,1% nel caso della Sicilia e rappresenta il valore più elevato nella classifica delle regioni. La casistica include anche la visita a pagamento nello studio privato di un medico, preliminarmente alla fruizione della stessa prestazione presso il servizio sanitario nazionale, e si tratta di una modalità che, sebbene non rappresenti nella definizione giuridica italiana una circostanza di vera e propria corruzione, è però rappresentativa di situazioni diffuse in cui si è indotti a sostenere un costo sicuramente superiore rispetto alle condizioni in cui viene offerto lo stesso servizio dalla struttura pubblica. Seguono i settori dell'Assistenza, con un valore in Sicilia del 5,2%, più elevato del dato nazionale (2,7%), e del Lavoro con un valore del 3,3%, in linea con il dato dell'Italia (3,2%).
Uno su 7 si piega alla corruzione. Si stimano in oltre 6 milioni (13,1% della popolazione fra i 18 e gli 80 anni) i cittadini italiani che dichiarano di conoscere personalmente qualcuno (parenti, amici, colleghi o vicini) a cui è stato richiesto denaro, favori o regali per ottenere facilitazioni in diversi ambiti e settori). La prevalenza varia a seconda del settore coinvolto: dal 7,1% per il lavoro (con richieste di denaro o altri beni per essere assunti o per avviare un'attività lavorativa) al 5,9% nel settore della sanità (per essere facilitati in occasione di ricoveri, interventi chirurgici o altre cure) al 4% per le facilitazioni di tipo assistenziale come pensioni, alloggi e altri contributi. In Sicilia la percentuale è del 15,4%, superiore al dato nazionale ed inferiore solo a Puglia, Lazio e Abruzzo. I settori più coinvolti nell'Isola sono la sanità, con un valore dell'8,4% ed il lavoro (7,4%).
Voto di scambio diffusissimo. Per quanto riguarda il voto di scambio, l'analisi Istat fa emergere che il 3,7% della popolazione italiana tra 18 e 80 anni (una stima di 1 milione e 700mila cittadini) è stata oggetto di richiesta di voto in cambio di regali, favori o denaro. Tale procedura è molto più frequente nelle regioni meridionali, con i valori più elevati registrati in Basilicata (9,7%) e Sicilia (9%) e con prevalenza nelle elezioni amministrative rispetto alle politiche. Come per la corruzione, l'esperienza indiretta del voto di scambio risulta più frequente rispetto all'esperienza diretta. Il tasso di coloro che dichiarano di conoscere qualcuno a cui è stato proposto il voto di scambio cresce infatti fino all'8,3% a livello nazionale e addirittura al 16,4% in Sicilia. Il primato in questa classifica spetta alla Puglia con il 23,7%.
Un paese di raccomandati. Un altro aspetto affrontato dallo studio dell'Istat è quello riguardante il sistema delle raccomandazioni che risulta così diffuso in Italia tanto da essere spesso considerato come una prassi normale. L'indagine mostra come il 25,4% della popolazione (12 milioni di italiani circa) conosce qualcuno che è stato raccomandato per ottenere un posto di lavoro (21,5%), una licenza, un permesso o una concessione (7,5%), per farsi cancellare multe o sanzioni (7,5%), per benefici assistenziali (6,8%), per l'ammissione o la promozione a scuole e università (4,9%) o per essere favorito in cause giudiziarie (1,9%). A livello territoriale questo malcostume risulta molto frequente nelle regioni del Centro Italia, mentre per quanto riguarda la Sicilia, contrariamente alle aspettative, si registrano percentuali più basse di quelle nazionali e della maggior parte delle altre regioni.
Ogni giorno 22 reati contro la pubblica amministrazione. Sono stati pure analizzati i dati di fonte Istat, estratti dagli archivi informatici delle Procure della Repubblica, che riguardano le statistiche sui procedimenti penali per i quali si procede all'archiviazione o all'inizio dell'azione penale. In Sicilia nel 2015, anno più recente disponibile, i reati contro la pubblica amministrazione sono stati complessivamente 8.273 (la media è di 22 reati al giorno), suddivisi quasi equamente tra quelli commessi da pubblici ufficiali (4.061) e da privati (4.212). Tra le diverse tipologie di reato rientranti nella prima categoria, quelli con maggior rilevanza sono l'abuso di ufficio, con 862 procedimenti di cui 682 archiviati e 180 con inizio dell'azione penale, il peculato, con 432 procedimenti (237 archiviati e 195 con inizio dell'azione penale), la corruzione, con 334 procedimenti di cui 176 archiviati, e la concussione con 61 procedimenti, di cui 31 archiviati. Il confronto con i dati dell'anno 2006 mette in evidenza invece una dinamica inversa.
Più processi in Sicilia. Il numero di procedimenti per cui è iniziata l'azione penale è cresciuto in Sicilia del 52,2% ed in Italia del 16,8%. Crescono del 70% circa i procedimenti per reati commessi all'interno della Pa (in Italia del 30,4%), in particolare del 143,1% i reati per corruzione (44,7% in Italia) del 32,4% i reati per abuso d'ufficio (11% in Italia) e del 25,8% i reati di peculato (56,6% in Italia), a fronte di un calo dei procedimenti per concussione sia in Sicilia (-11,8%) che a livello nazionale (-14,3%). I numeri del 2015 testimoniano pertanto di una forte espansione dei fenomeni corruttivi nell'arco del decennio trascorso in tutto il territorio nazionale e in maniera più accentuata nell'Isola (anche se risulta in attenuazione il valore tendenziale più recente), per la quale è da considerare come elemento esplicativo una probabile maggiore propensione dei cittadini alla denuncia. Un indicatore ancora più efficace per misurare il fenomeno è quello ottenuto rapportando l'ammontare dei procedimenti penali al numero delle persone in servizio nelle istituzioni pubbliche.
Il tasso per il reato di corruzione si conferma in Sicilia (51,5 casi per ogni 100.000 persone in servizio nella Pa) al di sotto sia di quello dell'area meridionale (67,2) che nazionale (58,6). L'incidenza del reato di abuso d'ufficio risulta più elevata (55,9 per 100.000 soggetti in servizio nella Pa) del dato nazionale (40,1) ma sensibilmente più basso di quello del Mezzogiorno (74,1), così come quella relativa al reato di concussione che presenta valori più contenuti in tutte le aree (9,3 a fronte di 6,4 in Italia e 10,2 nel Mezzogiorno). Dalle statistiche emerge infine che il fenomeno più diffuso nell'Isola è il peculato, con un tasso che sale al 60,5 per 100.000 unità, superiore al dato medio del Mezzogiorno (52,0) e dell'Italia (48,6).