Odisseo conosceva il sofisma
ben prima di Zenone,
sapeva che non si può ridurre in frazioni il tempo,
che Achille vince la tartaruga nella corsa.
[…].
Odisseo apprese anche con la guerra
che il corso del tempo non s'inverte,
[…]
Finché lo ammise pubblicamente:
il tempo può far accumulare denaro,
spalancare avventure, ridurre l'ignoto,
ma nulla di tutto ciò riporta indietro
il tempo trascorso che ha generato quelle cose.
[…]
Nonostante i tonificanti, le erbe di lunga vita,
sempre più a fatica riusciva a escogitare
nuovi rimedi per poter soddisfare
i suoi desideri insaziabili.
Il tempo-spazio della poesia e dell’arte è così esponenziale e dinamicamente evolutivo come se fosse una configurazione dislessica, in quanto simultaneità di schemi, immagini, concetti e associazioni contingenti in istanti quali unità discrete eterogenee, che si sovrappongono vertiginosamente in maniera non lineare o discontinua, sì che incapsularli nella corrispondenza biunivoca delle onde elettriche psico-corporee e mentali dei soggetti con quelle delle macchine digitalizzanti è impossibile.
Il tempo del poeta è così una “macchia cognitiva” e una pratica di significazione come una “macchina da guerra” che fa implodere il tempo codificato e misurato in bit di luce agglutinati nei nodi (punti) spazio-virtuale e controllati dai capitalisti della comunicazione.
La soggettività oggettiva dei poeti-artisti-navigatori nei flussi del cyberspazio ha così una presenza incorporata che può senza dubbio reagire in maniera interattiva-sconvolgente gli assetti di potere che viaggiano con i flussi informativo-comunicativi dell’infosfera neoliberista del capitalismo elettronificato. Scombina, come ampiamente verificato con alcuni esperimenti artistici interattivi evolutivi, l’ordine degli istanti concreti, discreti e molteplici, ma congelati da chi il software governa con regole rigide, e ciò perché in attesa di condotte reattive di consenso e adesioni uniformi, acritiche. I soggetti che nell’immersione invece partecipano endogenamente come creatori autonomi di percorsi di andata e ritorno “sgrammaticati” o di distorsione, di rottura e diversità rompono con questo tipo di performance governata esternamente e creando dei vuoti tra un istante e l’altro della comunicazione. Vuoti che servono sia a sottrarsi al comando, sia a creare fughe e resistenze antagoniste, offrendo letture e azioni di retroazioni multiple contro le soggettivazioni che altri vogliono e praticano come assoggettamento e servitù ai mercati del capitale informatizzato.
Nello smantellamento del paradigma capitalistico, fondato sulla semiotizzazione digitale della produzione e sul controllo delle soggettività socio-individuali e i loro stili di vita, trovano così un loro ruolo anche artisti e poeti, introducendo – come analizza Maurice Benayoun (On line, life line, slittamenti dell’arte) – delle resistenze o rugosità nella fluidità immateriale del cyberspazio bioeconomico, ovvero la variabilità creativo-costruttiva irripetibile che è la presenza attiva del soggetto operatore (virtuale operaio creativo indipendente) all’interno di un’installazione artistica interattiva, permessa dall’utilizzo antagonista delle tecnologie elettroniche. È il ri-sveglio del conflitto che si mette di traverso sulle rotaie della continuità lineare, programmata a priori, della produzione neocapitalistica immateriale.