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15/11/2017 13:35:00

Marzabotto, il saluto fascista e le dimenticanze di certi giornalisti

di Leonardo Agate - A Marzabotto, paese ferito dalla strage nazifascista, l’omaggio della vergogna alla Repubblica di Salò è avvenuto al termine della gara giocata domenica 12 novembre tra il Marzabotto, padrone di casa, e il Futa 65, per il campionato della seconda categoria dilettanti. Un giocatore del Futa si è diretto verso il pubblico sugli spalti togliendosi la maglietta sportiva e sfoggiandone una nera con in bella vista l’Aquila fascista.

I mezzi di comunicazione di massa hanno riportato, condannandolo, il gesto del giocatore vittorioso. I commentatori ci hanno ricamato su le lamentele sui rigurgiti fascisti, che oggi costituirebbero un pericolo grave. Michele Serra, nella rubrica “L’amaca” su La Repubblica di oggi 14 novembre, stigmatizza severamente l’accaduto, risalendo da un fatto di cronaca alla rievocazione storica.

La strage di Marzabotto (dal nome del maggiore dei Comuni colpiti) fu un insieme di stragi compiute dalle truppe naziste in Italia, aiutate dai repubblichini, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. Il numero delle vittime, mai precisamente accertato, varia da un minimo di mille a un massimo di duemila, sebbene confrontando i dati dell'anagrafe si raggiunse quello di 1.830, cui si riferisce la Medaglia d'oro concessa nel 1948.

Il giornalista, dall’”Amaca”, aggancia, al gesto sprovveduto e esecrabile del giocatore del Futa 65, le atrocità perpetrate dai nazisti e dai fascisti negli anni lontani della guerra civile italiana, i massacrati delle foibe titine sul finire della Seconda guerra mondiale, la strage di Srebrenica in Bosnia del 1985, e le varie stragi compiute dall’Isis in questi ultimi anni.

 

Se il giornalista avesse fatto una rievocazione onesta delle atrocità avvenute in certi periodi dello scorso secolo, avrebbe pure dovuto ricordare le stragi avvenute sotto altre dittature: l’URSS di Stalin (numero milionario ma imprecisato di vittime per epurazioni, repressioni, confinamenti), la Cambogia dove, tra il 1975 e il ’79, i Khmer Rossi trucidarono da 1 a 2 milioni di persone.

Michele Serra, invece, ricorda solo il nefasto di colore nero; dimentica quanto di orribile pure avvenne di colore decisamente rosso.

Chissà quanti decenni dovranno ancora passare prima che la storia venga ricostruita con obbiettività! La comodità di schierarsi sul carro dei vincitori, nel Belpaese, è stata sempre desiderata e raggiunta, e ha dato ottimi frutti. Ha concesso spazi di benessere e potere, cui difficilmente si rinuncia, pur davanti all’evidenza delle revisioni storiche. Persino Putin, presidente della Russia, ha recentemente dichiarato che il conto dei benefici e dei danni, scaturiti dalla Rivoluzione d’ottobre del 1917, non sembra aver dato un risultato sicuramente positivo. Per questo, per la prima volta, il presidente russo non ha partecipato a Mosca alla festa della commemorazione centenaria. Dalle sue stanze al Cremlino, il giorno della ricorrenza, probabilmente ha continuato a segnare su fogli di carta i pro e i contro di quel che cento anni fa avvenne a Mosca, con annotazioni sul seguito della storia, che fu lunga fino al crollo del muro di Berlino, con la contestuale esplosione o implosione dell’URSS.

Certi intellettuali italiani sembrano più realisti del re. Continuano a esserlo dopo le revisioni storiche che ci sono state. Così hanno fatto quei comunisti duri e puri che, dopo il XX Congresso del Partito Comunista Sovietico, nel 1956, che diede inizio alla destalinizzazione, si sentirono defraudati della cassa del tesoro, e continuarono a difenderla benché non contenesse che tragiche illusioni.