di Leonardo Agate - Se un lettore non legge gli articoli dei giornali, ma solo i titoli, si può fare un’idea abbastanza precisa del caso Consip. Leggendo gli articoli, con tutta la coda delle polemiche e delle interpretazioni si confonderà, e si farà inculcare in testa le opinioni strumentali che ne fanno le varie parti politiche, di cui i giornali di solito sono i portavoce.
Quello che veramente è successo, e che molto lentamente si evolve verso le sentenze, si può riassumere così: la procura della Repubblica di Napoli, circa un anno fa, indagando su un appalto riguardante un ospedale, ha notato che un appaltatore napoletano, Alfredo Romeo, si interessava anche di ottenere appalti dalla più grande centrale di acquisti per la pubblica amministrazione, la Consip. La procura ha scoperto che un funzionario Consip, Gasparri, ha ricevuto in quattro anni 100 mila euro per dare all’appaltatore amico notizie riservate sui futuri appalti. Gasparri ha patteggiato e restituito la tangente.
La procura di Napoli ha anche scoperto, rovistando tra le immondizie dell’imprenditore, due pizzini, in cui erano segnate certe cifre a favore di un certo T. e di un certo C. R. Attraverso intercettazioni telefoniche, ha scoperto che l’imprenditore corruttore era in rapporti con Tiziano Russo, padre dell’ex presidente del Consiglio e con Carlo Russo, amico di famiglia dei Renzi, e politicante oltre che piccolo imprenditore.
Poiché la svolta presa dall’inchiesta, partita da un ospedale di Napoli, arrivava a Roma, alla Consip, gli atti furono trasferiti per competenza a quella procura. Negli atti trasmessi, e in quelli successivamente acquisiti, si incontrano altri personaggi di rilievo: il generale dell’Arma dei carabinieri, Tullio del Sette, il generale dei carabinieri comandante la Legione Toscana, Saltalamacchia, il ministro Luca lotti. Questi ultimi tre sono indagati per rivelazione di segreto di ufficio per aver avvisato l’allora ad di Consip, Luigi Marroni, che i carabinieri avevano installato le “cimici” nei suoi uffici. L’avvertito fece bonificare gli uffici dagli aggeggi spioni.
Tiziano Renzi e l’amico Carlo Russo sono indagati per traffico di influenze illecite.
Il capitano del Noe, Scafarto, e il pm di Napoli, Woodkock, sono indagati per falso, perché il primo avrebbe manomesso una trascrizione telefonica, il secondo avrebbe incoraggiato l’ufficiale a inserire nella relazione una pagina sulla presenza nell’affare dei Servizi Segreti, che non c’entrerebbero.
Il caso Consip andò agli onori della cronaca quando la Verità e il Fatto Quotidiano, a dicembre dell’anno scorso, scoperchiarono la pentola e pubblicarono verbali riservati, non si sa bene da chi acquisiti, ma certo usciti dal tribunale.
Se fossimo negli Sati Uniti, avremmo avuto già le sentenze su tutti gli indagati, essendo passati mesi e mesi, e, per alcuni presunti reati, un anno dall’inizio dei procedimenti. Ma siamo in questa benedetta Italia, e dobbiamo aspettarci che la sentenza di primo grado dei procedimenti più grossi, quelli che riguardano il papà di Matteo Renzi, il suo amico Carlo Russo, il generale dell’Arma dei carabinieri, Tullio del Sette, il comandante della Legione Toscana dell’arma, Saltalamacchia, il ministro Luca lotti, arriveranno fra mesi, probabilmente alla vigilia delle prossime elezioni politiche. Così fino ad allora non ci resta che aspettare il casino che in quel frangente scoppierà.