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18/07/2017 06:00:00

Incendi da Trapani ad Enna: l'elicottero che lotta contro le fiamme. "E' l'inferno"

 La missione “Gedi 01” inizia in un momento di calma. Quando qualcuno si era già illuso che sarebbe stata finalmente una giornata di tregua. Il vento, invece, cambia tutto: la sua direzione e pure i piani di chi da giorni tenta di fargli la guerra. Alla base dell’Aeronautica militare di Trapani arriva anche oggi la solita chiamata: «C’è bisogno di aiuto, decollate. Decollate al più presto».  

 

Alle 15 l’elicottero è ancora nell’hangar ma l’equipaggio è già pronto. A bordo stavolta ci siamo anche noi. I primi ad alzarsi in volo sono due canadair: per loro fino il lavoro sarà lungo, almeno fino al tramonto. «Dobbiamo essere contemporaneamente su tre fronti – dice di corsa uno dei piloti – Un rogo è in corso vicino a Palermo, gli altri due assediano Enna e Catania». L’Aeronautica oggi schiera il suo gigante, un HH139 che decolla dalla pista di Birgi cinque minuti dopo l’allerta. Il colonnello Grano si mette ai comandi: «Torre di controllo, torre di controllo, siamo pronti al via».  

 

In volo sulla Sicilia ferita dalle fiamme  

 

 

Per arrivare a Enna, dove le fiamme avvolgono una collina e circondano le case, bisogna sorvolare una fetta di Sicilia già ferita e ancora sanguinante. Il mare azzurro e gli stabilimenti balneari di Castellamare del Golfo sono un inganno. I segni dell’incubo che l’isola sta vivendo da due settimane spuntano poco dopo. Ecco San Vito Lo Capo: il monte Erice e il monte Speziale sono due giganti col volto annerito. La macchia mediterranea è stata cancellata, intorno alle case e alle aziende non c’è più verde. Sopra il villaggio turistico di Calampiso è tutto incenerito. Mercoledì pomeriggio i vacanzieri sono stati salvati via mare e ora c’è chi prova a ostentare normalità: dall’alto si vede qualcuno che fa il bagno in piscina, ma la gioia della vacanza da queste parti è già svanita.  

 

 

Pomeriggio d’inferno a San Vito Lo Capo: panico e turisti in fuga dai roghi  

 

 

Nel frattempo arriva un’altra chiamata. Da Palermo chiedono aiuto e il piano di volo dell’elicottero cambia in un istante. Ma le squadra a terra, per fortuna, sono state più veloci degli elicotteri. La rotta dell’emergenza, allora, punta dritta al centro dell’isola. Alle 16 le fiamme assediano le colline intorno a Enna e l’acqua che piove dal cielo non basta mai: elicotteri e canadair innaffiano i grandi costoni arroventati ma il vento è un nemico sleale. Cambia direzione all’improvviso e la grande trincea di questa battaglia sfiancante si deve spostare per l’ennesima volta. A terra a coordinare il lavoro dei piloti c’è un uomo che nessuno ha mai visto in faccia. Nessuno lo conosce ma tutti lo rispettano. Via radio scopriamo che si chiama Francesco: è nascosto tra i cespugli e dal fronte più caldo dirige una guerra che si combatte soprattutto dal cielo. «Oggi è Francesco, ma ogni giorno c’è una persona diversa – racconta il comandante dell’elicottero – Noi non sappiamo chi sia, ma il suo lavoro è davvero prezioso. Le istruzioni che ci fa arrivare via radio sono fondamentali, senza di lui sarebbe difficile capire dove sganciare l’acqua. Soprattutto quando il fumo rende impossibile sapere cosa sta accadendo a terra». 

Dal centro operativo chiedono di essere più veloci: l’elicottero prende quota, individua il fumo e punta dritto verso Enna.  

 

L’incendio a San Vito Lo Capo visto dal mare  

 

Nel frattempo, le comunicazioni radio si fanno più concitate. Poco dopo arriva il secondo canadair: ha già riempito le cisterne in mare ed è pronto a sganciare sul fuoco i suoi 6 mila litri d’acqua. Da terra qualcuno alza la voce: «Dovete sganciare più a ovest, ci sono le case a rischio. La situazione è complessa. Chi arriva qui adesso?». «Queste informazioni sono preziose per scegliere i punti su cui riversare l’acqua – spiega il comandante Grano – Abbiamo bisogno di sapere se il lancio è andato a buon fine o se dobbiamo cambiare rotta per essere più efficaci». Finora una cosa è certa: per annientare il rogo bisognerà bombardarlo ancora a lungo. Non si può perdere tempo. «Noi siamo in grado di riempire il nostro grande secchio anche in un lago o in una vasca, persino in una piscina – dice il colonnello Grano – I canadair, invece, hanno bisogno di uno spazio più ampio, ma riescono a fare tutto in pochissimo tempo». Da quassù si vede un lago e il primo aereo giallo va proprio lì a fare il carico d’acqua. Ma il pilota dell’altro canadair non si fida: «Ci sono dei rami quasi in superficie – dice alla radio – Io preferisco puntare verso il mare». Francesco, l’uomo senza volto, ha già perso la voce ma continua a gridare con la solita forza: «Mirate verso la parte più alta, altrimenti il vento vanifica il lavoro fatto finora». 

 

Dopo una settimana di devastazione e paura, dunque, c’è ancora da combattere. E nessuno sembra disposto ad arrendersi. «Tutte le forze armate hanno messo a disposizione i loro mezzi per supportare l’apparato della Protezione civile – dice il tenente colonnello Daniele Grano, comandante dell’82° Centro Sar dell’Aeronautica militare – L’Esercito ha schierato i suoi equipaggi a Palermo, la Marina nella zona di Catania. Qui a Trapani, in quattro giorni, gli elicotteri dell’Aeronautica hanno compiuto oltre cento lanci sugli incendi». 

 

Canadair in azione sullo stretto di Messina per combattere l’emergenza  

 

Nel caos delle comunicazioni spunta fuori un nome nuovo: «Sono Geronimo, sono in arrivo». Qualcuno lo considera il super-eroe dell’antincendio: è un gigantesco elicottero del vecchio Corpo forestale che ora è stato affidato ai vigili del fuoco. È capace di riversare sulle fiamme qualcosa come 9 mila litri d’acqua e il supporto qui diventa fondamentale. Passano le ore e l’incendio non dà tregua. In cielo si studiano nuove tattiche per contrastare la nuova sfida del vento che adesso spinge il rogo verso il centro abitato. Le squadre a terra cominciano a essere più preoccupate del solito: «Dài dài, non vi fermate, qui ci sono le case. Se non blocchiamo il fuoco, sarà un altro disastro». La sfida è impari, almeno fino a quando non arriva il temporale. 


Nicola Pinna - La Stampa (qui il link originale)