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02/07/2017 06:05:00

Marsala, da oggi la mostra su Gianquinto. Troisi: "Grandissimo artista, m apoco ricordato"

 Assistere all’allestimento di una mostra restituisce sempre una singolare emozione. Il martellio sulle pareti bianche, la cura millimetrica degli spazi volta a rendere più efficace e intensa la vita dei colori sulle tele. È quello che si percepisce entrando all’Ex Convento del Carmine prima dell’inaugurazione della mostra “Nello Studio. Opere 1960-2002” di Alberto Gianquinto, che avverrà oggi, domenica 2 luglio alle 18.30. Ne parliamo con il curatore Sergio Troisi.

 

 

  • Uno dei momenti cruciali della carriera di Alberto Gianquinto è l’adesione al gruppo Il Pro e il Contro. Quali erano le caratteristiche di questa esperienza artistica e in quale misura Gianquinto ne fa parte?

  • Il Pro e il Contro è un gruppo dalla vita tutto sommato breve, tre anni, dal ’61 al ‘64, che si costituisce in un momento di crisi irreversibile dell’Informale, all’interno di una situazione che veniva chiamata Nuova Figurazione e come costola non ufficiale della politica culturale del Partito Comunista. Sono sei artisti (Calabria, Attardi, Gianquinto, Farulli, Guccione e Vespignani) a cui si affiancano altri tre artisti milanesi, ma sostanzialmente la pattuglia è questa in un ambito che va da Roma al Nord Italia con Gianquinto e in cui i temi dibattuti sono soprattutto l’attualità della Figurazione e il rapporto della pittura e dell’arte in generale con il presente e con la storia. L’adesione di Gianquinto è dichiarata, senza particolari remore. Riflettendo sul rapporto che ebbe con gli artisti del gruppo, è interessante vedere che nel riallacciarsi alla grande storia della pittura del passato il nostro autore trova un forte legame con la pittura di Tintoretto, un artista della grande pittura veneziana, a dispetto degli altri che invece tirano in gioco nomi, in qualche modo, più scontati da Cézanne ai grandi messicani a Picasso: i grandi neri di Gianquinto probabilmente derivano dalla visione di Tintoretto.

  • Ha accennato ai rapporti fra Il Pro e il contro e il Partito Comunista Italiano. Che legame intercorre fra l’impegno civile delle opere di Gianquinto e i suoi rapporti col partito?

  • Gianquinto è sempre stato un pittore che ha avuto una fortissima adesione morale al suo tempo, quindi per impegno civile io probabilmente intenderei questo. Ma tutto ciò non si ritrova in termini di propaganda o di iconografia illustrativa degli eventi della storia. Ci sono opere dettate o ispirate da alcuni eventi traumatici del suo tempo che prendono forma in una dimensione più visionaria e lirica che didascalicamente figurativa. In mostra c’è un dipinto molto bello che si intitola “La pietra di Gramsci”: la figura del leader comunista è riecheggiata, non presentata in termini strettamente figurativi. Detto ciò, Gianquinto vive il suo tempo come la necessità di una testimonianza del suo essere pittore, intellettuale e poeta così come per altri pittori e poeti a lui contemporanei.

  • Nel periodo che va dal 1986 al 1989, realizza il ciclo delle Crocifissioni: nell’opera di Gianquinto la spiritualità della realtà presente è scissa dalla condizione del sacro?

  • Tra i due piani, quello spirituale e quello religioso, non c’è alcuna cesura in Gianquinto. Tant’è vero che in mostra abbiamo collocato due di queste Crocifissioni insieme ad una serie di altre opere che hanno una forte testimonianza civile. C’è un dipinto che si intitola “Agnus occisus” in cui una testa di capretto mozzata campeggia come una natura morta. È un’iconografia che i pittori soprattutto del grande realismo italiano degli anni Cinquanta e Sessanta hanno spesso utilizzato: ecco, “Agnus occisus” non è un dipinto esplicitamente sacro, è chiaro però che la storia della pittura nel momento in cui si “impiglia”, per così dire, in alcune immagini le rende un serbatoio di memorie talmente pregno, talmente vasto che immediatamente per noi diventano l’occasione per ritornare ad una storia della nostra immaginazione.

  • Sulla produzione artistica di Gianquinto quanto hanno influito le sue origini mediterranee?

  • Lo storico dell’arte Guido Giuffrè ha scritto che in Gianquinto si fondono il colore veneziano e la luce di Sicilia. Gianquinto, di paterne origini trapanesi, ha vissuto tra Venezia Jesolo e la casa in campagna ad Asolo. Spesso, tuttavia, è ritornato in Sicilia nel trapanese, dove aveva dei parenti, e nella Sicilia orientale. Alcuni quadri in mostra nascono proprio da questi soggiorni mediterranei: paesaggi, alcune figure di bagnanti sono determinate da visioni avute durante periodi di vacanza a Lampedusa. Ognuno si porta dietro le sue radici, che sono memorie, stimoli, immaginazioni. Sicuramente in Gianquinto, che pure è radicato nella maniera veneziana del cuore della luce, la dimensione mediterranea costantemente si riaffaccia.

  • In mostra ci sarà il bellissimo quadro Endimione: ce ne può parlare?

  • Gianquinto è un pittore circolare: ci sono tante serie nella sua produzione, ma è come se una serie ne generi delle altre. Una delle prime è dedicata ai bagnanti, poi i bagnanti diventano delle figure legate alla maternità poi le figure della maternità generano le figure della Montserrat… Un grande circolo che si va intrecciando e in questo circolo spuntano anche figure che hanno una grande memoria iconografica del passato. Endimione è l’amante della luna, l’amante di Selene che lo bagna con la sua luce, ma è anche una variante della figura dei bagnanti distesi al sole, come si può ravvedere nella postura del soggetto. Gianquinto scorge in alcuni temi la radice di un’iconografia, prende quel bandolo e lo sviluppa in un’altra serie.

  • È strano che un autore di grande successo come Gianquinto (più volte esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma…) oggi sia poco ricordato. A cosa pensa sia dovuto?

  • È stata un po’ messa da canto la generazione degli autori nati intorno agli anni Trenta. Però la storia dell’arte, la storia della cultura procede per recuperi, anche a distanza di molto tempo, e spero che questa sia un’occasione per tornare a riflettere sulla pittura perché Gianquinto, oltre ogni altra cosa, è stato un pittore di razza, come ce ne sono pochi. Intendo dire che è stato un pittore che demanda alla pittura il suo senso nell’essere al mondo, un pittore che ragiona in termini di colori, di immagini, di stesure: Gianquinto ha una stesura calibratissima capace di alternare grumi e trasparenze, sovrapposizioni e velature. Ragionare per pittura significa fare della pittura un strumento di orientamento nel mondo che era il suo e che è anche il nostro.



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