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20/06/2017 06:00:00

Condannata a 24 anni Aminta Altamirano. Storia e processo per la morte di Lorenz Renda

A quasi tre anni dalla morte del piccolo Lorenz Renda di 5 anni, avvenuta ad Alcamo il 13 luglio 2014, la settimana scorsa, la Corte d’Assise di Trapani ha condannato a 24 anni di reclusione la madre Aminta Altamirano Guerrero, la richiesta del pm era stata dell’ergastolo. La donna, messicana di 36 anni, era accusata di aver ucciso il proprio figlio con una dose letale di antidepressivo. La Altamirano Guerrero era arrivata ad Alcamo per via della relazione con Vincenzo Renda, papà di Lorenz, dal quale si era separata dopo una relazione burrascosa finita con tre denunce per maltrattamenti nei confronti del marito, che dopo la separazione era emigrato in Germania per lavorare come pizzaiolo. 

Le accuse – Sin dalle prime ore dopo il ritrovamento del corpo del bambino, gli inquirenti hanno puntato sulla responsabilità della madre che avrebbe ucciso il figlioletto con l'intenzione, poi, di togliersi la vita. Per gli agenti del commissariato, coordinati dalla Procura di Trapani, il bambino non sarebbe stato in grado di svitare il tappo al flacone dei farmaci che avrebbe assunto in dose così massiccia da ucciderlo.

Diagnosi sulle cause della morte di Lorenz - Nella fase inziale delle indagini a diagnosticare le cause della morte di Lorenz Renda è stato un esame tossicologico realizzato dal direttore dell’Istituto di Medicina legale del Policlinico universitario di Palermo, Paolo Procaccianti. La tesi dell’avvelenamento da farmaco è stata avvalorata dal ritrovamento della bottiglietta del farmaco vuota presente nel cestino dei rifiuti in casa della donna.

Ritrovamento bigliettino - Nell'immediato gli agenti del commissariato di polizia di Alcamo trovarono anche un foglietto con una sorta di annuncio di morte per lei e per il figlioletto con l'aggiunta la richiesta di non fare alcuna autopsia. 

Processo e intercettazioni - Con l'apertura del processo, si è venuti a conoscenza dell'esistenza di una serie di intercettazioni ambientali catturate durante i colloqui avvenuti in carcere ed intercorsi tra Aminta Altamirano Guerrero ed il padre dal luglio al novembre 2014. Colloqui che avrebbero rivelato gli scenari che hanno causato la scomparsa del piccolo Lorenz.

“Le pratiche di Aminta, tra riti magici e sortilegi“ - Nel corso di una delle prime udienze del dibattimento sono stati resi pubblici alcuni particolari sulla signora, ad esempio che praticava riti magici e sortilegi.
Nella borsa custodiva un calzino e all'interno c'era la sagoma di un uomo con degli spillini conficcati. Accanto al calzino vi erano bustine con dentro una polverina bianca.  Il materiale fu sequestrato ad Alcamo dagli agenti del Commissariato la mattina del 14 luglio dello scorso anno, dopo il ritrovamento del corpo del bambino. Secondo il vicequestore Antonio Squillaci - ex dirigente del Commissariato di Alcamo - e il sovrintendente Alessio Russo, la donna era una profonda conoscitrice di pratiche magiche.

Omicidio/suicidio annunciato - "Aminta Altamirano Guerrero voleva suicidarsi e la polizia lo sapeva". Lo aveva riferito in dibattimento Antonino Maniscalchi, cognato dell’imputata. Maniscalchi ha raccontato di averne parlato, il 27 giugno del 2014, con il sostituto commissario Salvatore Biondo. “La conosciamo, non s’ammazza”, avrebbe risposto l’investigatore, rassicurando Maniscalchi e la moglie. Il 13 luglio, appena un paio di settimane dopo quella conversazione, Aminta Altamirano Guerrero telefonò all’ex compagno, Enzo Renda, in Germania. “Gli disse – ha riferito Maniscalchi – di avere scoperto che lui aveva l’amante e che si sarebbe suicidata con il bambino.

Perizie tossicologiche contrastanti - La perizia del tossicologo Carlo Locatelli riferì che la quantità di antidepressivo trovato nelle urine della donna non era in linea con una normale dose prescritta dal medico per una terapia, indicando così un sovradosaggio anomalo. Dichiarazioni, quelle di Locatelli, in netto contrasto con quelle fatte dall'altro perito, Paolo Procaccianti, che invece dopo il suo esame aveva riferito di una quantità assunta dalla donna compatibile con il normale uso terapeutico.

Condanna a 24 anni. Il pm aveva chiesto l’ergastolo - La Corte di assise di Trapani ha condannato a 24 anni di reclusione Aminta Altamirano Guerrero. Il sostituto procuratore Antonio Sgarella aveva chiesto la condanna all'ergastolo. Nella ricostruzione che il pm ha fatto dell'intera vicenda ha sottolineato come il racconto della donna secondo cui il bambino in maniera autonoma, mentre lei dormiva, avrebbe preso il flaconcino del Laroxyl e dopo averlo bevuto lo avrebbe chiuso con il tappo, sia totalmente falso. Il pm ha puntato sullo stato di depressione che viveva la donna a causa della separazione con il compagno Enzo Renda che si era trasferito in Germania per lavoro. Stato depressivo che viene fuori anche dalle testimonianze di alcune persone vicine che hanno confermato il fatto che la donna avrebbe detto di volerla fare finita assieme al figlio. Come prove schiaccianti di quanto sostenuto dall'accusa ci sarebbero stati un sms mandato ad un'amica nel quale Aminta Altamirano diceva di volerla fare finita e un bigliettino in cui annotava l'ultima volontà di essere cremati, sia lei che il figlio e le ceneri sparse in Messico nell'isola di Cozumel.
 



Giudiziaria | 2024-07-23 17:32:00
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