I primi sospetti sulle attività di Fabrizio Vinci, uno dei 14 arrestati nel corso della recente operazione antimafia ‘Visir’, risalgono ad indagini svolte addirittura già nell’aprile del 2007. Ricordiamo, come già scritto nei giorni scorsi, che il soggetto in questione è il marito di Daniela Fina Cucchiara, titolare della omonima ditta individuale, operante nel campo dell’edilizia. L’impresa ha ricevuto in affidamento diretto e, dunque, senza gare d’appalto, alcuni lavori dal Comune di Mazara, per motivi di somma urgenza, con determine del sindaco Nicola Cristaldi (Fratelli d’Italia).
AMICIZIE GIÀ AI TEMPI DELL’OPERAZIONE ‘EOLO’ – In quel periodo, il Vinci, era già sottoposto – assieme ad altri soggetti, tra i quali anche l’ex consigliere comunale e assessore mazarese Vito Martino (Pdl), poi arrestato, e l’imprenditore trentino, Luigi Franzinelli – ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, che poi diverranno, nel febbraio del 2009, il presupposto per un’altra operazione – coordinata dalla Procura antimafia di Palermo – denominata ‘Eolo’. Era il periodo in cui si stavano scoperchiando i loschi affari legati agli impianti per l’energia eolica, per i quali si erano già scatenati gli appetiti di colletti bianchi e mafia. “Dalle conversazioni esaminate – si legge nel decreto di fermo degli indiziati ‘Visir’ – emergevano i primi elementi dai quali si poteva ragionevolmente desumere una forte contiguità alle dinamiche mafiose dell’attività imprenditoriale di Fabrizio Vinci, il quale candidamente affermava di essersi sempre messo a disposizione di soggetti all’evidenza di spiccata influenza mafiosa”. I dialoghi del 2007, tra Vinci e Martino, tuttavia, sebbene non avessero consentito di delineare con chiarezza se l’imprenditore avesse un ruolo in ambito associativo mafioso, rendevano chiaro che Vinci fosse riuscito abilmente ad evitare che la ‘sua impresa’ Cucchiara Fina Daniela, che in realtà era intestata alla moglie, “non fosse estromessa o penalizzata nella spartizione dei lavori e delle forniture necessari per la realizzazione del parco eolico”.
I CONTATTI COL BOSS MANGIARACINA – L’anno seguente (luglio 2008) emergono altri contatti ‘pesanti’ tra Vinci e Vito Mangiaracina (padre dell’ergastolano Andrea, già reggente del mandamento di Mazara) in nome del quale, il primo, avrebbe ottenuto appoggi per garantirsi lavori legati alla realizzazione di un centro commerciale del gruppo Grigoli a Mazara (Despar Via Valdemone) e per la realizzazione di un impianto di produzione calcestruzzi. Siamo ancora nel periodo in cui era pienamente a regime la ‘Calcestruzzi Mazara’ della famiglia mafiosa degli Agate, alla quale, il nuovo impianto, avrebbe potuto dare fastidio.
DECINE DI PAGINE DEI ROS SU VINCI – Sono decine le pagine dell’informativa dei Ros in cui – tra intercettazioni di esponenti di spicco della famiglia mafiosa di Mazara – si evidenziano fatti legati a Fabrizio Vinci, tanto da rendere “perfino superfluo evidenziare, in conclusione, che dalle conversazioni fin qui esaminate si traggono chiarissimi indizi della ‘affectio societatis’ (la volontà di essere soci di un gruppo criminale) che lega – peraltro da epoche assai risalenti – il Vinci alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo e della sua concreta disponibilità a prendere parte ad attività illecite nell’interesse del sodalizio criminale”.
I PEZZI DELLO STATO COMUNICANO TRA LORO? – Ancora una volta emerge un interrogativo: come è possibile che una tale mole di indizi investigativi, una volta concluse le indagini e squarciato, quindi, il muro del segreto istruttorio, non siano state inviate – quantomeno per conoscenza, come campanello d’allarme – alle amministrazioni comunali, magari indirizzandole ai referenti per l’anticorruzione che, ormai, sono presenti in ogni Ente locale? Gli appalti continuano ad essere il business privilegiato per cosa nostra e, nella prossima puntata di questa inchiesta, analizzeremo, in dettaglio, tutti i cantieri affidati dal Comune di Mazara, senza gara ed anche quelli aggiudicati con evidenza pubblica, alla ditta individuale ‘Cucchiara Fina Daniela’.
Alessandro Accardo Palumbo
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