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02/05/2017 06:05:00

Giammarinaro, tra mafia, politica e sanità. Il perchè della confisca

Per arrivare a decretare la confisca dei beni e la sorveglianza speciale per cinque anni di Pino Giammarinaro, i giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani hanno scandagliato la vita di “Sua Sanità”. Il tribunale ha deciso sulla sua pericolosità sociale e sulla confisca dopo aver valutato e passato al setaccio gli incontri e i rapporti che ha intrattenuto con esponenti di spicco della criminalità organizzata appartenenti alle famiglie mafiose dell’intera provincia di Trapani, spesso presenti in occasione di comizi elettorali e con i quali Giammarinaro aveva colloqui diretti o tramite altri interlocutori.

I giudici hanno ascoltato decine e decine di testimoni e tra questi le dichiarazioni di pentiti del calibro di Antonio Patti, l’ex killer della famiglia mafiosa di Marsala, Mariano Concetto, l’ex vigile urbano per anni ai vertici e referente di Cosa Nostra a Marsala e di Angelo Siino, ex Ministro dei Lavori Pubblici di Cosa Nostra. Ed ancora, hanno ascoltato le testimonianze riguardo alla gestione dell’Usl N°4 di Mazara del Vallo o i metodi, poco imprenditoriali e molto intimidatori usati dallo stesso Giammarinaro per rilasciare l’autorizzazione ad altre strutture sanitarie come la Clinica Morana, imponendo l’ingresso nelle quote della società di suoi prestanome. Sono stati analizzati tutti gli aspetti che hanno caratterizzato la vita pubblica e privata di Giammarinaro, tra politica e sanità, messe assieme da un unico collante rappresentato dalla mafia. Ma in base a quali elementi si è arrivati alla confisca dei beni di Giammarinaro? Ecco una rapida carrellata degli episodi più significativi della sua vita, di quello che dicono di lui alcuni pentiti, e delle risultanze investigative:

Sono stati determinanti i rapporti di affari di Giammarinaro con Ignazio Lo Presti - cugino di Nino Salvo -, scomparso nella prima guerra di mafia, dei primi anni ’80 e con il quale Giammarinaro era impegnato  nella realizzazione del complesso turistico Baia Luce a Scopello; tra gli episodi attenzionati c'è la partecipazione di Giammarinaro alla funzione religiosa del matrimonio tra Andrea Adragna e Margherita Manno, figlia dell'indiziato mafioso Nicolò Manno; la partecipazione societaria di Giammarinaro nella Immobiliare Alicia s.r.l. insieme all’ingegnere Francesco Paolo Clementi, ucciso a Salemi il 5.5.1987; l’elezione di Giammarinaro a presidente del Comitato di Gestione dell’USL n. 4 di Mazara del Vallo; la sua “disponibilità” – indicata dalle dichiarazioni dal collaboratore Vincenzo Sinacori - ad assecondare le raccomandazioni e i favori chiestigli dagli uomini d’onore e i riferiti contatti intervenuti tra lo stesso Giammarinaro e Francesco Messina (''Mastro Ciccio") indicato come reggente della famiglia di Mazara del Vallo dal 1981/82 al 1991.

Straordinario consenso elettorale e gestione USL - Altro aspetto rilevante è senza dubbio l’elezione di Giammarinaro a deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana con uno straordinario numero di consensi; i suoi precedenti di polizia in materia edilizia e i pregiudizi penali per reati fiscali (sentenza del Tribunale di Marsala del 23.1.1997) e per associazione a delinquere e reati contro la P.A. (sentenza del Tribunale di Marsala del 27.2.1998), in relazione ai quali la personalità di Giammarinaro ha acquistato una dimensione tangibile sul piano delle potenzialità criminose.

La vicenda di malaffare legata alla gestione dell’USL n. 4 di Mazara del Vallo consente di individuare le peculiari capacità manageriali di Giammarinaro nella gestione di attività illecite e l’alta versatilità nella programmazione e nell'attuazione seriale di condotte delinquenziali; determinante è stato il contributo nella ricostruzione di tale vicenda offerto dal coimputato Benedetto Lombardo che dichiarò come la situazione finanziarla della USL n. 4 di Mazara del Vallo ebbe a registrare un andamento decisamente passivo durante la gestione di Giammarinaro, il quale effettuava ordinativi di spesa senza che vi fossero disponibilità contabili, facendo raggiungere un deficit colossale che venne coperto soltanto con artifici contabili e con un’integrazione finanziaria della Regione Siciliana.

Minacce subite da Lombardo - Benedetto Lombardo, nel 1987, allarmato da voci riguardanti possibili indagini di p.g. in corso, comunicò a Giammarinaro che non intendeva rispondere come unico capro espiatorio, e ricevette proprio da Giammarinaro la seguente minaccia: “la vita di un uomo può costare anche 500 lire”; in seguito, in occasione di una assemblea condominiale a Mazara del Vallo il Lombardo fu avvicinato da Agate Giovan Battista, indiziato mafioso di Mazara del Vallo, fratello del noto Agate Mariano, che lo ammonì sui possibili rischi cui poteva andare incontro in caso di comportamenti azzardati;

Appoggio elettorale delle famiglie mafiose - Sono solidi  gli agganci posseduti da Giammarinaro con l'organizzazione mafiosa, tanto da aver ricevuto l’appoggio delle famiglie mafiose trapanesi alla campagna elettorale per le elezioni regionali del 1991.
E in questo contesto rientrano le circostanze riferite dal collaboratore Antonio Patti sul sostegno elettorale dato a Giammarinaro di indiziati mafiosi, tra i quali Gaetano D'Amico, noto boss della famiglia marsalese, Stefano Genco e Vincenzo Zerilli, in un suo comizio elettorale tenuto nella piazza "Mercato" di Strasatti; l'avere "autorizzato", su richiesta di Michele Piccione, indiziato mafioso di Marsala, un incontro tra Giammarinaro e Pietro Bua, vecchio mafioso latitante, secondo la prassi di chiedere al reggente della famiglia l'autorizzazione a conferire con uomini politici.

Le circostanze riferite dal collaboratore Gaetano Marino - Giammarinaro gli fu presentato all’interno di un comitato elettorale a Marsala in piazza Francesco Crispi da Stefano Genco e Angelo Lo Presti, quest'ultimo appartenente alla famiglia D'Amico; per festeggiare la vittoria elettorale di Giammarinaro, venne organizzato un convivio al quale parteciparono noti mafiosi tra i quali Francesco Errera e Gaspare Titone.

Episodi riferiti dal collaboratore Leonardo Canino - Canino ha detto di avere assistito in compagnia di Leonardo Coppola, mafioso di Locogrande (frazione del territorio di Trapani), ad una dichiarazione televisiva post-elettorale dell'On. Canino e di avere udito il Coppola che affermava che Cosa Nostra in quell'occasione aveva "scaricato" il Canino ed aveva appoggiato Giammarinaro perché “era una persona buona che aiutava gli amici”.

Le dichiarazioni del collaboratore Angelo Siino hanno ricondotto l’appoggio elettorale di Cosa Nostra nella Sicilia occidentale ai candidati della corrente andreottiana della Democrazia Cristiana, tra i quali Giammarinaro, che riportarono tutti un lusinghiero risultato elettorale, al volere dell'On. Salvo Lima e di Ignazio Salvo - con il consenso di Giovanni Brusca - e alla strategia di più alto profilo finalizzata a ricercare una posizione di forza negoziale da impiegare nei confronti dell'On. Andreotti, allo scopo di ottenere i buoni uffici in funzione dell’esito del primo Maxiprocesso alla mafia, all'epoca prossimo al giudizio di Cassazione; al riguardo il Tribunale ha valorizzato le dichiarazioni del Siino sottolineando la coerenza complessiva tra il racconto del Siino e la militanza accertata sul campo di vari esponenti indiziati mafiosi, i quali coadiuvarono il Giammarinaro nel corso della campagna elettorale.

Altre dichiarazioni e altre circostanze sono quelle riferite da Giuseppe Messina, commercialista di Trapani, elemento di raccordo tra la famiglia mafiosa di Trapani, capeggiata da Vincenzo Virga, e quelle della provincia, nonché curatore degli interessi mafiosi nel campo imprenditoriale e degli appalti pubblici. Nello squarciare il velo sulle ingerenze mafiose nella gestione della cosa pubblica a Trapani il Messina ha riferito di avere conosciuto Giammarinaro su presentazione dell'On. Perricone, nel periodo in cui intendeva aprire uno studio di commercialista a Salemi e di avere chiesto l'autorizzazione ad avviare l'attività professionale a Ignazio Salvo che non aveva opposto alcuna difficoltà e lo aveva segnalato a Giammarinaro.

Il Messina ha confermato la familiarità di Pino Gimmarinaro con vari esponenti della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, segnalando un incontro avvenuto alla presenza del noto mafioso Bruno Calcedonio, in occasione del quale il Messina si era lamentato della scarsa collaborazione di Giammarinaro nell'indirizzare clienti al proprio studio; il Messina ha anche riferito che il Giammarinaro, nell'udire le insinuazioni pubbliche dell'On. Canino sugli appoggi mafiosi alla candidatura dello stesso Giammarinaro commentò risentito con Francesco Messina e Vincenzo Virga questo è l'uomo che avete fatto eleggere per venti anni”, evidenziando in tal modo le superiori garanzie di fedeltà ai vincoli costituiti con l'organizzazione mafiosa da lui offerte rispetto al voltafaccia di Canino.

Metodi Intimidatori - Gli  investigatori hanno avuto riscontro che la latitanza di Giammarinaro sia stata consentita dall'esistenza di una rete di favoreggiatori che lo hanno aiutato a sottrarsi alle ricerche dell'autorità di polizia. I metodi intimidatori utilizzati dal Giammarinaro sono stati indicati da Benedetto Morana, titolare della Clinica Morana di Marsala che, al fine di ottenere il rilascio delle autorizzazioni amministrative necessarie all’apertura della casa di cura privata, ha dovuto accettare l'ingresso nel capitale sociale della Clinica Morana s.r.l. dello Studio Sanitas s.n.c. e di Giacomo Lombardo, indicati come prestanome del medico provinciale di Trapani dott. Giovanni Gentile e di Pino Giammarinaro, senza un effettivo apporto finanziario da parte dei nuovi soci, i quali, in seguito, per fuoriuscire dalla società hanno preteso un corrispettivo di 700.000.000 di lire.

Il Tribunale non ha trascurato di valutare anche le dichiarazioni di Vincenzo Sinacori, collaboratore di giustizia, ex boss di Mazara del Vallo, il quale ha riferito di non essere a conoscenza di un appoggio elettorale nel 1991 della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo a Giammarinaro - ritenuto nei primi anni ’80 anni dai salemitani non affidabile - ed ha dichiarato di avere egli personalmente votato per la candidatura dell’On. Leone Vincenzo, appartenente ad altra formazione politica.

In base alla valutazione di questi elementi il Tribunale è arrivato alla conclusione chel Giammarinaro sia stato stabilmente colluso con gli ambienti mafiosi della provincia di Trapani e sia stato perciò agevolato nella propria ascesa politica da un patto concluso con i rappresentati di vertice di "Cosa Nostra" del trapanese.

Cosi scrivono i giudici  su Giammarinaro:

L'atteggiamento di apertura che è lecito attendersi da ogni uomo politico nell'esercizio del proprio mandato elettorale, per cui egli è necessariamente portato a dialogare ed a prestare ascolto ad una vasta ed eterogenea massa di cittadini, dei quali non sempre è possibile accertare l'estrazione, è tralignato in Giammarinaro in un contatto con ambienti criminali, offerto nella piena consapevolezza dell'identità dei propri interlocutori ed estrinsecato nel mettersi a servizio degli interessi dell'associazione mafiosa. L'istruzione condotta a tutto campo dal tribunale non è pervenuta all'accertamento di specifiche condotte di sostegno ad imprese dell'associazione. Essa ha però illuminato il ruolo di garante degli interessi mafiosi assicurato da Giammarinaro nell'esercizio delle funzioni di amministratore pubblico e di uomo politico, ed ha evidenziato come il proposto, per il rango acquisito, si è eretto a referente di quelle che potevano essere le esigenze e gli obiettivi dell'organizzazione, alle cui istanze si mostrava sensibile e disponibile”.

 

E in particolare il Tribunale ha così concluso: “Per il ruolo sociale ricoperto dal Giammarinaro, la pericolosità sociale del proposto potrebbe manifestarsi in forma attuale con il ritorno del Giammarinaro all'impegno attivo in campo politico ed amministrativo, in quanto è questa dimensione che ha offerto l'opportunità di mettersi al servizio degli interessi mafiosi”…“ ad onta di un declamato disimpegno del Giammarinaro dalla politica, i contatti con esponenti di partito e con amministratori locali non sono infrequenti”.

 



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