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21/12/2016 06:50:00

Calci e pugni alla moglie. Condannato a sei anni un finanziere di Mazara

 Il giudice monocratico di Marsala Lorenzo Chiaramonte ha condannato a sei anni di carcere, nonché all’interdizione dai pubblici uffici, un appuntato della Guardia di finanza, il 42enne mazarese Biagio Foderà, processato per lesioni gravissime in danno della moglie, Antonia Castelli, di 40 anni. A quest’ultima, il 12 gennaio 2010, con calci e pugni, il Foderà avrebbe procurato la rottura della milza, poi asportata in ospedale. Teatro dei fatti è stata la loro abitazione di Mazara. La donna, in fase d’indagine, aveva dichiarato di essersi fatta male accidentalmente, a seguito di una caduta tra le mura di casa, ma lo scorso 23 giugno, in aula, in lacrime, ha dichiarato che è stato il marito a picchiarla, dopo che lei gli confessò che aveva una passione per un altro uomo. A ribadire agli inquirenti la tesi dell’accidentalità erano stati anche i familiari (genitori e fratelli) di Antonia Castelli. Ma dalle intercettazioni telefoniche effettuate sulle utenze del nucleo familiare, gli investigatori hanno tratto la convinzione che a provocare quelle gravi lesioni alla donna sarebbe stato il marito. Per gelosia. A svolgere le indagini, all’epoca coordinate dal procuratore Alberto Di Pisa, è stata la sezione di pg della stessa Guardia di finanza della Procura di Marsala. Per Foderà, il pubblico ministero Giulia D’Alessandro aveva invocato sette anni di carcere. Inizialmente, l’indagine era stata affidata dal procuratore Di Pisa al nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle di Trapani, che però non è approdata ad apprezzabili risultati investigativi. Per questo, l’allora capo della Procura marsalese affidò, poi, il compito di fare luce sul caso alla sezione di pg della Guardia di finanza della stessa Procura. “Se questo processo si è potuto celebrare – ha, infatti, affermato il pm D’Alessandro durante la requisitoria – è stato solo per la tenacia della pg, in quanto la persona offesa escludeva la responsabilità del Foderà. L’indagine parte da un esposto anonimo. Poi, il luogotenente Lubrano si accorge che c’è una piccola differenza sul luogo della caduta indicato dalla Castelli: prima il pianerottolo e dopo il terrazzo di casa. Vengono, quindi, disposte intercettazioni sui telefoni del nucleo familiare e si apre un mondo. C’è preoccupazione, infatti, tra i familiari. Dicono che è necessario stare zitti per il bene dei figli. Ma che senso ha ciò se si tratta di una caduta accidentale? Le intercettazioni sono illuminanti. Foderà viene definito un ‘assassino’ e uno che ha sporcato la divisa”. Alcuni familiari vengono, quindi, indagati per favoreggiamento. E dopo anni di silenzio, Antonia Castelli decide di parlare e nell’udienza dello scorso 23 giugno dichiara: “Ho deciso di dire la verità. Il 12 gennaio 2010 ho fatto l’errore di dirgli che c’erano stati rapporti intimi tra me e un altro uomo, anche se non era vero. Glielo dissi per allontanarlo. Ma lui è diventato una furia e ha cominciato a colpirmi ripetutamente, prima con uno schiaffo e dopo avere chiuso a chiave la stanza da letto mi ha pestato mentre ero a terra. Mi colpiva con calci alla testa, sui fianchi e sulla pancia”. Con Foderà, erano finiti sotto processo, per favoreggiamento, anche due cognati della coppia, ma sono stati assolti. Uno dei due, per altro, su stessa richiesta del pm.



Giudiziaria | 2024-07-23 17:32:00
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