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10/12/2016 06:35:00

Rifiuti: in Sicilia tasse carissime e raccolta al 7%. I dati a Trapani

 Mentre continua ad andare male la raccolta differenziata a Trapani, facciamo il punto sugli ultimi dati in Sicilia. Sono sempre più costosi i rifiuti in Italia e nella nostra regione si trovano le tariffe più alte della media nazionale, ben 381 euro a famiglia. La Sicilia è anche il fanalino di coda nella classifica per la raccolta differenziata: nel 2015 in provincia di Palermo si è toccato solo il 7%.

Sono i nuovi dati pubblicati dall’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva che disegnano un quadro ancora preoccupante. La tassa sui rifiuti continua a crescere nel corso del 2016, una famiglia media italiana ha pagato 297 euro (+0,4% rispetto al 2015). Ancora più alta la spesa in Sicilia, 381 euro l’anno, con differenze evidenti tra provincia e provincia: si va dai 288 euro di Caltanissetta ai 486 di Siracusa. La Sicilia è fanalino di coda in Italia per la raccolta differenziata: solo il 12,5% dei rifiuti viene differenziato e ben l’84% finisce in discarica. Oltre alla tariffa più alta a livello regionale, Siracusa detiene anche il triste primato nazionale di provincia meno riciclona, poiché differenzia appena il 2,8%.

E’ questo il quadro che emerge dalla annuale rilevazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva che per il nono anno consecutivo ha realizzato un’indagine sui costi sostenuti dai cittadini per lo smaltimento dei rifiuti in tutti i capoluoghi di provincia, prendendo come riferimento nel 2016 una famiglia tipo composta da 3 persone, con un reddito lordo complessivo di 44.200 euro ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. Il Dossier completo è disponibile sul sito internet www.cittadinanzattiva.it.

Prendendo a riferimento nel 2016 una famiglia tipo composta da 3 persone, con un reddito lordo complessivo di 44.200 euro ed una casa di proprietà di 100 metri quadri, se la media nazionale è di 297 euro, in terra di Sicilia si pagano mediamente 381 euro.  Andando al dettaglio siciliano il risultato peggiore è quello di Siracusa, con un costo di 486 euro, in linea con l’anno precedente. Seguono Catania (427 euro), Messina (413 euro), Ragusa (408 euro), Agrigento (401 euro), Trapani (383 euro) ed Enna (316 euro). Chiude la fila Caltanissetta con un costo di 288 euro. Tre capoluoghi siciliani, inoltre si trovano nella “Top Ten” 2016 per costo. Sul terzo gradino del podio troviamo Siracusa, che si piazza dopo Reggio Calabria (579 euro) e Cagliari (495 euro). Chiudono la classifica all’ottavo e al nono posto Catania e Messina, con la città dello Stretto “new entry” rispetto all’edizione 2015. Inutile, ovviamente, cercare città del Sud nella “Last Ten”, ovvero le dieci città dove il servizio costa meno, mentre invece robusta è la rappresentanza sicula nella classifica dei capoluoghi che hanno fatto registrare maggiori rincari rispetto al 2015. Troviamo infatti Messina (+4,1%); Ragusa (+ 3,9%), Agrigento (+2,2%) e Catania (+ 0,1%). Unico capoluogo siciliano dove la Tari è diminuita è Palermo, dove la flessione è stata del -6%.

 

Usando come parametro lo studio Ispra 2015 sui rifiuti (l’edizione 2016 sarà presentata a Roma il prossimo 30 novembre), se la nostra regione ha prodotto circa la metà dei rifiuti della Lombardia (2.342.219 tonnellate contro 4.642.315 tonnellate, ovvero 4 chilogrammi di rifiuti pro capite in meno per abitante), in Sicilia la differenziata era inchiodata al 12,5%, (-0,8% rispetto al 2013), fanalino di coda del Sud Italia, con l’84% dei rifiuti che finisce in discarica. Nel 2015 il capoluogo che ha prodotto più rifiuti è stato Catania, con 679 chili per abitante, mentre il meno produttivo è stato Enna, con 444 chili. Il centro che però ha fatto registrare i migliori dati in termini di differenziata risulta Ragusa con il 17,3% , mentre chiude la fila Siracusa, con il 2,8% (dati Legambiente). 

La Campania è la regione più cara (427 euro annui), il Trentino Alto Adige quella più economica (193 euro). L’incremento maggiore invece in Molise (+10,9%), in particolare a Isernia dove la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti è salita a 202 euro rispetto ai 156 del 2015 (29,4%). Confrontando i singoli capoluoghi di provincia, Belluno si rileva la città più economica (149 euro all’anno), Reggio Calabria la più costosa (579 euro). 

ECONOMIA CIRCOLARE. - Carta, vetro, metalli, plastica, la stessa frazione umida, se correttamente raccolti e selezionati, permettono oggi un risparmio di 6 miliardi e mezzo sulle importazioni di materie prime dall’estero. Non solo: utilizzando quelle che i tecnici definiscono Mps, ossia materie prime seconde, il sistema Italia risparmia già oggi 2 miliardi di euro di energia, pari a circa il 10% dei consumi elettrici. A raccontare quanto vale l’economia circolare per il nostro Paese sono i numeri riportati dal Was Annual Report 2016, elaborato da un think tank di operatori del sistema dei rifiuti e coordinato dalla società di consulenza ambientale Althesys.

Secondo i dati del rapporto, a fare la parte del leone nel recupero delle materie prime seconde è oggi soprattutto l'industria cartaria, dove il risparmio di materie prime vergini è intorno ai 2 miliardi di euro medi annui. Nel settore delle materie plastiche l’impiego dei materiali di recupero porta invece risparmi per circa 500 milioni di euro annui.

Dall’indagine di Althesys emerge che lo sviluppo dell’industria del riciclo ha fatto crescere i mercati delle materie prime seconde: “Oggi – si legge nel report - le Mps hanno assunto un ruolo strategico per l’industria italiana”. Solo nel comparto della carta, negli ultimi 15 anni, la carta recuperata è quasi raddoppiata passando dal 26% del totale nel 2000 al 47,7% nel 2015. Ciò ha permesso all’Italia di diventare esportatrice netta di maceri, ribaltando la posizione storica di dipendenza dall’estero.

Complessivamente l’industria del waste management cresce in maniera stabile negli ultimi anni, toccando (solo per i primi 75 top player) un fatturato da 9,7 miliardi di euro, quasi tre volte quello del calcio italiano (3,6 miliardi). Ma le imprese più dinamiche, secondo il rapporto Was, si stanno sviluppando soprattutto nel settore della selezione e della valorizzazione dei materiali raccolti.

Lo sviluppo delle fasi a valle della raccolta è diventato un imperativo nelle politiche di gestione dei rifiuti, per questo gli operatori stanno lentamente spostando su questa parte della filiera il loro focus strategico: oggi questo segmento vale già 2 miliardi di euro. Il 73% degli operatori di questa fase della filiera tratta almeno due materiali recuperati, in particolare carta e plastica, con il 66% delle imprese attive su entrambi.

Il 60% dei player si dedica ai metalli, mentre sono il 45% quelli attivi nel vetro e altrettanti nel legno. Infine il 46% opera solo nel business degli urbani, il 33% esclusivamente degli speciali. Il 21% è impegnato su entrambi i flussi.

Secondo Alessandro Marangoni, ad di Althesys, "in Italia un significativo potenziale di sviluppo si trova nel campo dei rifiuti organici urbani (Forsu), che ha ancora margini di crescita, soprattutto nel meridione, dove 2,3 milioni di tonnellate di umido non sono ancora intercettate. La trasformazione in materie prime di nuova generazione e in energia rinnovabile con la produzione di biometano sono alcune delle sfide più concrete per lo sviluppo dell'economia circolare".



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