Sabato scorso, mentre a Trapani i Maestri Cantori del “SI” al referendum ascoltavano, estasiati, i celestiali gorgheggi dell’ usignolo di Rignano, a Marsala, fuori dalle ricorrenze comandate, s’è discusso di “Lotta di Liberazione e nascita della Costituzione”, con l’ausilio di una testimone d’eccezione: Lidia Menapace. Staffetta partigiana, vice Presidente Nazionale A.N.P.I., ex-Senatrice della Repubblica, femminista d’antan, co-fondatrice del “Manifesto”(“il più grande concentrato di fosforo del giornalismo italiano”, secondo il Washington Post). M’è capitato, nel corso del tempo, di conoscere e dialogare con diversi ‘Padri Costituenti’, con donne e uomini valorosi che sacrificarono i migliori anni della loro vita nella lotta di liberazione dal nazi-fascismo e nella paziente costruzione della Repubblica Democratica (da Camilla Ravera a Vittorio Foa, da Giulio Einaudi a Giancarlo Pajetta ed Enrico Berlinguer) ma considero un ‘dono del cielo’ aver avuto la possibilità di ascoltare le parole puntute di una protagonista della Resistenza. Parole che ci hanno aiutato a comprendere meglio un periodo cruciale delle vicende storico – costituzionali del Paese: che si apre con l’estensione dello Statuto Albertino al Regno d’Italia(1861) e, a distanza di quasi un secolo, ci consegna (1948) la “Costituzione più bella del mondo”. Non solo per ‘cosa’ c’è scritto (fonte d’ispirazione, in seguito, per la Dicharazione Universale dei Diritti dell’Uomo) ma per ‘come’ è scritto (Premio Strega 2006 ‘per la sua lingua cristallina’). Periodo magmatico e controverso, senza conoscere il quale si capisce poco del passato, si rischia di vivere spaesati nel presente, si fa fatica ad immaginare il futuro. Periodo che, nelle aule dell’ITET “Garibaldi”, tentiamo di far comprendere a fondo agli studenti: con le ordinarie attività curriculari relative alla storia e alla letteratura, al diritto e all’ economia, ma anche attraverso mirati itinerari bibliofilmografici (in cui ai reading da “Il secolo breve”di Hobsbawm e “Questo Novecento”di Foa, da“Sommersi e salvati”di Levi e “Il giardino dei Finzi-Contini” di Bassani si alternano le visioni guidate di “Novecento” di Bertolucci e “Il delitto Matteotti” di Vancini, “La notte di San Lorenzo” dei Taviani e “L’Agnese va a morire” di Montaldo). Periodo cruciale di un secolo – il Novecento – “terribile e meraviglioso”. Che, al suo centro, ha una delle rare pagine nobili della storia d’Italia: la Resistenza. Nella quale centomila giovani italiani persero la vita e alla quale diedero il loro contributo almeno un centinaio di marsalesi, come emerso dalle ricerche di Pino Nilo, Presidente dell’ANPI – Marsala. Omaggiarne la memoria – educando, al contempo, gli studenti a coltivare il loro spirito critico – non può significare, però, glissare sul fatto che, nell’ultimo trentennio, le classi dirigenti abbiano smentito, contraddetto, tradito principi e valori contenuti nella ‘Parte Prima’ della nostra Carta. La Sovranità e la Partecipazione del Popolo alla vita economica, politica e culturale del Paese. La Solidarietà e l’Uguaglianza delle Opportunità per i suoi cittadini. Il Diritto alla tutela della salute. La Scuola aperta a tutti e la possibilità, per capaci e meritevoli, di giungere ai più alti livelli degli studi, anche se privi di mezzi. La libertà di creare scuole private, ma “senza oneri per lo Stato”. L’obbligo,per tutti,di concorrere alle spese pubbliche,in ragione della propria capacità contributiva. Il dovere, per chi esercita pubbliche funzioni, di adempierle con “ disciplina e onore”. C’è una domanda, dunque, cui – mentre ci si accapiglia sul pastrocchio che rischia di stravolgere 47 articoli della Carta – non si può più sfuggire ed è quella che i giovani pongono con più frequenza: l’idea di Paese che emerge dalla lotta di liberazione dal nazi-fascismo, poi travasata nei 139 articoli della Costituzione, s’è realizzata? Esiste davvero la Repubblica Democratica “fondata sul lavoro”? Ecco: per chi scrive, la campagna referendaria rappresenta non solo l’occasione per dire “NO” al maldestro tentativo di modifiche pasticciate della ‘Parte Seconda’,ma anche un risoluto appello ad attuare (finalmente!) la ‘Parte Prima’della nostra splendida ma negletta Costituzione:dando senso, così, ad una disputa di cui, i cittadini italiani, stentano sempre più, a cogliere l’autentico significato.
G. Nino Rosolia