Mi sembrava uno scherzo e invece dicevano sul serio - “Quando un giorno varcando il Tocco, il nuovo edificio non disturberà, allora sarà un progetto ben riuscito!”
Questa frase, detta in passato da chi si era occupato della progettazione della ristrutturazione del palazzo di piazza della Repubblica di Mazara, letta oggi, appare come un triste presagio su quello che sarebbe accaduto. Eppure il disegno della facciata era stato affisso sul cartello di cantiere:
Quando lo vidi mi sembrò più che altro uno sberleffo, una presa in giro per i detrattori del progetto.
Mi ero sbagliato. Non era uno scherzo. Gli autori erano seri. L’edificio oggi realizzato è così come somma-riamente era stato disegnato.
E’ sotto gli occhi di tutti. Con la sua scalinata ingiuriosa per i portatori di handicap che potranno accedervi solo da un ingresso di servizio, con la demolizione della torretta e dell’avancorpo e il mantenimento di un volume e di una superficie che continuano ad essere sproporzionati rispetto la piazza, con i pannelli scultorei “al secondo ordine” a cui è stato, inutilmente, delegato l’ingrato compito di rendere piacevole una modestissima facciata di vaga memoria razionalista del ventennio.
Persino il vecchio municipio aveva l’ingresso a raso come gli attigui edifici ecclesiastici, mostrandosi acco-gliente e non soverchiante, inserendosi gradevolmente senza l’utilizzo di aiuti scultorei.
Non entrando nel merito della qualità artistica dei pannelli (la voce di popolo li ha già battezzati), non si può non ricordare come opinione condivisa sia che l’architettura debba essere costituita da volumi e superfici, quindi ambienti, organizzati organicamente per esaudire le esigenze degli utenti, con gradevolezza estetica e di conseguenza nel rispetto del contesto in cui viene realizzata.
È dalla felice congiunzione di questi componenti che si valuta la validità di una costruzione e non per il forzoso inserimento su essa di “pannelli scultorei”.
Qui il volume soverchia il delicato equilibrio costituito dalla superficie della piazza e degli storici edifici che la cingono. Entrando dal “Tocco” la superficie della facciata produce un effetto impattante persino peggiore di quello precedente, che, ironia del caso, era mitigato dal gioco volumetrico dell’avancorpo e della torretta.
Il disegno ricorda tristemente le opere razionaliste del ventennio fascista. Uno stile architettonico che ha avuto il suo indiscutibile pregio quando l’architettura ruppe con il neo ecclettismo e il neo classicismo e in Italia raggiunse la massima espressione con l’architetto Terragni per poi essere tristemente superata dall’architettura celebrativa del regime espressa da Piacentini.
Oggi le possibilità tecniche consentono scelte estetiche di ben altro tenore senza che, dai tempi del Beau-borg, ci si formalizzi sull’inserimento di costruzioni moderne in contesti storici senza indugiare su false rico-struzioni.
Mazara, per non aver voluto indire un concorso di idee, ha perso la grande occasione di aprirsi alla cultura architettonica nazionale, europea e magari mondiale. È stato preferito un banalissimo accomodamento con serramenti nuovi, marmi nuovi, lastre di pietra nuove, che se da un lato ha eliminato il precedente sconcio, dall’altro ha riprodotto un corpo estraneo alla piazza.
Come già ebbi modo di dire, l’edificio precedente era figlio di una politica incapace di pensare al bene della città. Ora è possibile affermare che il figlio di quell’edificio è nipote di una politica incapace di pensare al bene della città. Una politica che, sebbene le iniziali aspettative, si è rivolta essenzialmente al soddisfaci-mento di visioni personali, slegate dal sentire comune e dalla storia di Mazara.
Con la banale ristrutturazione dell’orrido palazzaccio in piazza della Repubblica è stata persa una grande occasione.
Ignazio Bascone