La sezione misure di prevenzione della Corte d'Appello di Palermo ha confermato la maxiconfisca da 700 milioni nei confronti dell'imprenditore della grande distribuzione Giuseppe Grigoli, originario di Castelvetrano e considerato prestanome del superboss. Per i magistrati Grigoli non sarebbe, come lui stesso aveva cercato di accreditarsi, vittima di Cosa nostra ma "imprenditore colluso", che ha seguito un "intero percorso esistenziale" al servizio di esponenti dell'associazione criminale, "primo tra tutti il Matteo Messina Denaro", ultimo latitante di spessore della mafia.
Passa allo Stato così l'immenso patrimonio del patron della Despar, dai supermercati sparsi in mezza Sicilia alle aziende della grande distribuzione. I beni sono ritenuti di fatto del superlatitante. Il provvedimento è stato emesso dal collegio presieduto da Maria Patrizia Spina, a latere Antonio Caputo e il relatore Raffaele Malizia, e ribadisce la figura di sostanziale prestanome rivestita da Grigoli. Confermato il decreto della sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani, risalente al luglio 2013, con la revoca formale del sequestro di due società, il Gruppo Grigoli Distribuzione e il Gruppo 6 Gdo, perchè entrambe sono state definitivamente confiscate in sede penale e la nuova confisca sarebbe stata, nella sostanza, un duplicato della prima. Il Gruppo 6 Gdo gestiva direttamente 43 punti vendita, situati in numerosi paesi delle province di Trapani e Agrigento e altri 40 punti vendita affiliati al marchio Despar. Grigoli ha 67 anni e ne sta scontando 12 di reclusione: i suoi beni sono considerati "di origine e di natura mafiosa" e sono costituiti da 12 società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per 60 ettari. A indagare su di lui sono state la questura di Trapani e la Dia. Confermati anche i quattro anni di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.