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19/08/2016 06:30:00

Castelvetrano, quel pasticciaccio brutto di via La Farina

Non si può aspettare ancora”. E’ quello che emerge da un’ordinanza del sindaco per la demolizione di una casa in pieno centro storico.

Si tratta di un edificio con seri problemi di erosione delle fondamenta, che alla fine del 2014 aveva indotto Errante ad aprire al traffico un breve tratto del sistema delle piazze per evitare che il passaggio continuo delle auto proprio sotto quella casa, potesse peggiorarne le condizioni.

Il flusso veicolare, dopo il primo tratto di via La Farina era stato deviato nella via Pappalardo (la casa si trova proprio all’angolo tra le due vie). Le macchine spuntavano quindi all’altezza del teatro Selinus, percorrendo poi l’ultimo tratto della piazza pedonale, attraverso i “temporanei” e molto discussi cordoni blu (per garantire il passaggio dei veicoli e contemporaneamente inibirne la sosta).

 

Una scelta che però, sotto quel punto di vista, non è servita a nulla: la casa oggi sta per crollare. Le crepe sono molto profonde e da tempo si nota un’evidente inclinazione dell’intero edificio.

Il Comune, con un’ordinanza del 20 luglio scorso ne ha ordinato la demolizione. Nel documento si legge che i tempi per il progetto e la relativa “messa in sicurezza” dell’edificio “potrebbero essere fatali e che “il degrado dell’organismo strutturale dell’edificio non consente di indugiare ancora”.

Ecco perché l’ingresso di via La Farina (dal lato di via Savonarola) è stato chiuso con una transenna attaccata a due pesanti blocchi di cemento e chi ci abitava (indigente e con problemi di salute) è stato trasferito da un’altra parte.

Dopo quasi un mese però, a parte un timido puntellamento, non c’è ancora stata nessuna demolizione: la casa è ancora pericolante e la via è ancora chiusa.

Alla demolizione dovrebbero pensare i proprietari (che pare risiedano nel ferrarese). Anche se nell’ordinanza è scritto chiaramente che trascorsi sei giorni dalla notifica, procederebbe il Comune con l’intervento sostitutivo, addebitandone le spese ai proprietari.

 

Ma l’immobile era un pericolo per la pubblica e privata incolumità già più di un anno e mezzo fa. Nel febbraio 2015 infatti il sindaco ne aveva ordinato lo sgombero e la messa in sicurezza. Oltre ai lavori “senza indugio” relativi al ripristino del corpo stradale compreso tra le due vie, per risolvere il problema dell’erosione delle fondazioni, in modo da ricreare le condizioni si stabilità.

Tutto rimase sulla carta, senza alcun tipo di lavoro, fino a quando viene ordinato il divieto temporaneo di transito e di fermata nella via La Farina e via Pappalardo dall’11 al 15 luglio scorso, proprio per fare quei lavori che erano stati decisi un anno e mezzo prima.

Il 16 luglio però, “rilevato che i lavori in questione non sono stati ultimati nel termine in precedenza stabilito” l’ordinanza viene prorogata fino al loro completamento, con “divieto di transito e di sosta a tutti i tipi di veicoli”.

Quattro giorni dopo ecco che arriva l’ordine di demolizione.

Oggi, a distanza di un mese, la città si trova ancora con un importante collegamento chiuso, una casa a rischio crollo e due vie interdette al transito e alla sosta. Un tempo così lungo da portare i residenti ad aggirare il divieto, accedendo con le macchine dall’altra parte della strada.

 

Rimane a questa casa cadente il ruolo determinante nell’apertura di quel breve tratto della piazza Carlo D’Aragona. Infatti, quando la pressione dei commercianti della zona era diventata forte (erano già state raccolte migliaia di firme per la riapertura), i piani di approccio della questione si erano confusi. Ed il motivo della riapertura di quel tratto fu attribuito ad un problema di sicurezza pubblica, nell’assunto che il passaggio delle macchine doveva essere deviato, perché pericoloso per la staticità di quell’edificio.

 

Il sogno degli esercenti però, che avevano visto crollare vertiginosamente il proprio fatturato sin dall’inizio della pedonalizzazione delle piazze del centro, è continuato ad essere quello degli stalli di parcheggio. Cosa più difficile da realizzare, visto che i trasferimenti europei vincolano alla pedonalizzazione. E’ come se l’Europa avesse detto: “Se diventa pedonale vi diamo i soldi per l’opera, altrimenti niente”.

E dato che i contributi europei per le opere pubbliche del sud (piccole o grandi che siano) hanno da sempre quella funzione trasversale di ammortizzatore sociale (dare lavoro in aree depressionarie), ecco che per i sindaci tutto ciò che è finanziato dalla comunità Europea, va bene a prescindere. E se c’è la possibilità di aggiungere alla pedonalizzazione anche dei piccoli tratti che magari sarebbe stato opportuno lasciare aperti al traffico, fa niente: sempre soldi sono.

La demolizione dell’edificio di fatto renderà ingiustificabile l’apertura dell’ultimo tratto di piazza Carlo D’Aragona. Giusto in tempo per creare negli esercenti della piazza un altro tipo di speranza di “soluzione definitiva”, in vista delle prossime elezioni amministrative del 2017.

 

Egidio Morici

 

 

 

 



Cittadinanza | 2024-07-24 12:46:00
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