Ho avuto modo tempo fa di incontrarmi con un brillante teologo che insegna in una università teologica di Roma. Ne ho approfittato per condividere con lui un dubbio che portavo e porto ancora dentro di me. Possibile che nella preghiera snoccioliamo tanti desideri, come se presentassimo a Dio l’agenda del giorno, anche se poi ci confortiamo col ‘sia fatta la tua volontà’? Come risposta mi è stato ricordato che lo stesso Gesú ci ha insegnato a pregare cosí. Ho capito che non aveva un’altra risposta che potesse soddisfarmi. Anzi è stato lui a condividere con me una sua perplessità, sempre in riferimento alla preghiera: come mai Dio non esaudisce le nostre preghiere, nonostante le promesse che nei vangeli vengono riferite a Gesú, tipo ‘tutto quello che chiederete al Padre nel nome mio egli ve lo darà’? Ho visto che sulla preghiera il mio teologo era al buio come me. Qualche settimana fa tutti a Marsala ci siamo commossi per la vicenda del piccolo Andrea, tutti abbiamo pregato il Signore che lo salvasse e lo rendesse vivo alla sua famiglia, in Chiesa Madre perfino l’arciprete don Ponte ha organizzato pubbliche adunate di preghiera a tale scopo.
Purtroppo no, Andrea non ce l’ha fatta! Le preghiere di una intera città non sono servite a niente!
E qui bisogna che escano allo scoperto quelli che insistono sull’efficacia della preghiera. So che cominceranno a dire: bisogna accettare la volontà di Dio, forse da questo dolore il Signore saprà trarre altro bene a noi per ora sconosciuto, e bla bla bla….insomma cercheranno di scusare Dio!
Io vorrei tanto risolvere il mio problema e quello del mio amico teologo. Mi ha sorpreso e mi fa meditare quello che ha scritto Dietrich Bonhoeffer, carcerato in un campo nazista in mezzo a tante atrocità – figuriamoci come si pregava in questi campi! – Riporto le sue parole di credente cristiano: Il nostro diventare adulti ci conduce a riconoscere in modo piú veritiero la nostra condizione davanti a Dio. Dio ci dà a conoscere che dobbiamo vivere come uomini capaci di fare fronte alla vita senza Dio. Il Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona. Il Dio che ci lascia vivere nel mondo senza l’ipotesi operante di Dio è il Dio davanti al quale permanentemente stiamo. Di fronte a Dio e con Dio viviamo senza Dio. Dio è debole e senza potere nel mondo e questa è esattamente la via, la sola via, nella quale Egli è con noi e ci aiuta.(1)
Non sono le parole di un ateo, ma di un credente cristiano che aveva raggiunto un’idea ben precisa: Dio non è lo sbroglia-matasse, come insegnano le chiese. Dio è la fonte della vita, la fonte dell’amore, la fonte dell’essere che è in noi. E Dio non abita nei cieli (quali cieli?), semmai abita in noi, noi siamo il suo cielo. Nel tempo gli uomini, per fare fronte al senso di insicurezza e di ansia esistenziale, hanno elaborato diverse immagini della divinità. Dapprima l’animismo sembrava rispondere ai bisogni degli uomini, che cosí riuscivano a vivere in armonia con la natura e con i fenomeni celesti. Poi questa soluzione divenne stretta, quando cominciarono a spiegarsi il movimento degli astri, l’origine del fuoco e della pioggia. Cosí nacque l’idea di un unico Dio, ma nella sua forma tribale: ogni popolo aveva il suo Dio, che faceva vincere le battaglie e al quale bisognava sacrificare qualcosa, do ut des. Dapprima col lavoro di diversi filosofi e poi con l’avvento del cristianesimo, è maturata la consapevolezza che c’è un solo Dio per tutti i popoli, ma è rimasta l’idea che bisogna ingraziarsi questa divinità con atti di ossequio, con l’accettazione della sua volontà che governa anche le guerre e le pestilenze, e alla quale chiedere aiuto nel bisogno. Questa è la visione teistica di Dio.
Ma ora è giunto il momento di liberarci di questa visione di Dio. E la bibbia? Che ne facciamo? La riconduciamo al suo ambito vero: è una raccolta di scritti umani, da accettare come testimonianza di fede, espressa secondo le idee delle diverse epoche in cui fu scritta. Senza alcun timore riverenziale, da studiare senz’altro, ma anche da criticare. Basti pensare come è primitiva l’immagine di un Dio che uccide i primogeniti egiziani per consentire la fuga al popolo di Israele, o quella di un Dio che conduce in guerra il suo popolo. Oggi la nostra razionalità è in grado di emendare questa visione distorta di Dio, tenendo conto di come avanza la scienza e la conoscenza sia della natura che del nostro stesso essere. Non dobbiamo piú pregare? Chi dobbiamo pregare? Cosa significa pregare? Spero di proseguire presto con queste mie riflessioni.
Franco D'Amico
24 maggio 2016
(1)Lettera scritta a E.Bethge il 16 luglio 1944 –‘Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere. Queriniana, Brescia 2002)