Molti storceranno il naso: i soliti avvocati! Ma costoro sono gli stessi che, ignorando le questioni e la sostanza della protesta, sarebbero pronti ad ammantarsi di garantismo non appena dovessero avere a che fare direttamente con il sistema giustizia. Questi giorni di astensione, di fatto, dovranno costituire motivo di riflessione sulle questioni sottese all’azione di protesta dei Difensori nonché occasione di proposta al potere esecutivo e al Legislatore affinché, finalmente, si ponga in essere una riforma della giustizia aderente al principio costituzionale del giusto processo. Un principio che viene applicato anche tramite il diritto di ciascuno a essere giudicato in tempi ragionevoli, il diritto di difesa, il diritto a impugnare, il diritto alla riservatezza delle conversazioni che può, e deve, essere sacrificato solo e soltanto quando sussistano indispensabili esigenze investigative, il diritto dell'Imputato e del Difensore di essere materialmente e non virtualmente l'uno accanto all'altro, innanzi al Giudice, durante la celebrazione del processo.
Nella proposta di riforma, di contro, non è prevista nessuna iniziativa seria per assicurare la ragionevole durata del processo, nessuna riorganizzazione del personale di cancelleria il cui organico è gravemente deficitario – appena sufficiente ad assicurare l'ordinaria amministrazione - nessun rimpiazzo dei pensionamenti: quando si è provveduto a colmare qualche vuoto, lo si è fatto con personale proveniente da altre, diverse, amministrazioni, privo della specifica, indispensabile cultura e preparazione personale.
Altra carenza si ravvisa nell'organico della Magistratura, in merito alla quale si ritiene di completare gli organici delle cosiddette “sedi disagiate” con applicazioni temporanee che lasciano sguarnite quelle di provenienza; inoltre, gli incarichi extra-giudiziari dei
Magistrati non possono non incidere sostanzialmente sulla efficienza del servizio.
A fronte di ciò, quali sarebbero le “soluzioni” progettate con la riforma e che i Difensori ritengono inaccettabili?
La dilatazione della prescrizione che allunga indefinitivamente i tempi del processo e che è un istituto che si pone in contrasto con il diritto alla giusta durata del processo.
La limitazione delle impugnazioni, sebbene la statistica, tanto cara ai burocrati ministeriali, dimostri quanto elevato sia il numero di annullamenti di “doppie” condanne da parte della Corte di Cassazione, con assoluzioni nei giudizi di rinvio, e le stesse Corti di Appello riformino circa il quaranta per cento delle sentenze impugnate. Addirittura, secondo taluni, il giudice che ha emesso la sentenza dovrebbe verificare la
specificità dei motivi di impugnazione e, quindi, dichiararne o meno la inammissibilità, avversando oppure tutelando la sentenza da lui stesso pronunciata. Inoltre, si tende ad accentuare l'aspetto formale dell’impugnazione (termini, soggetti legittimati, luogo di
presentazione) moltiplicando, conseguentemente, le ipotesi di inammissibilità.
Ancora, è stato previsto il venir meno del diritto alla riservatezza delle conversazioni. Una ipotesi intollerabile, un diritto negato, al quale gli Avvocati Penalisti ribattono chiedendo la severa applicazione alla normativa vigente che prevede limitazioni in base ai reati, che richiede provvedimenti autorizzativi motivati nei quali sia possibile individuare il ragionamento adottato dal Giudice e che sancisce che le intercettazioni siano autorizzate ove assolutamente indispensabili per la prosecuzione delle indagini. Una normativa rigorosa, stravolta, sovente, da una prassi autorizzativa che assume carattere di frenesia. Nel progetto di riforma del rito abbreviato, inoltre, è inserita l’incentivazione dei riti alternativi ma a prezzo di intollerabili sanatorie con le quali convalidare nullità e inutilizzabilità che inficiano le indagini: atti nulli poiché formatisi in violazione della legge processuale, quali dichiarazioni dell'Indagato non utilizzabili in quanto rese in assenza del Difensore, e intercettazioni anch’esse inutilizzabili in quanto autorizzate nell'insussitenza delle condizioni che le consentono, diventerebbero prove a tutti gli effetti.
A questo porterebbe il progetto di riforma del rito abbreviato, vanificando il diritto di difendersi da accuse fondate su investigazioni viziate, tramite il miraggio, spesso vano, di una pena mite, come se fosse più rilevante la qualsivoglia definizione del processo piuttosto che l'affermazione dell'osservanza delle norme processuali.
Altro che giusto processo!
Il diritto di difesa, infine, si attua anche mediante il rapporto diretto tra difensore e imputato nel corso dell'udienza: entrambi hanno il diritto–dovere di interagire direttamente, senza intermediari elettronici, affinché il Difensore sia posto nella condizione ideale per esercitare il mandato difensivo. Per questo, occorre arginare, non certo estendere, come proposto nella riforma, il “processo a distanza”. Gli Avvocati, ogni giorno, nelle aule giudiziarie d'Italia, lottano per un processo giusto affinché il cittadino sia giudicato sempre secondo giustizia: per questo sono pronti a contrastare con fermezza ogni iniziativa diretta a vanificare i diritti garantiti dalla Costituzione della Repubblica Italiana. E ciò anche nell'interesse di coloro i quali, scetticamente, per principio e senza voler comprendere, disapprovano.
Il Presidente della Camera Penale di Trapani
Salvatore Alagna