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18/05/2016 06:20:00

Don Librizzi, molti sapevano ma nessuno denunciava. Indagini sui centri di accoglienza

Ci sono soprattutto le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche di don Sergio Librizzi, l’ex direttore della Caritas di Trapani, raccolte nelle 130 pagine delle motivazioni della sentenza con la quale il gup Antonio Cavasino lo ha condannato a nove anni di reclusione per concussione e  violenza sessuale. Il prete ha abusato del suo ruolo all'interno della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di asilo politico, e in cambio di agevolazioni per il rilascio della documentazione chiedeva ed otteneva favori di tipo sessuale dagli immigrati extracomunitari che arrivavano sulle coste siciliane. Librizzi si faceva forte della sua posizione di potere, al fine di abusare sessualmente dei malcapitati che si rivolgevano a lui per essere aiutati. L’ex direttore della Caritas, attraverso la cooperativa Badiagrande controllava tutti i centri di accoglienza migranti presenti nella provincia, tra i quali il Cie di Milo ed il Cara di Salinagrande, mediante una rete clientelare di cui facevano parte anche membri delle forze dell'ordine, del mondo del volontariato, della diocesi trapanese e dell'apparato amministrativo locale.

“Sono discorsi che girano potentissimamente con tutti i preti e ho motivo di pensare pure col vescovo, come col vescovo prima...”. A riferire queste parole di avvertimento a don Librizzi, è don Pietro Messana, parroco di Erice e stretto collaboratore del vescovo Francesco Miccichè che consiglia molta prudenza al prete. Don Messana: Non lo so ma guarda dico che purtroppo c’è gente, c’è gente, giurano che è così, anche tra questi terzomondiali, per questo riguardati…mi dispiace dirti così ma non è che è la prima volta che te lo dico, è la prima volta che te lo dico?”. Dalle motivazioni della sentenza e in questo caso dalle parole di don Messana, viene fuori uno spaccato  che il giudice Cavasino definisce così: “Colpevole inerzia e l’ipocrita indifferenza di chi poteva denunciare il suo arrogante ed illecito abuso di potere”. Insomma, molti, anche in seno alla Curia sapevano del caso Librizzi ma nessuno denunciava, e molto probabilmente sapevano anche alcuni esponenti delle forze dell’ordine. Dalle parole che dice Messana, si percepisce che lo stesso vescovo Miccichè, indagato in altro procedimento connesso per appropriazione indebita, sapeva del comportamento di Librizzi ma faceva finta di nulla.

Librizzi non doveva essere scalfito, perché faceva comodo il suo ruolo di direttore della Caritas. Da lì arrivavano le somme che, anziché essere destinate ad opere di carità con l’8 x mille, venivano versate nei conto correnti di mons. Miccichè.

In un'altra conversazione don Librizzi viene intercettato proprio con un immigrato: “Sono una persona importante, faccio parte della comissione, posso farti avere tutto o posso rendere tutto più difficile. Ma tu che mi dai in cambio?”, si rivolgeva così e li costringeva agli abusi. Ma nella Curia, come ormai appurato, molti sapevano e nel rincorrersi delle voci, Don Messana tentava di mettere in guardia ancora una volta don Librizzi: «Ti devi guardare dal di dentro. Le voci sempre più insistenti, di persone che accusano chiaramente, che tu dai il posto solo dietro prestazioni. Quattro mesi fa, un anno fa... che ti ho detto sempre? Non è una voce isolata, credo che siano due o tre nuovi che si sono aggiunti negli ultimi sei o sette mesi, che dicono di essere stati “incipiati”. Devi assolutamente tagliare anche quei modi di fare che possono prestarsi all’ambiguità. Tagliare... dici, ma io come faccio? Lo so, lo capisco ma pazienza». E Librizzi a questi ulteriori avvertimenti, replicava così: «Tutto il sistema deve difendermi da questa situazione, attenzione».  Secondo gli inquirenti a capo del sistema ci sarebbe stato proprio mons. Miccichè.

Dalle indagini che hanno portato al processo e alla condanna di don Librizzi si è arrivati ad altri due filoni d’inchiesta. Uno è quello che riguarda i fondi della caritas che vede indagato mons. Miccichè e l’altro che riguarda la gestione e gli affari attorno ai centri d'accoglienza in provincia di Trapani. In provincia di Trapani, come già riportato da Tp24, ci sono circa 3.000 richiedenti asilo, ospiti nelle diverse strutture dislocate nel territorio. Cosa che comporta un giro di affari molto appetibile, di circa 60.000 euro al giorno. Le strutture per l'accoglienza degli immigrati ricevono, infatti, dai 32 ai 35 euro al giorno a persona. Gli immigrati vengono ospitati nelle strutture più diverse, riconvertite in centri accoglienza: hotel, case di riposo, ville sul mare, locande, immobili confiscati alla mafia. Dalle indagini condotte dal Procuratore di Trapani, Marcello Viola,  che coordina i sostituti Paolo Di Sciuva, Sara Morri ed Andrea Tarondo, sono scaturite nei giorni scorsi le audizioni della commissione parlamentare che si sta occupando dei possibili illeciti del settore dell’accoglienza dei migranti. Oltre a coinvolgere Librizzi e Miccichè, come punto di contatto troviamo alcuni politici, tra i quali l’ex re della sanità trapanese, Pino Giammarinaro, che il mese scorso ha detto pubblicamente di non avere alcun interesse nell’accoglienza dei migranti, chiedendo ai magistrati di essere ascoltato, e poi l’ex deputato regionale dell’Udc Norino Fratello, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, che tramite la cooperativa Letizia gestiva due centri a Castellammare del Golfo. 

 



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