Salemi. Toh! Dopo il fallimento degli Ato rifiuti ora spuntano quelli idrici
Ma l' acqua gira e passa e non sa dirmi niente di gente, di me, o di quest' aria bassa….ottusa e indifferente cammina e corre via lascia una scia e non gliene frega niente...”, così Francesco Guccini in una bella ma non molto nota sua canzone.
Sembrerebbe una subliminale allusione alla fallimentare gestione delle acque in Sicilia e allo stato disastroso delle condotte idriche isolane e provinciali, non escluse quelle di Salemi.
Basterebbe un lungo giro per le vie cittadine e delle frazioni del “Borgo tra i più belli d’Italia”, per averne la conferma.
I filmati e le foto che vi mostriamo sono molto più eloquenti di mille parole. Ci mostrano lo spreco giornaliero di migliaia di ettolitri di acqua e a pessima qualità del prezioso liquido che entra nella case, causando danni a uomini e cose.
Ma l’intera problematica, che ha radici antiche, esige argomentazioni molto più dettagliate. E i nostri lettori meritano un più ampio ventaglio di informazioni.
Una cosa ci sembra inoppugnabile. Se lo stato delle cose in questo settore, è quello che è, lo si deve non a calamità naturali o ad un’oscura nemesi divina, ma solo per colpa dell’uomo. Delle sue scelte politiche, operate con scarsa oculatezza e non sempre tenendo come stella di riferimento l’interesse pubblico e della comunità.
Meno di un anno fa, è successo che, in piena canicola agostana, mentre il popolo che può permetterselo affollava le spiagge siciliane, una parte dei deputati dell’Assemblea Regionale (coloro i quali sostengono che questi signori non lavorano, sono serviti!) ha approvato una legge subito battezzata, da chi l’ha votata, come “la norma che riporta l’acqua pubblica in Sicilia”. Si tratta della legge 11 agosto 2015 n.19 “Disciplina in materia di risorse idriche” , pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n.34 del 21 agosto 2015. Ma nulla di tutto ciò. Agli osservatori più smaliziati, più che una legge organica è sembrata piuttosto una scatola vuota. A riempirla con circolari attuativi ci avrebbero pensato gli assessorati interessati, si saranno detti.
Ma renderla esecutiva è apparso subito un compito arduo. Più difficile di quanto prevedessero, ma anche una sorta di retromarcia.
Basterebbe la lettura dell’articolo 3! A sorpresa, si sancisce il ritorno gli ATO, gli Ambiti Territoriali Ottimali.
Avete letto bene. Proprio gli stessi Ato definiti dalla maggior parte dei politici, locali e regionali, la causa del fallimento delle gestioni dei settori rifiuti e idrico.
E tuttavia, dall’assessore regionale alle acque e rifiuti, Vania Contrafattosono stati individuati i 9 Ato Idrici, coincidenti con le abolite province, oggi Liberi consorzi. Una perimetrazione definita da un Decreto, il n. 75/2016 e adottato il 29 gennaio 2016 in attuazione della sopracitata legge.
In ogni Ambito, come avveniva già in passato, è costituita un’Assemblea territoriale idrica composta dai sindaci dei comuni ricompresi nell’Ato i quali eleggono a loro volta il presidente dell’assemblea. Un film già visto. Un ritorno al passato, come si vede, che potrebbe, come in precedenza, generare mostri simile “l’anomalia agrigentina”.
I comuni possono costituire sub-ambiti interni all’ATO per la “gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267” (art. 3, comma 3).
Poco conta se nel frattempo, il Consiglio dei Ministri, il 20 ottobre 2015, ha disposto il provvedimento di impugnativa sempre per la stessa Legge regionale 19/2015.
Secondo il Governo infatti numerose norme contenute in questa legge “contrastano con le norme statali di riforma economico sociale in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell’ambiente, spesso di derivazione comunitaria, eccedendo in tal modo dai limiti posti alle competenze regionali dall’art. 14, primo comma, dello Statuto speciale della Regione, e violando altresì l’art. 117”. Pasticcio siciliano in salsa italiana o viceversa? Non fa differenza. Tanto a pagare rimane sempre il contribuente con bollette esose e con lo spreco sconsiderato del prezioso liquido.
I Comuni non rispondono agli input della Regione? Poco importa.
L’assessore all’Energia, Vania Contrafatto, non si perde d’animo. La cronaca , a questo punto, potrebbe essere quella di un altro flop.
E la stessa Contrafatto a rivelarlo, in una nuova circolare, che a un mese dalle sue direttive nulla era stato ancora fatto.
Da qui l’ultimatum: i vecchi commissari degli Ato restano in sella fino alla costituzione delle nuove Autorità d’Ambito. Saranno proprio i commissari a “svegliare”
Non ha usato mezzi termini, l’Assessore. La legge “obbliga” tutti i Comuni compresi nel territorio ad aderire al nuovo organismo. E come se non bastasse, la Contrafatto ha pure fornito uno statuto standard che ogni assemblea dei sindaci ha obbligatoriamente approvto (salvo poi poter modificare il tutto con una procedura piuttosto complessa). I sindaci non hanno neppure potuto stabilire la forma associativa. Essa è obbligatoriamente l’Ati.
Strano tipo di democrazia, verrebbe da dire. Roba che neanche nella Russia dei Soviet!
Con questa tabella di marcia l’assessore aveva previsto come termine ultimo il 12 aprile. Entro quella data ogni nuova Autorità d’Ambito sarebbe stata costituita e tutto avviato a buon fine. Ma non aveva fatto i conti con la Legge, molto evanescente, con la realtà siciliana sempre gattopardesca, e soprattutto con sé stessa spesso inascoltata. Tutto infatti sembra essersi arenato nelle secche dell’eterna incertezza sicula. Nell’ultima riunione del quattro maggio scorso, presso il Dipartimento Regionale delle Acque e Rifiuti, ne hanno preso atto. Dopo circa 9 mesi tutto rimane ancora da definire. Più laborioso di un parto umano!
Il tutto, è bene ricordarlo, a dispetto del referendum del 2011, con il quale ben 27 milioni di italiani si espressero per abrogare qualsiasi norma che affidava la gestione dell’acqua nelle mani dei privati.
A questo punto conviene ricordare che la Sicilia è la Regione che ha il record di gestori privati, cinque su nove. Sono questi signori che dovrebbero garantire l’erogazione, eseguire i controlli di qualità e i servizi in Sicilia.
Come la Sicilacque s.p.a., che abbiamo citato. Si tratta di una società mista a maggioranza privata: è di proprietà della Regione Sicilia solo per il 25 per cento; socio di maggioranza è la francese Veolia ( sic!).
Dopo essercene liberati con i Vespri, ritornano questi Galli per gestire questa volta le nostre acque. È questa infatti la società che vende l’acqua ai gestori privati i quali, a loro volta, la vendono ai comuni, utilizzando acquedotti le cui enormi perdite sono ripartite sulle bollette dei consumatori.
Ed è sempre Siciliacque a gestire i principali bacini idrici. Il tutto, ripeto, in un quadro normativo che, fa acqua da tutte le parti, sia a livello nazionale, sia regionale. E non è la solita battuta. Lo stato delle cose è sotto gli occhi di tutti: acqua erogata con il contagocce e di pessima qualità, costi alle stelle e perdite spaventose nelle condutture (impianti obsoleti o, peggio, furti).
Se al Nord la quantità di acqua che si perde è intorno al 30 per cento, in Sicilia questa percentuale in alcuni casi ha valori spaventosi. A Salemi, ad esempio è del 50 per cento, a Calatafimi del 51% , a Campobello del 64% ! In quale altro paese europeo si hanno simili perdite? Ma se lo chiedete al politico che eleggete con i vostri voti, vi allargheranno le braccia e vi diranno di non sapere l’origine di cotanto scempio! Ciliegina sulla torta, la decisione della Regione Sicilia di non ricorrere alla Corte Costituzionale per attivare il “processo” per resistere alla decisione dello Stato di commissariare tutto.
Un decidere di non fare nulla che lascia basiti. Le conseguenze saranno molte e nefaste. A cominciare dalla impossibilità di limitare il costo dell’acqua fino alla decadenza degli articoli (inseriti nella legge di agosto) che concedevano ampi poteri ai Comuni siciliani.
Addio all’acqua pubblica in Sicilia, quindi? Il rischio c’è, come anche di essere colonizzati da multinazionali francesi o olandesi. Lo teme uno schieramento trasversale favorevole alla gestione pubblica, che si oppone all’altro schieramento trasversale che sta lavorando in senso opposto.
Della questione che sopra abbiamo sinteticamente esposto, solo in pochi nell’ambiente politico salemitano sembrano averne presa coscienza. Uno di questi è Giuseppe Loiacono, consigliere di minoranza. In una nota che ci ha fatto pervenire retoricamente, ben sapendo la risposta, si chiede: “Com'è possibile che nessuno riesca a bloccare perdite come quella di c/da Ulmi, di via A. Favara o di via D. Alighieri, solo per citarne alcune, che sprecano migliaia litri di acqua ogni giorno da anni? E perché nessuno si è ancora preoccupato di verificare se viene utilizzato il cloro per purificare l'acqua con la quale i salemitani si lavano o cucinano? E, come se non bastasse, oltre al danno la beffa. Nella totale indifferenza di chi ci governa a tutti i livelli, questo Ente fallimentare continua a bersagliare i cittadini con bollette altissime e ingiustificabili.”
Ma anche sul piano formale , il consigliere Loiacono avanza delle severe critiche. “Dopo le eccedenze inviate negli scorsi anni” -sottolinea- in questo periodo sembra ripresa la distribuzione delle eccedenze del 2012, che non vengono notificate come le norme prevederebbero ma distribuite nelle cassette delle lettere, alla stregua di un volantino da supermercato, senza alcune cura per l'importanza dei dati al loro interno.” Sugli Ati (Assemblee Territoriali Idriche) il suo giudizio è netto e senza equivoci e trova che le “analogie con la tristemente nota Belice Ambiente sono evidenti e fanno riflettere sul rischio che si corre nel non gestire un servizio così indispensabile in piena autonomia. Mi auguro che la classe politica che ci governa possa decidere altrimenti, che venga data la possibilità ai comuni di gestire in proprio il servizio, anche perché, di disservizi e di bollette salate i cittadini proprio non ne più !”.
Dal canto suo, il sindaco Domenico Venuti, da noi interpellato sullo stesso argomento,non ci è sembrato tanto entusiasta della piega che stanno prendendo le cose. Dopo avere premesso, quasi a volere preventivamente rintuzzare eventuali critiche, che “L'approvazione dello statuto dell'ATI Idrico è un obbligo di legge e lo abbiamo fatto nei tempi stabiliti per non incorrere nel commissariamento, che avrebbe innescato meccanismi di spreco di denaro.” , ha tenuto a precisare che “ lo statuto, approvato all'unanimità nell'assemblea composta da tutti sindaci della provincia, è stato epurato da tutti gli articoli che avrebbero potuto prevedere nuove spese e contempla la possibilità di attivare sub ambiti che tengano conto di specifici bacini idrici”. Sul percorso dell’attuazione della legge ci ha confermato che “ La questione è ancora tutta da definire, come confermato nella riunione con il Dirigente Generale del Dipartimento Regionale acqua e rifiuti del 4 Maggio scorso.” E infine l’auspicio che “possa essere la volta buona per affrancarci dal disastro EAS, unico titolare e gestore della rete idrica nel nostro Comune”. Come è noto infatti, continua Venuti, “quando possiamo, continuiamo ad intervenire in sostituzione nelle riparazioni oltre che nella fornitura di automobile e carburante per gli operatori, una situazione insostenibile e non risolutiva dei troppi problemi.” E infine chiudendo con una notizia incoraggiante e che bisognerebbe sostenere, nell’interesse della città tutta: “Ho avviato un' interlocuzione con il commissario straordinario dell'EAS e avremo un incontro nelle prossime settimane per trovare soluzioni che consentano al Comune di avviare un percorso di affrancamento che prescinda dalle lungaggini nell'avvio dell'ATI Idrico.”
Infine, a beneficio di chi ci legge riportiamo alcuni dati statistici ( da prendere con le pinze, come tutti i dati statistici) riguardanti la situazione idrica del Comune di Salemi. A fronte di una densità abitativa di 64 abitanti per Kmq., le risorse idriche disponibili ammonterebbero ( il condizionale è d’obbligo, trattandosi di dati statistici) a un milione e 300mila mq all’anno, le perdite superano il 50%, la disponibilità per abitante è di 160 mq, inferiore alla media provinciale, la capacità di accumulo è di appena 3000 mq, inferiore a quella di Partanna (6.400 mq), Campobello (6150 mq), Calatafimi (4.200mq). Mentre la copertura fognaria è di appena il 65%, contro il 100% di Gibellina, il 98% di Calatafimi, il 95% di Vita, il 90% di Campobello. Impianti di depurazione per una copertura del 65%.
Parametri di un paese civile? Già, la civiltà. Ma cos’è la Civiltà?
“E l' acqua passa e gira e colora e poi stinge, cos'è che mi respinge e che m' attira;
acqua come sudore, acqua fetida e chiara, amara senza gusto né colore.”
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