Parliamo dell’aumento dei canoni irrigui e delle proteste degli agricoltori trapanesi, ne parliamo con l’agronomo Bartolo Giglio. Da alcuni giorni la vicenda è diventata davvero calda. Avete fatto una nuova assemblea?
Si, abbiamo fatto un’assemblea, è la terza della serie. Abbiamo cominciato questa attività di protesta nel mese di gennaio perché già allora abbiamo avuto coscienza che l’aumento del 400% di un canone irriguo era un qualcosa che non aveva un raziocinio normale per quelli che sono i criteri dell’economia. Dobbiamo sottolineare l’atteggiamento totalmente omissivo dei sindacati di categoria, Coldiretti, Confagricoltura e Cia che invitati ad un tavolo di trattative, si sono limitati a dire che si opponevano, ma non hanno fatto delle azioni conseguenziali, se questo fosse successo oggi ci sarebbe un ricorso al Tar, questo ricorso non c’è perchè i sindacati non hanno fatto il loro mestiere, al di là del fatto che poi hanno comprato tre pagine del Giornale di Sicilia per mettere solo una pezza… Tornando alla vertenza, noi ci muoveremo facendo dei ricorsi ditta per ditta in commissione tributaria provinciale, sperando che il servizio non sia sospeso, ma che nelle more noi non dobbiamo pagare.
Giglio, spieghiamo che cos’è un consorzio di bonifica? Noi lo associamo ad un grande carrozzone…
La bonifica è un grande concetto dell’agricoltura italiana che parte dagli ultimi anni dell’ottocento e che poi si muove nel tempo. Il soggetto pubblico seleziona porzioni del territorio lo sistema dal punto di visita della viabilità, delle canalizzazioni, della distribuzione dell’acqua irrigua e lo rende idoneo ad un’agricoltura moderna, che vigila sulle canalizzazioni, sulle viabilità e rende il territorio fruibile. Per adempiere a questo ufficio, la legge prevedeva un concorso di spesa della ditta beneficiaria commisurato alla superficie che ogni agricoltore deteneva. Fino a tre anni fa si pagava 16 euro l’ettaro all’anno per tutti i benefici che si ricevevano.
Poi che è successo, il canone è aumentato?
La percezione della gente non è mai sbagliata. La politica degli anni ’70, ’80, ’90, 2000, ha ridotto questi consorzi come dei luoghi dove poter collocare dei soggetti a diverso titolo; dall’operaio, all’ingegnere, al legale e all’agronomo e chiaramente la spesa per il personale è cresciuta a dismisura. E non solo, questi organi non è che avevano un’azione di controllo sulla spesa e sui bilanci, sembra paradossale, ma un organo che era parastatale spendeva senza rendere conto nei dettagli all’organo vigilante come la Regione Siciliana. Quindi tutto fuori controllo, e chiaramente i livelli dei dirigenti ogni anno crescevano di uno step, e quindi son venuti fuori dei numeri esagerati.
All’albo pretorio online del consorzio Trapani 1 abbiamo visto che ci sono 74 dipendenti.
In Sicilia ci sono 11 consorzi di Bonifica, quello nostro della provincia di Trapani è quello messo meglio dal punto di vista occupazionale, quello di Agrigento ne ha addirittura 200 dipendenti. C’era l’influenza dei presidenti della Regione del tempo che facevano politica nel territorio su questo. Il nostro ne ha circa 80 che sarebbe anche commisurato, il problema è che non è che sono soggetti scavatoristi o persone capaci di operare con le ruspe ma sono soggetti quasi sempre inidonei e che non sanno qual è l’articolazione di un consorzio irriguo. Purtroppo l’obiettivo è quello di andarsi ad infilare negli uffici. Devo dire pure che manca la buona amministrazione. Non sono stati gestiti bene i contenziosi con i fornitori, non sono stati gestiti bene i contenziosi per danni privati. Questa è la peggiore gestione possibile che questi commissari hanno potuto fare. Dico commissari perché dal ’95 in poi la politica è stata così brava a togliere i comprensori di bonifica dalle mani degli agricoltori e il commissariamento dura incomprensibilmente dal 1995.
Tornando ai costi perché sono aumentati così a dismisura?
Baccei invitato da Renzi a vigilare sulle vicende del Bilancio della Regione, manda un commissario che dice di ripianare i bilanci. Sostanzialmente dice: “Dovete ripianare i bilanci, e se spendete cento dovete trovare centro anche di entrate”. Non trovando entrate in altri punti, le entrate le devono generare gli agricoltori con una maggiore tassazione.
E allora come finisce questa storia?
Finisce che, se la fonte di copertura non possono essere gli agricoltori dovrebbe essere la Regione, ma siccome la Regione non è in grado, o si trovano delle soluzioni alternative, facendo cambiare mestiere al consorzio che, per esempio potrebbe occuparsi di beneficio ambientale e comunque intervenire sul carico occupazionale e mandare in mobilità alcuni soggetti. L’indispensabilità del consorzio e la distribuzione irrigua oggi è chiara, perchè la nostra agricoltura è specializzata. Per le nostre aziende è fondamentale per cui se tagliamo questo non abbiamo fatto altro che tagliare la testa al comparto, diventa un fatto di assoluta necessità intervenire su questa vicenda.