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24/04/2016 12:02:00

Alkamar, Giuseppe Gulotta e le scuse di Stato che non arrivano

Si chiamano entrambi Giuseppe e sono stati vittime di una vicenda giudiziaria agghiacciante, assurda. Una delle due storie è vera, l'altra è frutto di finzione narrativa. Per motivi di spazio non posso raccontare per intero le due storie e  lasciare a voi la possibilità d'indovinare. E comunque questo non è un gioco e, soprattutto non si vince nulla. Anzi, si perde. Uno dei due c'ha perso la vita. L'altro pure, pur restando in vita. Perdonate il preambolo, ma la prima cosa a cui ho pensato, leggendo della vicenda di Giuseppe Gulotta, è stata l'assonanza con il libro di Kafka, Il processo. Misteri, complotti, forze occulte e via discorrendo. Per comprendere meglio vi invito a leggere Alkamar, il libro che narra la vicenda di Giuseppe Gulotta. Se riuscirete a superare indenni le prime pagine potete farcela. Il protagonista del romanzo di Kafka, Josef per l'appunto, verrà giustiziato con una coltellata, dopo aver subito un processo insensato e senza aver mai saputo quale fosse la sua presunta colpa. Giuseppe Gulotta è stato più fortunato, ha saputo subito cosa avrebbe dovuto confessare, ma di coltellate ne ha prese molte di più, una al giorno per ventidue anni e oltre. E' stato torturato, non in Egitto dove ci sono i cattivi al regime che torturano i giovani ricercatori ficcanaso, ma qui dalle nostre parti. Certo, voi direte, è successo tanti anni fa, ora non si usano più questi sistemi e quelli che muoiono in carcere, gonfi di lividi e ossa rotte, cascano dalle scale, da soli. La dimostrazione che in Italia non si tortura è data dal fatto che torturare non è un reato (sic!). La vicenda ora gira sui media per via del risarcimento, sei milioni e mezzo di euro, una cifra enorme per quelli che non arrivano a fine mese. Poi però mi è bastato fare due calcoli, alla femminina, come diciamo noi, e mi sono resa conto che la cifra giornaliera che gli è stata riconosciuta per i quarant'anni di calvario, sì perché non è onesto metterci solo gli anni di carcere, è pari al costo di una degenza giornaliera in ospedale. Lo Stato ha pagato un risarcimento come se fosse stato ricoverato in ospedale per quarant'anni, senza tenere conto che in quell'ospedale ce l'ha mandato lui procurandogli pure la malattia. I danni biologici li dovrà chiedere all'arma dei Carabinieri, sarà il primo processo intentato all'Arma. Capirai che bel primato. I cattivi non stanno tutti da una parte e i buoni dall'altra, ci sono uomini delle istituzioni che sono morti per la divisa e sappiamo quanti sono, poi ci sono quelli che ammazzano con la divisa, quanti sono non lo sapremo mai. In mezzo ci sono quelli che svolgono il loro compito con onestà e coraggio ogni giorno e per molto meno di una diaria ospedaliera. Speriamo bene d'incontrare solo quest'ultimi. 

Ps: nessuna istituzione ha chiesto scusa a quest'uomo, inventiamoci qualcosa per farlo noi, usiamo la rete non solo per i teneri gattini.

 

Katia Regina

 

 

 



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