Una nuova struttura, diversa rispetto al progetto originario dell’arch. Mongiovì, sarà inaugurata a 156 anni dal famoso sbarco.
La copiosa letteratura sull’impresa dei volontari che con Garibaldi, la sera del 5 maggio 1860, s’imbarcarono a Quarto per venire in Sicilia a liberarla dal dominio borbonico ha quasi sempre associato i due termini: i Mille e Marsala. La memorialistica e la pubblicistica, infatti, in maniera ricorrente scrivono “I Mille di Marsala.” Tale binomio invalso nella storia post-risorgimentale avrebbe imposto inderogabilmente l’erezione in Marsala di un monumento ai Mille. E già, a meno di un mese dal fatidico sbarco, “ il 9 giugno 1860, in Consiglio Civico, il consigliere Curatolo propone di innalzare un monumento celebrativo dello sbarco dei Mille ma, in mancanza di risorse finanziarie, si decide di rimandare l’iniziativa a tempi migliori”.
Ecco, però, che pochi anni dopo, nel 1865, fuori Porta Nuova sorge il busto marmoreo del Generale Garibaldi, opera dello scultore palermitano Benedetto Delisi, rimanendo la Città in attesa di un “più degno monumento”.
Successivamente, il 19 luglio 1893, nell’area portuale, a ridosso della Dogana, viene eretta una colonna sormontata da una Vittoria alata, opera dello scultore palermitano Giuseppe Damiani Almeyda. Essa non resiste a lungo all’impeto delle sciroccate e crolla miseramente frantumandosi dopo pochi anni. Il suo basamento oggi si trova nell’aiuola spartitraffico della piazza Piemonte e Lombardo. In esso si legge: Marsala. memore e fiera, a perenne ricordo del luogo in cui sbarcarono i Mille e duce Garibaldi. In attesa di un più degno monumento. 11 Maggio 1893”.
Nel 1910, cinquantesimo anniversario dello sbarco, su proposta del deputato Vincenzo Pipitone, il Parlamento approva la legge n. 456 del 7 luglio che stanzia un contributo di 50.000 lire quale “ concorso dello Stato per la realizzazione di un Monumento ai Mille, in Marsala. In seguito al concorso nazionale bandito tal fine l’incarico viene affidato allo scultore palermitano Ettore Ximenes, autore di altre opere monumentali. Del bozzetto pubblicizzato con apposita cartolina illustrata viene realizzato soltanto il basamento in granito. Per il mancato pagamento delle spettanze all’autore l’opera non verrà mai completata.
Il ritorno dei superstiti
Il 29 maggio 1885, allorquando la Città di Palermo invitò i superstiti dei Mille alle celebrazioni per il 25° anniversario della liberazione, sette di essi vennero a Marsala accolti festosamente. Il più consistente ritorno dei superstiti a Marsala avvenne il 25 maggio 1910, quando il sindaco Giacomo Dell’Orto conferì alle 166 Camicie rosse la cittadinanza onoraria. Era tra gli ospiti Giovan Battista Tassara, scultore genovese, il quale annotò nel suo diario:
“Marsala non ha ancora innalzato un monumento ai Mille che qui sbarcarono in quel lontano 11 Maggio 1860. Pazienza. Essi non vennero in Sicilia per la gloria ma per un grande ideale scrissero la più bella pagina del Risorgimento italiano. Il migliore monumento che si possa innalzare a tutte le camicie rosse non sta nel marmo o nel bronzo bensì nel ricordarle spoglie da ogni scoria umana e tramandarle alle generazioni venture in una luce di amore e di grandezza. Al forestiero che viene cercando al porto o in qualche altro sito il Monumento ai Mille diciamo:”Il Monumento ce l’abbiamo nel cuore!”
Nel corso dei decenni l’aspirazione dei Marsalesi ad un monumento ai Mille non si è mai sopita e i nostri parlamentari, di volta in volta, hanno sostenuto la nobile causa fino ad ottenere, nel 1960, con Legge 23 febbraio n.90, lo stanziamento di 90 milioni di lire per l’erezione del monumento. Viene bandito il concorso nazionale e l’esecuzione dell’opera viene assegnata al concittadino architetto Emanuele Mongiovì, il cui progetto ha un percorso travagliato e infelicemente concluso a causa di una montagna di traversie burocratiche, di inefficienze amministrative e forse anche di distorte propensioni ideologiche.
La “prima pietra” del Monumento, apprezzato per l’arditezza delle dimensioni, per l’essenzialità della concezione compositiva e per la maestosità architettonica, viene posta con solennità il 14 giugno 1986 dal Presidente del Consiglio Bettino Craxi, cultore delle vicende risorgimentali, ma l’opera avviata, nonostante il cospicuo finanziamento regionale ottenuto per l’interessamento del concittadino on. Pietro Pizzo, si arresta al solo basamento comprendente dei vani da destinare ad attività culturali, con prospettive di animazione sociale e di incremento turistico.
A fermare i lavori concorrono viluppi intricatissimi tra diverse istituzioni arroccate ciascuna nelle proprie competenze (Enti locali, Sovrintendenze, Demanio marittimo) e difficoltà tecniche per il rivestimento della struttura con lastre di marmo bianco con incastri a coda di rondine di non facile reperimento. In tutta questa vicenda il fatto paradossale è la scoperta che il monumento sorge non su un’area comunale ma sul demanio marittimo e quindi si tratta di una costruzione abusiva. Con fatica e compromessi vari l’opera viene sanata e se ne limita il completamento col divieto tassativo di ulteriori elevazioni sul basamento realizzato.
Si deve alla Giunta del sindaco Renzo Carini il tentativo di recuperare il manufatto, divenuto frattanto una discarica e un esteso laboratorio dei writers. Viene indetto un concorso di idee che suggerisca come utilizzare il basamento del Mongiovì con l’aggiunta di elementi architettonici che si richiamino ai Mille. E’ il giovane architetto catanese Ottavio Abramo ad aggiudicarsi l’incarico con il progetto denominato “Mille luci”, consistente nel collocare sul basamento due murate con il nome, cognome ed anno di nascita di tutti i 1089 volontari sbarcati a Marsala. La ripresa dei lavori per il completamento dell’opera attualmente in corso la si deve al Sindaco Alberto Di Girolamo il quale non ha esitato a destinare al monumento la somma ricevuta dalla Città di Marsala quale indennizzo dei danni subiti per la chiusura dell’aeroporto “Vincenzo Florio” al traffico civile durante le tensioni con la Libia.
Certamente il non aver realizzato compiutamente il progetto Mongiovì è stata una disfatta sotto molti punti di vista: estetico, monumentale, evocativo, simbolico e storico. E’ stata una disfatta emblematica anche dell’affievolirsi dei sentimenti e delle motivazioni ideali che nel tempo non trovano consensi diffusi e persistenti vincoli con le patrie memorie.
Se dal punto di vista estetico e della fruizione contemplativa il monumento progettato da Mongiovì ha perso nella nuova variante Abramo, esso ha però guadagnato sotto altri e ben più pregnanti stimoli percettivi, di coinvolgimento e di riflessione sulla storica impresa. Intanto con nome, cognome ed anno di nascita i 1089 volontari elencati nella Gazzetta Ufficiale del 1878 ci sono tutti e tutti hanno il medesimo trattamento grafico, senza alcuna distinzione di grado gerarchico militare. Viene da pensare alla “livella” di Totò di fronte alla morte che tutti ci eguaglia. Si attenua, è vero, la tradizione del mito e si scende sul piano concreto a considerare e immaginare le singole Camicie rosse nella loro giovane età, provenienza geografica, appartenenza sociale, slancio ideale, sacrificio. E’ anche vero che i semplici dati anagrafici elencati per anno di nascita e nell’ambito di ogni leva in ordine alfabetico poco dicono della vita militare, civile e morte di ciascuno dei Mille. Ma a tale insufficienza la nostra Città offre l’opportunità di rimediare consultando con immediatezza la biografia di ogni garibaldino sul sito www.centrogaribaldino.it con l’auspicabile servizio mediatico disponibile presso il monumento. E’ stato il maestro Giuseppe Caimi, reso noto ovunque con l’appellativo “Il Maestro dei Mille”, a realizzare la raccolta delle biografie dei volontari di cui neanche i loro concittadini avevano conoscenza e memoria. Egli, nel trentennio 1950-80, mobilitò gli alunni di 5^ classe elementare attraverso la corrispondenza interscolastica e lasciò quaranta faldoni manoscritti recentemente digitalizzati da circa ottocento “volontari” della scuola e della cultura della nostra Città a cura del locale Centro Internazionale Studi Risorgimentali Garibaldini.
In conclusione, la nuova struttura sembra idonea a destare curiosità, interesse, ricerca ed approfondimenti; in tal modo essa appare funzionale al recupero della memoria degli eventi che condussero all’Unità della nostra Nazione. Salendo a bordo delle due navi con le terrazze poppiere collegate dall’unica prua, si ha la sensazione non di uno sbarco ma di un imbarco alla volta di un ideale ancora da raggiungere: la liberazione dei popoli oppressi e la fratellanza tra le nazioni. Ci si mette idealmente in viaggio in compagnia delle Camicie rosse librate al sole e nel vento della marina di Marsala.
Elio Piazza