Con il nuovo libro “Maria Santissima degli Abbandonati”, Edito dall’Asla, l’autore Salvatore Agueci continua a stupirci per la sua continua ricerca accurata che gli permette di scandagliare tematiche dimenticate e di non agevole approccio. Agueci scrive nella sua Introduzione:
«Ogni società produce, dichiaratamente, effetti positivi e altri negativi. In queste mie poche riflessioni voglio focalizzare l’attenzione su un fenomeno sociale che produce “rifiuto” e questo non in riferimento solo ai cosiddetti “barboni” o “clochard”, abbandonati per scelta esistenziale e sociale, ma a un vasto numero di esseri umani che sono lasciati a loro stessi senza che questi trovino conforto e calore nei propri simili.
In ogni società, quasi per rimorso e farsi perdonare, sono nati, nello scorrere del tempo, “strumenti” d’accoglienza a favore dei più indifesi, soprattutto bambini, fanciulle, ragazze-madri, anziani, immigrati. A essi sono state rivolte attenzioni particolari per preservarli da insidie e da effetti che simile stato di vita potrebbe comportare. Sono nate “Case” di ogni genere, sorrette da mecenati e benefattori che hanno sentito il dovere di offrire sostegno economico e morale a simili iniziative. Nel complesso, però, è stata coinvolta tutta la società nella quale queste strutture erano allocate.
La mia riflessione parte da uno sguardo che ho rivolto attorno a me su simili abbandoni, antichi e più recenti, e a un luogo che ancora oggi prende nome, nella mia città natia, di “Abbandonati”. Un altro motivo mi ha mosso: fare una ricerca sulla devozione a “Maria Santissima degli Abbandonati” per conoscerne le origini e il significato, in Italia e nel mondo. Da qui, ampliare l’osservazione per capirne il senso in una visione teologica e umana, partendo dall’abbandono di Dio e in Dio.
Ci sono state, poi, Congregazioni religiose che sono nate per servire questa categoria di “figli” di Dio. La mia attenzione si è rivolta a una di queste, nata dopo la seconda guerra mondiale, perché sia d’esempio, non solo per altre istituzioni ma anche per singoli credenti a prestare attenzione a Dio sofferente negli ultimi, nei poveri, negli immigrati, in tutti quelli che sono nel bisogno.
Una considerazione è necessaria: l’abbandono è utile se si rinuncia a se stessi e si ha fiducia in qualcuno, in Dio. In questo caso non si può parlare di vero e proprio abbandono ma di un lasciarsi guidare da chi, più e meglio di noi, conosce le regole della vita e sa condurre verso traguardi che superano la contingenza esistenziale. Così hanno fatto eremiti, suore e frati che hanno messo da parte loro stessi per offrirsi totalmente a Chi fa nuove tutte le cose.
Le pagine che seguono ci aiutano a riflettere sulle scelte quotidiane che devono essere essenziali, strumentali a un fine, cariche di valore.
Utilizzeremo la nostra vita non come un circo per divertirci ma come luogo temporaneo per realizzarci, coscienti che il nostro fine ultimo non è nelle miserie umane ma nella contemplazione divina, terrena e soprannaturale».