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22/12/2015 06:00:00

Marsala, processo "Cupido". Due condanne per favoreggiamento e sfruttamento prostituzione

 Un anno e 10 mesi di carcere, nonché mille euro di multa, sono stati inflitti dal Tribunale di Marsala ai due imputati del processo scaturito dall’indagine dei carabinieri sul “Cupid Club” di contrada Berbarello, all’interno del quale, secondo l’accusa, si sarebbero prostituite diverse ragazze. I due condannati sono Diego Marino, di 35 anni, e Francesco Bianco, di 71. Al termine della sua requisitoria, il pubblico ministero Anna Cecilia Sessa aveva invocato la condanna di Marino a 4 anni di carcere e 800 euro di multa e di Bianco a 3 anni di carcere e 600 euro di multa. Nel locale, Marino svolgeva le mansioni di cameriere, ma per gli inquirenti avrebbe controllato, diretto e amministrato l’intera “attività di meretricio”. Bianco, invece, era il proprietario dell’immobile. A difendere i due imputati sono stati gli avvocati Arianna Rallo e Paolo Paladino. Nell’indagine erano rimasti coinvolti anche Giovanni Candela, di 42 anni, legale rappresentante della coop ‘’Cupido One’’, Andrea Figuccia, di 60, e il figlio Vincenzo, di 30. I tre hanno già patteggiato la pena. Al momento dell’irruzione dei carabinieri (luglio 2013), nel locale erano presenti una ventina di clienti, sollazzati da 21 ragazze, in gran parte dell’Est Europa e nordafricane. Nel night, i militari trovarono anche mezzo grammo di cocaina. Nel corso del processo, uno dei carabinieri che si finsero clienti per accertare quanto accadeva all’interno del “Cupido”, ha dichiarato che pagando 50 euro era possibile “andare dietro un privè con una ragazza e assistere al suo spogliarello”. Lo stesso militare ha detto che “Diego Marino faceva il cameriere e vigilava sui privè”. Nel locale, per otto serate, furono effettuate intercettazioni audio-video. “Le ragazze – ha già spiegato un altro carabiniere finto cliente - indossavano solo minigonne molto corte o perizoma e reggiseno. Ci abbordavano al bar e poi sui divani, strusciandosi, ci invitavano ad andare nei privè. Mi dicevano che potevamo avere rapporti sessuali pagando 150 euro. Per 50, invece, ci dicevano che ci avrebbero fatto “divertire” per 10 minuti. In non sono andato nel privè, c’è andato un altro ufficiale di pg (Griso, ndr) che poi mi raccontò che la ragazza si spogliò e, nuda, ballava e si faceva accarezzare”. L’indagine era stata avviata a seguito dei tre incendi dolosi tra il dicembre 2011 e il febbraio 2012. Disposti, quindi, servizi di osservazione ed intercettazioni, non solo si scoprivano autori e mandanti dei danneggiamenti, ma si fece luce anche su quanto avveniva all’interno del Cupido Club. Veniva così scoperta un’organizzazione che dietro le forme di un’associazione, secondo l’accusa, ‘’celava una vera e propria casa di prostituzione’’. Andrea Figuccia, vice presidente, con il figlio Vincenzo, prima barista e poi vice amministratore, e Diego Marino, avrebbe controllato, diretto e amministrato l’intera attività. Giovanni Candela, invece, aveva il compito di reclutare le ragazze, acquisendo informazioni su età, caratteristiche fisiche ed esperienza nel settore. Nella logistica, Candela era coadiuvato da Andrea Figuccia. Vincenzo Figuccia e Diego Marino avevano la supervisione dei pagamenti, cronometrando addirittura anche il tempo trascorso dai clienti con le prostitute e incassando le somme. Alle ragazze, infine, pare, andasse anche il 50% sulle consumazioni.



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