Confermato dalla Corte di Appello di Palermo il sequestro dei beni al "re del vento" Vito Nicastri. Si tratta di uno dei più ingenti sequestri di tutti i tempi: quasi un miliardo e mezzo di euro. Sono stati esclusi gli indizi di appartenenza di Vito Nicastri con l’associazione mafiosa, ma sono stati confermati il sequestro e la confisca dei beni, valutati in un miliardo e 300 milioni di euro, dell’imprenditore alcamese definito qualche anno fa da Financial Times «Il signore del vento». Viene «restituita», invece, una lussuosa villa sul Monte Bonifato di proprietà di Manlio Nicastri, figlio dell’imprenditore. L’immobile oggi è affidato ad un’Associazione ed ospita extracomunitari. E’ quanto stabilito dalla Quinta Sezione penale della Corte d’Appello di Palermo, con un decreto emesso dopo l’esame del ricorso presentato da Nicastri, 58 anni, contro il provvedimento che era stato deciso dal Tribunale di Trapani sulla base di una misura di prevenzione ordinaria.
«Stiamo valutando l’opportunità di ricorrere in Cassazione», afferma uno dei difensori dell’imprenditore, l’avvocato Sebastiano Dara, pur se parzialmente soddisfatto per il pronunciamento dei giudici di secondo grado e ribadendo che «trova riscontro quanto ha sempre sostenuto Nicastri, che ha respinto ogni accusa».
Il sequestro dei beni dell’imprenditore alcamese «re degli impianti eolici» venne eseguito a conclusione di indagini condotte circa 5 anni fa dalla Direzione investigativa antimafia. Secondo l’accusa, dietro l’«impero» costruito da Vito Nicastri vi sarebbe stato il superlatitante Matteo Messina Denaro, che tra i suoi interessi avrebbe avuto anche lo sfruttamento delle energie alternative. Curiosità, dopo il maxi sequestro Nicastri fu intercettato a commentare quanto fatto in un paio di ore dagli agenti della Dia, disse: “Quand’è così l’avemu no’ culu!”. Più spavalda e arrogante fu semmai la moglie di Vito Nicastri, che un giorno non esitò in un supermercato di Alcamo ad aggredire e a minacciare la moglie del direttore del centro Dia di Trapani, il colonnello Rocco Lo Pane, che indagava sul marito “riducendolo sul lastrico”.
Nicastri lo scorso Febbraio è stato condannato anche dal Tribunale di Milano a 4 anni di carcere per omessa dichiarazione fiscale e truffa ai danni dello Stato. I giudici della terza sezione penale hanno condannato anche altri tre imputati a pene fino a 3 anni di reclusione e assolto quattro persone. Inoltre, hanno disposto la confisca di circa 10,8 milioni di euro, tra cui 5,6 milioni riconducibili a Nicastri e già sotto sequestro. Nicastri, nel settembre 2010 destinatario in un'indagine dei pm di Trapani di una misura di prevenzione da 300 milioni di euro come imprenditore, secondo gli inquirenti, in rapporti con Messina Denaro, era a processo a Milano per una presunta truffa allo Stato per 19 milioni di euro. Truffa che, secondo le indagini del pm Luigi Luzi, sarebbe stata realizzata nel 2008 attraverso "un'operazione di compravendita di quote societarie" di Windco da parte della società lussemburghese Lunix e la creazione di un 'fondo nero'. Secondo le accuse, Nicastri (per lui il pm aveva chiesto 5 anni e 8 mesi), titolare e amministratore della Lunix, "al fine di evadere le imposte non presentava le dichiarazioni annuali dei redditi" relative alla sua società che "risultava solo formalmente residente in Lussemburgo ma con sede dell'amministrazione stabilmente in Italia", a Milano.