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30/10/2015 14:35:00

Il viaggio di Redattore Sociale nella tendopoli dei migranti a Campobello di Mazara

  Sentono freddo, non tutti dormono su un materasso e fanno le docce con acqua fredda. Sono i 700 migranti, impegnati nella raccolta stagionale delle olive, che vivono dentro il campo “Ciao Ousman”, una tendopoli poco fuori al comune di Campobello di Mazara in provincia di Trapani. Il campo prende il nome del ragazzo senegalese di 26 anni morto nel 2013 per le gravi ustioni riportate in seguito all’esplosione di un fornetto in un’altra area abbandonata e pericolosa, dove prima era sorta la tendopoli. Dal 2014, grazie al forte impegno dell’ex collettivo “LibertArea” e attraverso l’interessamento di prefettura e comune, allora commissariato, gli immigrati hanno avuto la possibilità di montare le loro tende in uno spazio aperto presso l’oleificio “Fontane d’oro” confiscato alla mafia: un luogo dove sono stati allestiti bagni, docce, un punto cottura per i cibi ed una postazione mobile della Croce Rossa Italiana. Un campo che l’anno scorso era gestito in buona parte dai volontari dell’ex collettivo LibertArea, Libera di Castelvetrano, Libero Futuro e Croce Rossa di Trapani. Quest’anno viene gestito, in forza di un patto d’intesa, da comune, Croce Rossa di Mazara, Libera, associazione Yalla, Cif e Caritas locale. Ma a gestirlo di tutto punto sono in buona parte i sei volontari dell’ex collettivo LibertArea insieme ad un operatore-volontario di Addiopizzo.

Tendopoli Campobello 7. Oleificio

“Mancano coperte e giubbotti – dice la volontaria dell’ex collettivo LibertArea, Patrizia Moceri – e non ci sono materassi a sufficienza per tutti. Inoltre, lavandosi ancora con l’acqua fredda, sono esposti a raffreddamenti. Non solo per questo ma anche per altri malesseri che tra 700 persone possono svilupparsi, chiediamo agli operatori sanitari (medico e infermiere) della Croce Rossa di Mazara di essere presenti ogni giorno. In casi di necessità, non essendo competenti, siamo stati noi a portarli direttamente al pronto soccorso”. “Finora è tutto avvenuto sulle nostre forze. Non mancano i benefattori privati ma vorremmo anche che si facessero vive per darci una mano anche altre associazioni che negli ultimi tempi non si sono viste”. Cif e Caritas di Campobello, per esempio, pur figurando nel patto, secondo i volontari non si sono mai viste neanche per un sostegno a distanza.
I ragazzi africani sono per il 70% del Senegal a cui si aggiungono il 20% di sudanesi e il 10% di magrebini. Si tratta di immigrati quasi tutti in regola con il permesso di soggiorno che vivono con case in affitto in città del nord Italia. Inoltre, adesso, la loro manodopera lavorativa dalle aziende del trapanese, che hanno preso negli anni alcune pesanti multe, risulta tutta regolarizzata attraverso voucher o contratti stagionali. Il loro lavoro prevede un guadagno che va da 3 a 4 euro a cassetta con un massimo di 15 cassette al giorno. Una cifra che è molto bassa rispetto, per esempio alla Francia dove invece le raccolte agricole vengono pagate 10 euro all’ora.

Il campo attuale è una grande distesa di circa 400 tende piccole molto leggere che gli immigrati con ausilio di pietre, pedane e parecchi strati di teloni cercano di proteggere e rendere più forti al sopraggiungere delle intemperie. All’interno sembra di essere in un piccolo villaggio africano dove le etnie più presenti hanno realizzato in tende più grandi cinque ‘ristorantini': tre sudanesi, uno tunisino e un’altro senegalese.

Ex oleificio
Tendopoli Campobello 5. Ex oleificio

A convivere tre mesi con loro tutto il giorno (24h) insieme all’operatore- volontario di Addiopizzo Ismail è Angelo Giorgi operatore-volontario dell’associazione Yalla e affiliato a Libera. Gli unici a cui viene dato una sorta di rimborso spese insieme alla Croce Rossa. Loro, insieme a tre ragazzi senegalesi, veterani della raccolta stagionale, che sono diventati adesso volontari, assistono e accolgono gli immigrati che arrivano cercando di rispondere a tutti i bisogni primari. “Ogni giorno arrivano da 10 a 15 persone nuove ed è un flusso continuo di giovani che vengono per lavorare. E’ veramente bello – dice Angelo Giorgi – riuscire a vedere ragazzi di culture ed etnie diverse convivere pacificamente all’insegna dell’aiuto reciproco. Vige tra di loro uno spirito di condivisione veramente straordinario e con noi è nata ormai una vera amicizia. Non so se noi italiani, senza litigare, sapremmo fare ugualmente. Vediamo che si adattano continuamente anche a situazioni che non sono certo ideali. I ragazzi dicono che questo è il campo migliore che ci sia rispetto a quelli che ci sono in altre parti d’Italia”. Non è sempre stato così, nel 2013 la tendopoli, si trovava in una sorta di spazio-discarica a cielo aperto con alcuni casolari abbandonati: un luogo sporco e pericoloso pieno di eternit in contrada “Erbe bianche” senza servizi igienici e acqua. Quando, il collettivo LibertArea nel 2013, si è speso in prima persona per i diritti di questi ragazzi, la situazione esisteva da parecchi anni senza che istituzioni, organizzazioni umanitarie o associazioni locali si fossero ‘accorti’ della grave violazione dei diritti che avveniva nei loro riguardi.

“Dal 2011 raccolgo le olive a Campobello – racconta Fallou del Senegal, 24 anni, che adesso è diventato volontario e dorme dentro la struttura -. Adesso è tutto cambiato perchè prima il lavoro che svolgevamo era tutto in nero e anche le condizioni di vita nell’altro campo erano brutte senza servizi. Io faccio tanti lavori e vivo a Treviso dove ho casa con mio padre e mio fratello. Presso l’azienda agricola delle olive lavoro 8 ore con contratto percependo 50 euro al giorno. Al campo, stiamo bene anche se le tende dei miei compagni sono fragili e si dovrebbero trovare delle condizioni più idonee a proteggerle da vento e acqua”. I volontari hanno chiesto alla Protezione Civile delle tende più stabili ma questa ha fatto sapere che le può montare solo in caso di emergenza dovuta a calamità naturali e non è il loro caso.

“Nonostante la precarietà con cui fare i conti ogni giorno, l’ambiente che si è creato è bello – continua il giovane senegalese -. Se qualche tenda dovesse volare in caso di emergenza i nostri compagni di lavoro vengono ospitati dentro la struttura. C’è uno spazio in cui preghiamo a fine giornata. La domenica ci riposiamo e se non c’è lavoro balliamo e ascoltiamo la musica. Il mio desiderio resta comunque sempre quello di avere un futuro migliore che mi permetta di non dovere muovermi continuamente per lavorare su e giù per l’Italia”. (set)

[ Redattore Sociale ]



Native | 2024-07-16 09:00:00
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