Il concerto di suonerie telefoniche ascoltato per l'intera giornata di giovedì nell'aula consiliare Palazzo Cavarretta è stato infinito. C'erano quelle della Samsung, le immancabili dell'Iphone e perfino quelle di qualche Huawai. Sms, telefonate, messaggi su WhatsApp e scatti di fotografie che risuonavano nel perimetro del palazzo comunale che ha fatto da scenario alla seconda mozione di sfiducia subìta dal sindaco di Trapani Vito Damiano. Una manovra che – come noto – è terminata con un niente di fatto, consegnando alla storia di Trapani una delle pagine più imbarazzanti della politica locale. Una giornata parecchio densa (iniziata alle 10.30 e terminata poco prima di cena) che ha messo in scena episodi ed instantanee ai limiti del grottesco. Momenti vissuti in contemporanea tra l'aula consiliare, i corridoi del Palazzo ed interlocutori disseminati per il Paese.
C'era una sola parola chiave: indicazione. In molti attendevano un segnale, gli altri lo davano. Su cosa votare, perchè, cosa sarebbe stato dopo. Sin dalle prime ore l'aula pullulava di dirgenti di partito. Su tutti quelli del Pd (il segretario Brillante; Serse, Miceli e Orlando) attenti a monitorare il "rispetto" del patto stipulato nei giorni precedenti con il Psi per una votazione favorevole compatta. Riflettori puntati ovviamente sul "dissidente" Passalacqua. Poi c'erano quelli di Cives (Spina) e c'era Francesco Todaro, il plenipotenziario di Paolo Ruggirello già segretario provinciale di Articolo 4. Era proprio lui uno dei più attivi. Presente sin dalle prime ore del mattino e pronto ad i convenevoli di turno, Todaro ha osservato da vicino la lenta evoluzione (o involuzione) delle coscienze. Ma non è finita qui. Tra i banchi ad un certo punto hanno fatto capolino gli editori Massimo Marino (Telesud) ed Ignazio Grimaldi. Tra il pubblico è comparso anche Pietro Funaro, l'imprenditore a cui la scorsa estate sono stati sequestrati oltre 25 mln di euro.
Suonerie improbabili, ma soprattutto parole pesanti che nel tritacarne del politichese, resteranno scolpite come lapidi. «Ammetto le mie incapacità di relazionarmi con gruppi politici ed imprenditoriali che pensano agli interessi del singolo anziché della comunità» ha detto Damiano durante il suo intervento, salvo poi ammettere a fine giornata «ho dovuto fare il patto con il diavolo». Ammesso che il «diavolo» in questione sia politicamente Ruggirello (e alcuni consiglieri come Briale), quali sono i gruppi imprendoriali e quali sarebbero i loro interessi non è semplice intuirlo. La votazione alla fine si è conclusa con 15 favorevoli ed 11 contrari. Un esito che ha letteralmente spaccato l'accordo Pd-Psi che nei giorni scorsi aveva espresso parere favorevole alla mozione di sfiducia: Pietro Caffarelli (Psi) e Ninni Passalacqua (Pd), infatti, si sono detti contrari alla sfiducia; stesso discorso per Franco Briale.
E' in questo scenario che sono emersi alcuni brandelli di politica ed è in uno degli interventi del consigliere Enzo Abbruscato (Pd) che è semplice individuare la lettura di un vero e proprio fallimento politico targato Mimmo Fazio (che in più occasioni ha annunciato la sua candidatura, anche se a dire il vero tutti i suoi interventi sono sembrati il preambolo di una campagna elettorale già avviata) e Francesco Salone. «Se questa mozione non passa, caro Francesco, la colpa è tua. Se fosse stata presentata dopo il 4 dicembre, cioè dopo l'approvazione del bilancio, avrebbe avuto un altro significato. Vedi, la politica ha i suoi tempi e non so se hai sbagliato volontariamente o involontariamente». Una storia ancora tutta da chiarire. In attesa del nuovo rimpasto di giunta.
Marco Bova