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21/10/2015 06:57:00

Salemi, che delusione il convegno su Messina Denaro. Ci aspettavamo i nomi, e invece...

 "Chi protegge Matteo Messina Denaro?" non è il titolo ad effetto di un film di Ridley Scott. Ma quello di un convegno che si è tenuto lunedì scorso all'interno della sempre affascinante sala del Castello Normanno-Svevo di Salemi. L'iniziativa ha aperto il secondo ciclo di incontri "Sulle buone pratiche di fare città", volute dall’infaticabile assessore, spesso incompreso, Giuseppe Maiorana (“Si vuole fare della città di Salemi – ha dichiarato- un laboratorio attivo in cui si sviluppano e si innescano nei ragazzi processi diversificati di educazione verso la conoscenza del proprio territorio, di rispetto della propria città ma anche azioni di lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, attraverso testimonianze dirette. )

Un fine innegabilmente nobile. Lavorare per avere una cittadinanza attiva, diffondere la pratica della legalità, la partecipazione, la creatività, l’amore per l'arte non sono obiettivi facili da raggiungere e ogni tentativo in questa direzione dovrebbero essere supportati in modo corale. Cosa che non accade. Tutti buoni propositi che dovrebbero rigenerazione una città che sembra essere avviata ad un inesorabile declino e non sempre per colpa della mafia.
L'incontro di lunedì sera, dopo i saluti istituzionali del sindaco di Salemi, Domenico Venuti ( “la legalità rappresenta un valore imprescindibile e, soprattutto quando viene minata dalla presenza di fenomeni come la mafia, vale la pena di discuterne per stimolare gli anticorpi necessari a difenderla", ha sostenuto, e dell’ assessore Maiorana, è stato coordinato da Lorenzo Baldo, giornalista di ‘Antimafia Duemila’ nelle vesti di moderatore. Un parterre du roi (molti venuti da fuori) ha fatto da contraltare ad un tavolo di oratori di alto profilo. Presenti oltre al prefetto Leopoldo Falco, quasi tutti i sindaci della Valle del Belice Catania di Partanna, Errante di Castelvetrano, Sutera di Gibellina. Assente quello di Santa Ninfa. Un grosso contributo per la riuscita della manifestazione è stato dato dall'imprenditrice di Castelvetrano Elena Ferraro, titolare della clinica Hermes di Castelvetrano, e nota per avere opposto un secco “no” alle richieste estorsive da parte di un esponente della famiglia Messina Denaro, il cui breve discorso ha riscosso un forte applauso. Stessa cosa per il giornalista Rino Giacalone ( si è soffermato sul senatore d’Alì , ma anche sul deputato regionale Paolo Ruggirello), Salvatore Inguí referente provinciale di Libera e Nicola Mezzapelle, presidente dell’associazione Peppino Impastato di Salemi. Molti, cose si è detto, i convenuti e tanti quelli, fuorviati dal titolo, spinti dalla curiosità di conoscere finalmente i nomi che il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo, Teresa Principato”, secondo loro, avrebbe snocciolato. Una cocente delusione il attendeva. Il magistrato ha subito messo le carte in tavola. Nessun nome verrà fatto, ha precisato. Perché il problema non sono i nomi, ma un intero sistema di connivenze e complicità. E diversamente non poteva essere. Il tempo non sarebbe bastato ad elencarli, talmente esteso è il loro numero . Solo così si spiegano i motivi per i quali Matteo Messina Denaro non è stato ancora bloccato fina dal lontano 1992. Sarà pure potente, ma da solo per poco avrebbe potuto resistere. Ha goduto e gode ancora di molte e strategiche protezioni. Che certamente non sono quelle costituite dai “soldati”, di recente arrestati anche a Salemi. Che sono sempre i primi a pagare. Fin dai tempi di “don” Turiddu Zizzo, morto in carcere, mentre i veri potenti finivano i loro giorni o nel proprio letto o morti ammazzati da veri boss. Le protezioni vere, quelle che contano dobbiamo invece cercarle nelle fasce sociali che contano. Lo ha detto senza mezzi termini Teresa Principato nel corso della sua estesa e dotta prolusione. Una vera lectio magistralis, la sua. La conferma per alcuni, una scoperta per tanti, del quadro desolante di queste amene lande si Sicilia. Mentre descriveva i vari aspetti della diffusa illegalità esistente nel territorio di questa provincia di Trapani, in cui domina un “pericoloso mix esistente ed insistente tra borghesia mafiosa, massoneria deviata e politica”, l’urlo represso della sala si trasformava in eloquente silenzio.
L’imbarazzo di taluni era palpabile. L’identikit tracciato dal magistrato sembrava applicabile a gente da tanti conosciuta. Sono questi gli ingredienti, ha sottolineato, con voce esile ma convinta, il procuratore aggiunto Principato, che compongono un terreno di coltura ideale per la latitanza del boss di Castelvetrano. Ma non solo. E’ "l'iniquità ad inquinare il nostro paese. L'Italia è un paese anomalo rispetto agli altri paesi europei. Solo da noi abbiamo una criminalità invasiva, una criminalità che fa un tutt’uno con il sistema politico."  Parole di fuoco. Da fare sobbalzare sulla sedia chiunque sia dotato di un minimo di amore di patria o di senso civico. E ancora: "Messina Denaro gode di coperture ad alto livello da parte della classe dirigente e della borghesia. Eppure, siamo convinti che queste denunce al calor bianco cadano sulle coscienze come l’acqua di un ruscello scivola lieve sulle pietre levigate dal tempo. E’ stato detto, nel corso del convegno, che sarebbe un errore pensare che con l'arresto di Matteo Messina Denaro la Mafia finisca. Verissimo. Ma cosa può fare un semplice cittadino, ancorché consapevole e partecipe, per impedire che continuino ad essere emesse tante assoluzioni per prescrizioni; che vi siano ancora numerose cause civili vinte da disonesti presunti imprenditori accaparratori di lavori pubblici con fraudolenti massimi ribassi; che si perpetuino, nonostante pubbliche denunce, talune impunità, nonostante gestioni scellerate, come ad esempio quelle degli Ato; di certi risibili esibizioni a base di “annacamenti” in Consigli comunali e Pubblici Uffici? Non di fatti isolati si tratta, ma di prassi consolidate e accettate dal senso comune. Ecco, il timore è che, dopo le nefandezze della mafia e la retorica di certa antimafia parolaia, si possa passare ora nella fase della retorica dell’antiretorica o all’antimafia dettata da agende interessate. Del resto, non era stato “Binnu” Provenzano a dare ordini ai suoi di entrare in tutte le organizzazioni e associazioni “antimafia” per “combattere” la mafia ? Preoccupazioni che abbiamo intravisto tra le righe del discorso di Don Luigi Ciotti. Nel suo intervento, concluso con un lungo applauso liberatorio, che ci sembrato più rivolto ai “suoi” che agli esterni, ha messo in guardia da insidie di questo tipo. Rimane una certezza. Nonostante l'eccellente lavoro che polizia e carabinieri finalmente insieme e in perfetto coordinamento stanno svolgendo sul territorio, Matteo Messina Denaro riesce sempre ad anticipare i tempi. Negli ultimi cinque anni sono stati arrestati più di cento persone al suo "servizio", fondamentali per la sua catena di comando ma soprattutto per le sue comunicazioni, sono stati sequestrati e confiscati beni per centinaia di milioni di euro, hanno arrestato i familiari strettissimi su cui faceva grande affidamento. Eppure non riescono ancora a prenderlo. Qual cosa vorrà dire. E paradossalmente la manifestazione è stata organizzata proprio in una città in cui, caso unico al mondo, la Mafia è stata relegata in un Museo. Come cosa morta. Non siamo nella terra in cui mirabilmente non tutto quello che appare, è?

Franco Ciro Lo Re