di Dino Agate
Nei nuovi locali della ditta Carlo Pellegrino sul lungomare della Salinella si é svolto un corso di aggiornamento per giornalisti, organizzato dall'Ordine, e incentrato sul vino Marsala. I due relatori hanno ripercorso la via che portò, alla fine del Settecento, all'affermazione del vino Marsala nel mercato inglese, e successivamente in altri paesi e quasi in tutto il mondo. Grazie alla sua industria vinicola, la città di Marsala era tra quelle che, negli anni Sessanta, avevano il più alto reddito pro capite in Italia. Pure in quegli anni cominciò la decadenza del prodotto e del nome. A fronte di una produzione d'eccellenza, portata avanti dalle più grandi ditte, irruppero sul mercato decine di piccoli industriali che, per andare incontro alle esigenze del mercato e del loro borsello, immisero prodotti similari al classico Marsala, che nulla avevano più a vedere con quello. Così furono prodotti Marsala alla banana, alla fragola, al mandarino e via di questo passo. Pure in quegli anni si verificò il fenomeno illegale del vino prodotto con l'acqua e lo zucchero. Gli enologi marsalesi furono specialisti. Il risultato fu che il tradizionale nome del Marsala, che tanto era stato apprezzato dappertutto, cominciò una lenta ma inesorabile discesa nella considerazione dei consumatori.
Quando si perde la dignità é difficile riacquistare l'onore precedente. Oggi, le industrie del Marsala hanno di molto diversificato la loro produzione. Oltre che il tradizionale vino da dessert e da conversazione, imbottigliano vini da pasto ed amari con discreto successo. Il tradizionale vino Marsala, che tanto fece godere i londinesi alla fine del Settecento, ha solo relativamente ampliato il proprio mercato, e subisce la concorrenza di vini similari, che hanno saputo mantenere nel tempo il loro prestigio, come il Porto.
A Marsala é mancato un consorzio di tutela, come ha osservato il giornalista Tarantino. Ci sarebbe voluta una protezione della qualità, fatta dagli stessi produttori, come é avvenuto in altre regioni con i consorzi a tutela dei loro vini d'eccellenza. Purtroppo in città, come del resto in Sicilia ed in gran parte del Mezzogiorno, é difficile che i produttori siano in grado di tutelare i loro prodotti da altri meno buoni. Qua, come mi diceva fuori onda uno dei due relatori, siamo in una società di "amici". Qua non é possibile che "amici" produttori abbiano la forza ed il coraggio di escludere dall'ipotizzato consorzio certi produttori non affidabili. Ed allora si va avanti così, con ditte serie che producono un buon Marsala, ed altre che pensano più ai profitti che alla qualità.
Il risultato é che se vai in molti locali del nord e chiedi un Porto, te lo danno, ma se chiedi un Marsala, due volte su tre non ce l'hanno.