I leghisti e il loro dio di Augusto Cavadi
Esattamente come il fascismo, anche la Lega ha esordito sulla scena pubblica con forti toni anticlericali (per altro coerenti con concezioni animistiche significativamente suggellate dalla venerazione del Dio Po). Addirittura, fra gli anni '90 e il Giubileo del 2000, la Lega tentò la fondazione di una sorta di Chiesa protestante strettamente incardinata nelle comunità regionali locali. È la fase "uno" della contrapposizione frontale alla Chiesa cattolica che, «nel corso della sua storia, ha fatto più morti del nazismo» (questa, e le successive citazioni, sono di Umberto Bossi): «L'atea romana Chiesa con i falsoni, i vescovoni che girano con la croce d'oro nei paesi dove si muore di fame. Il Meridione è quello che è grazie al potere teocratico dell'atea romana Chiesa, il principale potere antagonista dei padani». La polemica non evita formulazioni addirittura divertenti come l'invettiva contro il papa polacco che è venuto a rubare il mestiere ai papi italiani...
Ma già nel giugno dell'anno 2000 La Padania annunzia la notizia-bomba della conversione di Umberto Bossi: «Qualche anno fa ho attaccato il papa, ma mi sono sbagliato». Il papa era stato un «patriota polacco» che si era battuto per la difesa delle «radici cristiane» dalla marea invadente della «mondializzazione». Inizia la fase "due". La Lega si allea sempre più strettamente con Berlusconi e, in genere, con le destre: intuisce che può trovare nelle gerarchie ecclesiastiche italiane (capitanate dal furbissimo cardinal Ruini) dei preziosi alleati. Si individuano anche dei nemici comuni: gli immigrati non cattolici, soprattutto gli islamici. Il cattolicesimo viene sponsorizzato
come strumento identitario contro ogni rischio di contaminazione etnica, culturale, religiosa. Se un vescovo o un parroco osa obiettare contro questa ibrida alleanza (anche in nome di principi etici "non negoziabili") viene subito bollato dai leghisti come "cattocomunista".
Nell'aprile del 2012 il trono di Bossi vacilla e, sotto il peso degli scandali di ogni genere, finisce col rovesciarsi. L'ascesa al potere di Matteo Salvini segna una terza fase di non facile decifrazione. Da una parte, infatti, soprattutto nelle prime mosse, sembrerebbe che il giovane leader – aspirando a diventare il capo dell'intera destra italiana al posto di Silvio Berlusconi – adotti la strategia del silenzio tattico sulle questioni teologiche e morali, in modo da poter conciliare i voti cattolici dei ceti tradizionali con i voti "laici" delle nuove generazioni secolarizzate.
Una strategia equilibrista che avrebbe potuto perpetuarsi se fosse rimasto sulla cattedra di Pietro un professore tedesco appassionato di dispute speculative e finissimo esegeta di controversie medievali (vedi il famigerato discorso di Ratisbona di Benedetto XVI sulle responsabilità storiche di certo fondamentalismo islamico). Purtroppo (per lui, Salvini) o per fortuna (per l'Occidente), le dimissioni di Ratzinger provocano l'elezione di papa Bergoglio. Un papa venuto dalle periferie del mondo, tanto attento alle voci degli emarginati che emana il proprio programma di governo non con un ennesimo documento scritto (che sarebbe stato letto da qualche giornalista e da qualche tesista in storia della Chiesa), bensì con un viaggio a Lampedusa. La Lega di Salvini non può fare finta di nulla, deve rompere la tregua e passare all'attacco: i cattolici accolgano gli immigrati nelle proprie sacrestie e nei propri conventi (specie delle zone di frontiera come il Sud), ma lascino lavorare in pace gli amministratori e gli imprenditori del Settentrione.
Questa fase di scontro frontale gioverà elettoralmente alla Lega o potrà sottrarle consensi? Non è facile rispondere anche perché la cronaca registra, ora dopo ora, segnali contrastanti. Da una parte è chiaro che alcuni fedeli, sinora leghisti in buona fede, potranno aprire gli occhi sulla matrice antievangelica del progetto politico complessivo del leghismo italiano. Ma, dall'altra, è altrettanto vero che altri fedeli si stanno appellando alla propria appartenenza confessionale per criticare le aperture del papa, della Conferenza episcopale e di molti preti di base: come nella parrocchia di santa
Cecilia, nella Valle di Castelgomberto in provincia di Vicenza, in cui molti parrocchiani hanno contestato la proposta del parroco, don Lucio Mozzo, di accogliere alcuni rifugiati in canonica, urlando frasi del tipo: «Mio nonno ha costruito quella canonica per i preti, non per i musulmani!». E comunque, anche se complessivamente la strategia populista e xenofoba di Salvini dovesse fargli perdere consensi fra i suoi elettori cattolici, temo che quelle eventuali perdite potrebbero essere rimpiazzate prontamente da quei conservatori, più o meno moderati, che passerebbero a votare Lega non nonostante ma proprio grazie alla sua politica anti-immigrati.
Augusto Cavadi è docente di storia e filosofia, teologo, saggista, autore de "Il Dio dei leghisti", San
Paolo (v. Adista Notizie n. 17/12). Blog: www.augustocavadi.com
in "Adista" - Segni Nuovi – n. 38 del 26 settembre 2015